Monteverde. La Roma di PPP, a cura di Angela Molteni (2005)

PAGINE CORSARE

Fondo Angela Molteni

La vita

Angela Molteni ha raccolto e organizzato una serie di materiali per ricostruire il volto anni ’50 del quartiere romano di Monteverde, in cui Pasolini abitò dal 1954 al 1963 e da cui trasse ispirazione per i due romanzi romani e per alcuni versi. Non manca il confronto con il presente del 2005, in cui il contributo è stato scritto e pubblicato su “Pagine corsare”.

La Roma di Pasolini. Monterverde
a cura di Angela Molteni (2005)

La Roma di Pasolini è fatta di luoghi ed emozioni che il poeta ha raccontato in modo geniale e spiazzante. Tra questi, spesso dimenticato, c’è Monteverde, quartiere dove il regista di Accattone visse dal 1954 al 1963. Il Monte di Splendore, la Ferrobedò, il Monte di Casadio, i Ragazzi di vita, il crollo della scuola “Franceschi”. Nomi e situazioni simboli di una Monteverde socialmente e urbanisticamente diversa da quella di oggi. Pier Paolo Pasolini, personaggio scomodo, fu quasi travolto dal suo rapporto con questi luoghi.
Questo è un viaggio attraverso le sue opere, il suo legame con il quartiere e con gli altri grandi personaggi che in queste strade sono vissuti o vivono.
Il testo riprende in parte il contenuto del libro Pier Paolo Pasolini a Monteverde (a cura di Luciana Capitolo, Maria Paola Saci, Maristella Sofri, con una presentazione del Presidente del Municipio Roma XVI, Fabio Bellini, 2003), edito e distribuito gratuitamente nel 2003 dal  Municipio Roma XVI. Il libro nasce dal progetto “Imparare dal territorio” dell’Istituto Tecnico Industriale Statale-Liceo Scientifico Tecnologico “Galileo Ferraris”, i cui studenti e docenti hanno partecipato alla ricerca. I brani di Pasolini sono ripresi dal suo romanzo Ragazzi di vita (Garzanti, 1955); dalla documentazione   e dal libro di poesie inviati anni fa a “Pagine corsare” da Silvio Parrello (er Pecetto); dai materiali utilizzati per il suo spettacolo I ragazzi del ’51 (2000) da Gianluca Bottoni. Un particolare ringraziamento a Enzo De Camillis dell’Associazione culturale SAS Cinema di  Roma per la sua generosità e cortesia e per tutto il materiale inviato a “Pagine corsare”, comprese le fotografie riguardanti le manifestazioni del 15 ottobre 2005 organizzate a Monteverde in onore e ricordo di Pier Paolo Pasolini.

"Pier Paolo Pasolini a Monteverde". Copertina
“Pier Paolo Pasolini a Monteverde”. Copertina

Premessa 

Pier Paolo Pasolini, lasciato l’impiego di insegnante a Ciampino, si trasferì nel 1954 a Roma nel quartiere di Monteverde. Il sodalizio tra Pasolini e la cosiddetta zona di Donna Olimpia è di quelli destinati a non dissolversi più. Ne sono testimonianza alcuni versi, ma soprattutto il romanzo Ragazzi di vita, primo grande successo del poeta, pubblicato nel 1955. Nei primi due capitoli del romanzo (il Ferrobedò, il Riccetto) continui sono i riferimenti a visioni e paesaggi di Monteverde:

Così passavano i pomeriggi a far niente, a Donna Olimpia, sul Monte di Casadio, con gli altri ragazzi che giocavano nella piccola gobba ingiallita dal sole, e più tardi con le donne che venivano a distenderci i panni sull’erba bruciata. Oppure andavano a giocare a pallone lì sullo spiazzo tra i Grattacieli e il Monte di Splendore, tra centinaia di maschi che giocavano sui cortiletti invasi dal sole. Sui prati secchi, per via Ozanam o via Donna Olimpia, davanti alla scuola elementare Franceschi piena di sfollati e di sfrattati…”.

E più avanti:

Riccetto abitava alle scuole elementari Giorgio Franceschi. Venendo su dalla strada del Ponte Bianco, che a destra ha una scarpata con in alto le case di Monteverde Vecchio, si vede prima a Sinistra, affossato nella sua valletta, il Ferrobedò, poi s’arriva a Donna Olimpia, detta pure i Grattacieli.

