A Catanzano il “Vantone” di Plauto-Pasolini del Teatro di Calabria

Tra la fine del 1959 e il gennaio 1960 Pasolini licenziò la traduzione dell’Orestiade di Eschilo su richiesta  di Vittorio Gassman e del regista Luciano Lucignani, che poi portarono in scena quell’archetipo tragico, nella versione pasoliniana, al Teatro Greco di Siracusa dove il lavoro debuttò il 19 maggio 1960.
Per Pasolini quella commissione fu l’occasione per un contatto non più episodico con il teatro, attinto alle radici originarie della scena occidentale e già foriero del futuro impegno drammaturgico, che sarebbe fiorito con la straordinaria scrittura delle sei tragedie in versi nel biennio 1966-1967. E inoltre, come testimonia la Lettera del traduttore, pubblicata nel programma di sala e poi  in volume (oggi leggibile in Teatro, a cura di W.Siti e S. De Laude, “Meridiani” Mondadori, Milano 2001, pp. 1007-1009), l’occasione offrì lo stimolo anche per una riflessione sul problema della soluzione linguistica, che nel caso del Pasolini traduttore  fu “eretica” e funzionale a una interpretazione  politica e anti-sublime del testo tragico.
Il rovello su questo impegno si riaccese anche per la versione del Miles gloriosus di Plauto, di cui ancora Gassman e Lucignani, nell’autunno 1961,  richiesero a Pasolini l’adattamento al mondo popolare romanesco e che egli appunto rifece in chiave dialettale e borgatara. La rappresentazione  tuttavia dovette attendere due anni per andare in porto, a cura non dei due artisti, ma della Compagnia dei Quattro Porta, che, per la regia di Franco Enriquez e l’interpretazione di Glauco Mauri e Valeria Moriconi, portò il lavoro al debutto il 10 novembre 1963, al Teatro La Pergola di Firenze, e di seguito a un’intera stagione in tournée.
Si trattò in ogni caso di una traduzione manieristica, non sorretta dall’identificazione ideologica con il mondo plautino, come era avvenuto per la tragedia di Eschilo, ma realizzata per esercizio filologico e semmai pensata per una sorta di teatro d’avanspettacolo.
Per la sua frizzante presa popolare e burina Il Vantone nella versione pasoliniana conta tuttavia un discreto numero di riprese, specie in festival classici estivi, in siti turistici o in occasioni di teatro dialettale e amatoriale. Fa storia a sé solo l’allestimento in chiave drammatica realizzato nel 1976 da Luigi Squarzina, in cui la figura del vantone, affidato a Mario Scaccia, è ribaltato in personaggio della sconfitta dolorosa e in evidente richiamo tragico alla morte di Pasolini, ucciso l’anno prima.
Di recente, per la regia di Federico Vigorito, si è cimentato nel personaggio anche Ninetto Davoli, che già nel 1983, insieme a Franco Citti, era stato coinvolto dal regista Marco Gagliardo in una rappresentazione del Vantone  fortemente carnale, memore dell’atmosfera sboccata e pagana dei ragazzi di vita.
Buon ultimo tra gli allestimenti di un testo, che evidentemente solletica l’interesse dei teatranti, giunge l’adattamento curato nel 2014 dalla Compagnia Teatro di Calabria “A. Tieri”, per la regia di  Aldo Conforto,  e riproposto a Catanzaro nel settembre 2016. Diamo conto dello spettacolo attraverso la recensione di Giulia Zampina, che sottolinea la chiave di censura satirica dei vizi umani adottata da questa nuova messinscena. (angela felice)

Ninetto Davoli in "Il Vantone", regia di Federico Vigorito
Ninetto Davoli in “Il Vantone”, regia di Federico Vigorito

L’attualità del “Miles Gloriosus” tra ironia e vite gonfie di aria e prive di sostanza
di Giulia Zampina

www.catanzaroinforma.it – 9 settembre 2016

Il riadattamento è firmato Pier Paolo Pasolini, ma lui, Gigi Larosa, professore e anima della compagnia Teatro di Calabria “A. Tieri”, ci ha messo le mani, a suo stesso dire, in maniera “pesante”, restituendo al pubblico arrivato al Complesso Monumentale del San Giovanni una versione più snella e divertente del Miles Gloriosus, altrimenti conosciuto come il Vantone.
Sul palco, la formazione tipo  completa di Teatro di Calabria: Salvatore Venuto, Paolo Formoso, Maria Rita Albanese, Alessandra Macchioni, Marta Parise, Cinzia Argirò e Aldo Conforto, che dello spettacolo è anche il regista. Tra il pubblico uno spaccato di città che ha risposto numerosa e attenta all’invito di gustare per due sere lo  spettacolo portato in scena da artisti catanzaresi, che si confermano una realtà importante, come le tante piccole e grandi che meriterebbero spazi, non solo fisici ma anche sociali, adeguati. Ma questa è un’altra storia.
Fu Vittorio Gassman, con Luciano Lucignani,  a chiedere nel 1961 a Pasolini di lavorare a un adattamento del Miles gloriosus di Plauto, che il poeta intitolò poi Il Vantone, nell’intento di una restituzione teatrale di tipo innovativo e con rimando al mondo popolare romanesco. La trama, sostanzialmente fedele all’originale plautino, racconta dell’astuto servo che aiuta un giovane a rapire la fanciulla amata, sottraendola a un soldato millantatore, il vanesio e fanfarone Pirgopolinice che fa da perno centrale dell’aggrovigliata dinamica comica. Quel soldato sbruffone rapisce, portandola con sé a Efeso, una giovane cortigiana, Filocomasia, amante di Pleusicle, lontano da Atene in quel momento. Il furbo schiavo del giovane, Palestrione, si mette sulle tracce di Pirgopolinice. Dopo una serie di disavventure, lo schiavo riesce a raggiungere il soldato e a far chiamare il suo padrone. I due sono ospiti del vecchio Periplecomeno, vicino di casa del soldato. Palestrione escogita un piano per salvare Filocomasia, facendo credere a Pirgopolinice che la ricca moglie di Periplecomeno sia innamorata di lui.

Il "Miles gloriosus" del Teatro di Calabria
Il “Miles gloriosus” del Teatro di Calabria

Il Miles Gloriosus, attraverso la grottesca figura del fanfarone pieno di sé, porta sulla scena la tipica immagine di un mondo fatto di apparenza e di auto-celebrazione, destinato a perdersi nel ridicolo. La satira, resa ancora più irriverente dalla traduzione in romanesco, attraverso effetti di grande comicità, evidenzia la vacuità delle vite gonfie di aria e prive di sostanza. Niente di più vero, niente di più attuale. Anche se scritto tra il III e il II secolo A.C. e riadattato circa 60 anni fa.