A Frosinone “Il Vantone” da Plauto/Pasolini con otto giovani attori diretti da Amedeo Di Sora

A Frosinone, all’interno della XI edizione del Festival “Il Teatro e le Voci”, promosso dalla Compagnia Teatro dell’Appeso diretta dal regista e docente Amedeo Di Sora, andrà in scena lo spettacolo Il Vantone, nella trascrizione in romanesco dal testo latino Miles gloriosus di Plauto. La rappresentazione, in programma martedì 12 dicembre 2017, alle ore 20.45, presso il Cinema Teatro Arci di via P. da Palestrina 12, punta le sue carte anche sulla freschezza di otto giovani interpreti, alcuni dei quali alle prime armi, come sottolinea il  regista Di Sora nel foglio di sala che sarà distribuito al pubblico e che qui riprendiamo. 

Il Vantone
da Miles gloriosus di Plauto nella versione di Pier Paolo Pasolini
martedì 12 dicembre 2017, alle ore 20.45
Cinema Teatro Arci │via P. da Palestrina 12
Frosinone

"Il Vantone", regia di Amedeo Di Sora, Frosinone 12 dicembre '17. Locandina
“Il Vantone”, regia di Amedeo Di Sora, Frosinone 12 dicembre ’17. Locandina

Programma di sala
di Amedeo Di Sora

La  «traslazione» di Pier Paolo Pasolini del Miles gloriosus   di Plauto in un romanesco ritmato in settenari doppi, rimati, sotto il segno di Molière,  è del 1963. È lo stesso Pasolini che ci svela il senso profondo della sua operazione:  «Qualcosa di vagamente   plebeo,   capace   di   dar   luogo   a   uno   scambio   altrettanto   intenso, ammiccante e dialogante, tra testo e pubblico, mi pareva di poterlo individuare forse soltanto   nell’avanspettacolo.   […]   Anche   il   dialetto   da   me   introdotto,   integro   e contaminato, ha quel sapore. Sa più di palcoscenico che di trivio. Anche la rima, da me inaspettatamente, credo, riassunta, vuole avere quel tono basso, pirotecnico. Il nobilissimo   volgare   insomma,   contagiato   dalla   volgarità   direi   fisiologica   del capocomico…della soubrette».
Per tradurre il testo classico latino, è stato necessario, per Pasolini, individuare una struttura di base. È per questo che egli, nella nota introduttiva, definisce il suo lavoro «traslazione» e non traduzione, operazione mediante la quale è stato possibile estrarre l’anima plautina dalla lingua in cui era chiusa, per trasferirla in un’altra, in un corpo che vive e parla. Questa messa in scena del Vantone, volutamente “povera” e spoglia,  i cui interpreti sono giovani alcuni dei quali alla  prima esperienza professionale, è giocata sul versante di una parola ormai deprivata
dell’autenticità e della  vitalità  degli anni di composizione pasoliniani, agìta da corpi anch’essi de-vitalizzati, ruotanti come pianeti opachi attorno al sole nero della Finzione e dell’Inganno.Il mondo dell’avanspettacolo è uno sbiadito ricordo e il romanesco tanto amato da Pasolini è stato cancellato dall’omologazione ormai globalizzata. La scena, nella sua nudità, testimonia la “desolazione” che si nasconde dietro i simulacri del nostro universo bassamente “spettacolare”. Ma è anche uno spazio irriducibile di resistenza umana, (ahimè!) sempre più “inutile” e “solitaria”.