Via Fonteiana a Monteverde
Via Fonteiana a Monteverde

Poche righe ma emblematiche del rapporto instauratosi tra Pasolini, il quartiere e la sua gente. Rapporto che è continuato nel tempo. Tempo che ha determinato cambiamenti epocali nella città, trasformata da uno sviluppo urbano spesso selvaggio, e nelle persone, che con il benessere economico sono andate lentamente perdendo la loro genuinità e spontaneità, facendo acquisire al sottoproletariato, secondo Pasolini, la grettezza del piccolo borghese.
Oggi, per i ragazzi di Monteverde, il Monte di Casadio e il Monte di Splendore sono luoghi inesistenti e svuotati del loro significato originario, sostituiti ormai da palazzi senza identità. Nonostante ciò, Monteverde ha mantenuto una sua identità. Pasolini è parte di tale identità. E’ un quartiere di Roma con una sua specificità e identità culturale. Un luogo privilegiato in cui Pasolini ha vissuto in modo intenso per alcuni anni, e un elemento centrale di alcune sue poesie e dei romanzi in cui lo scrittore, grazie all’utilizzazione del parlato dialettale, riesce a creare una tensione che coinvolge, che consente una conoscenza non superficiale della realtà circostante.
E’ una realtà che lo scrittore è riuscito a tramandarci nella sua interezza e vivacità,doti che lo rendono, anche a distanza di cinquant’anni, ancora attuale agli occhi dei giovani.

Il crollo della scuola "Franceschi". La scuola "Giorgio Franceschi" di via Donna Olimpia, occupata dagli sfollati dei quartieri bombardati  negli ultimi anni di guerra, crollò nel 1951 facendo numerose vittime. Le famiglie sgomberate dalla scuola,  ormai inagibile, occuparono gli edifici di via Donna Olimpia n. 45 la cui costruzione era  stata appena ultimata.
Il crollo della scuola “Franceschi”. La scuola “Giorgio Franceschi” di via Donna Olimpia, occupata dagli sfollati dei quartieri bombardati negli ultimi anni di guerra, crollò nel 1951 facendo numerose vittime. Le famiglie sgomberate dalla scuola, ormai inagibile, occuparono gli edifici di via Donna Olimpia n. 45 la cui costruzione era  stata appena ultimata.

A Monteverde, una borgata particolare: Donna Olimpia

Negli anni Cinquanta il quartiere aveva due anime: quella borghese e quella sottoproletaria dei palazzoni di Donna Olimpia. Queste due anime Pasolini volle indagare e rappresentare.
Pier Paolo Pasolini si era trasferito nel 1954 a Monteverde, in via Fonteiana, a pochi passi da Donna Olimpia. Proveniva dal mondo contadino di Casarsa e aveva attraversato la periferia lontana e degradata di Rebibbia e di Ciampino: due mondi in apparenza diversi nei quali cercava quell’umanità incontaminata che per tutta la vita fu la sua ossessione. Il palazzo nel quale si trasferirono i Pasolini era stato appena costruito. Anche qui il padre di Pier Paolo, Carlo Alberto, non dà grande confidenza. Però si adopera per il figlio, fa la spola con la Biblioteca nazionale per procuragli i libri che lui chiede. Nel 1952  era  uscita  l’Antologia della poesia dialettale   e   nel  1955 il Canzoniere italiano.  Ragazzi di vita uscirà per Garzanti alla fine del ’55. Due anni dopo lo stesso editore gli pubblicherà la raccolta di poesie Le ceneri di Gramsci. Del ’59 è il secondo romanzo romano Una vita violenta.
Tra calci al pallone, nuotate nel Tevere, i primi passi nel mondo del cinema, questi anni a Donna Olimpia saranno molto fecondi.

Donna Olimpia

Quattro palazzoni tutti collegati fra loro, in modo che le file e le diagonali di finestre non avevano interruzioni e si allineavano tutt’intorno per centinaia e centinaia di metri in lungo e in largo, e così le trombe delle scale, che si riconoscevano all’esterno per le enormi file verticali di finestre rettangolari: mentre sotto, tra arcate, sottopassaggi, portichetti, in stile novecento fascista, si stendevano sei o sette cortiletti interni, di vecchia terra battuta, con i resti di quelle che avrebbero un tempo dovuto essere aiuole, tutti cosparsi di stracci e carte, in fondo all’imbuto delle pareti che si alzavano fino alla luna. (da Ragazzi di vita)

Palazzi di Donna Olimpia a Monteverde
Palazzi di Donna Olimpia a Monteverde

Gli sventramenti del centro storico voluti dal fascismo avevano costretto il governo della città a trovare una sistemazione agli sfollati delle case demolite che si aggiungevano agli immigrati e ai senza tetto. Erano nate così le borgate ufficiali e, tra queste, Donna Olimpia. Gli enormi casermoni, costruiti dall’Istituto Case Popolari, il n. 5 di piazza Donna Olimpia e il n. 30 di via di Donna Olimpia, erano sorti dal nulla per ospitare migliaia di persone espulse da vari quartieri di Roma.

