A Spoleto applausi al “Vantone” e a “Porcile” di PPP

Consensi ai due appuntamenti teatrali, freschi di debutto, che il 58.mo Festival  dei Due Mondi di Spoleto ha dedicato a Pasolini, anche nella ricorrenza dei 40 anni dalla tragica scomparsa. Due omaggi rappresentati dalle messinscene,  da un lato, de Il vantone, per la regia di Federico Vigorito (Teatro San Niccolò, 27-28 giugno), e dall’altro della tragedia in versi Porcile, allestita da Valerio Binasco  (Teatro San Simone, 28 giugno, coprod. Teatro Stabile Metastasio della Toscana e Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia).
Si  tratta di opere decisamente agli antipodi, come per un double-face da manuale tra comico e tragico. Se infatti, sul fronte farsesco-grottesco,  Il vantone è la versione romanesca in settenari e rima baciata del Miles gloriosus di Plauto, approntata nel 1961 da Pasolini su richiesta del “mattatore” Alessandro Gassman (ma poi non portata in scena dal regista Franco Enriquez), toni  opposti, inquietanti  e terribili, sui misfatti cannibali della borghesia capitalistica dell’occidente elevano Porcile (1966-67) al piano della denuncia radicale, portata senza alcuna assoluzione dentro la claustrofobia di un cupo inferno familiare a porte chiuse.
E tuttavia, stando alle recensioni di Carlo Vantaggioli e Carlo Ceraso  a cui rinviamo (sono leggibili in rete su http://tuttoggi.info  del  28 e il 29 giugno), è possibile intravvedere, in questi allestimenti spoletini di testi così diversi, un qualche punto di contatto nella comune volontà di smascherare le malefatte umane e  sociali, secondo intenzioni registiche evidentemente sollecitate dallo sguardo inquieto dell’attualità.

Una scena de "Il vantone", regia di Vigorito
Una scena de “Il vantone”, regia di Federico Vigorito

“Diventa plausibile immaginare Efeso – scrive infatti il regista Vigorito nel programma di sala del ”suo” Vantone-  come una periferia qualsiasi della Roma che Pasolini ha così tanto amato, far compiere al tempo un salto di due millenni e lasciare che la storia di Pirgopolinice e Palestrione abbandoni la sua natura farsesca, allegorica, per mutarsi in una graffiante commedia sociale. Qui ogni singolo personaggio agisce per suo squisito tornaconto, muovendosi all’interno della commedia e  malcelando quell’ingenua meschinità con cui sempre Pasolini ha caratterizzato i suoi personaggi”.

Valerio Binasco
Valerio Binasco

Calcando su tinte decisamente più plumbee, gli fa eco Binasco con il suo Porcile, che di per sé non apre spiragli alla speranza e appunto “non fa prigionieri. Condanna tutti, dal primo all’ultimo – scrive il regista–, non c’è redenzione, non c’è possibilità di salvezza in questo mondo soggiogato in modo, ormai, antropologico. Non c’è speranza in questo porcile dove tutti mangiano tutto, dove il solo deve essere il tutto”.
Ora non resta che vedere nei cartelloni teatrali della prossima stagione questi lavori, al cui successo hanno certo contribuito anche le prove dei rispettivi interpreti:  per Il vantone, tra gli altri, l’inossidabile Ninetto Davoli, servo Palestrione e attore di se stesso in duetto con il soldataccio sbruffone e maramaldo Pirgopolinice del bravissimo   Edoardo Siravo; per Porcile, il nutrito cast composto da Mauro Malinverno (padre), Alvia Reale (madre), Francesco Borchi (Julian), Elisa Cecilia Langone (Ida), Franco Raver (Hans Günther), Fabio Mascagni (Maracchione), Pietro d’Elia (servitore) e, una spalla sopra tutti, Fulvio Cauteruccio, nel ruolo del perfido Herdhitze, campione nero di nefandezze naziste. (af)