Borgata di palazzoni popolari, i grattacieli, costruiti nel ‘37, grandi come catene di montagne, con migliaia di finestre, in fila, in cerchi, in diagonali, sulle strade, sui cortili, sulle scalette, a nord, a sud, in pieno sole, in ombra, chiuse o spalancate, vuote o sventolanti di bucati, silenziose o piene di caciara delle donne o delle lagne dei ragazzini. Tutt’intorno si stendevano ancora prati abbondanti, pieni di gobbe e ponticelli…

Così descrive Pasolini i “grattacieli” sorti sulla strada che copre il fosso di Tiradiavoli, la Marrana alimentata dalle acque provenienti della Valle dei Daini di Villa Pamphili. Ne ricorda la data di costruzione un’iscrizione in rilievo, sulla sommità dell’edificio che si affaccia sul cortile interno: MCMXXXII, X anno dell’era fascista. Accuratamente scalpellate sono invece oggi le insegne del fascio sulle pareti degli altri edifici.
E, lì vicino, la fabbrica, la Ferro-Beton:

Il Ferrobedò lì sotto era come un immenso cortile, una prateria recintata, infossata in una valletta, della grandezza di una piazza, o d’un mercato di bestiame: lungo il recinto rettangolare s’aprivano delle porte: da una parte erano collocate delle casette rettangolari di legno, dall’altra i magazzini.

I campi in cui i ragazzi si ritrovavano, irrequieto confine tra periferia e campagna, si riducevano a vista d’occhio. Piazza Donna Olimpia era uno di quegli spazi liberi in cui i ragazzi, tra via Ozanam e via Fabiola, avevano realizzato il loro campetto per giocare a calcio.

… andavano a giocare al pallone lì sullo spiazzo tra i grattacieli e il Monte di Splendore, tra centinaia di maschi che giocavano sui cortiletti invasi dal sole, sui prati secchi, per via Ozanam e via di donna Olimpia, davanti alle scuole elementari Franceschi piene di sfollati e di sfrattati.

Vivevano di espedienti, i ragazzi di Donna Olimpia, e si arrangiavano rubando qualsiasi cosa. Qualcuno finì nel carcere minorile “Aristide Gabelli”, a Porta Portese. Pasolini frequentò i ragazzi del campetto e presto fece parte della squadra; parlava con loro, ne era attratto. Ma fu la periferia romana la vera protagonista delle sue storie.

Non c’è stata scelta da parte mia, ma una specie di coazione del destino: e poiché ciascuno testimonia ciò che conosce, io non potevo che testimoniare la borgata romana.

La casa di Pasolini a via Fonteiana. Monteverde
La casa di Pasolini a via Fonteiana. Monteverde

Ragazzi di vita, uno scandalo letterario, politico e giudiziario 

Nei ragazzi incontrati a Donna Olimpia Pier Paolo Pasolini credette di trovare quello che cercava: furono loro i protagonisti del primo romanzo romano, Ragazzi di vita.

«I “ragazzi di vita” – scrive Tina Crobeddu – sono adolescenti della periferia di Roma, sottoproletari con alle spalle famiglie sfrattate, ammucchiate insieme ad altre famiglie in stanze e corridoi di edifici fatiscenti. Il romanzo racconta le loro giornate trascorse alla ricerca di soldi e passatempi. Sono personaggi emarginati dalla città normale e rispettabile, non integrati in un contesto sociale di lavoro o di scuola: la strada è il loro spazio e la loro scuola. Una delle sensazioni più immediate, leggendo il romanzo, è che si stia assistendo alla storia di adolescenti che non sono mai stati bambini. In loro non c’è voglia di giocare innocentemente, nessuno di loro è ingenuo; l’unico ad avere qualcosa in comune con la figura del bambino, Marcello, muore quasi subito, proprio nel momento in cui va a cercare il Riccetto, suo migliore compagno di avventure.
[…] Si parla in romanesco, soprattutto con imprecazioni e frasi smozzicate; è una lettura che crea tensione, che esige attenzione a ogni pagina, perché non si riesce a non rimanere coinvolti e a non provare un senso di colpa davanti a tanta disperazione. Il senso di colpa nei confronti di questi personaggi è d’obbligo, anzi è più giusto affermare che dovrebbe essere immediato e naturale: non possiamo certo pensare che quella raccontata da Pasolini sia una realtà riscontrabile esclusivamente negli anni in cui scriveva; basta andare, oggi, nelle periferie delle nostre città dove vivono tuttora alcune famiglie – e soprattutto immigrati – che non hanno casa» (cfr. analisi di Tina Crobeddu, in “Pagine corsare”).
Le borgate costituivano una pericolosa cintura di sofferenza umana e sociale intorno alla capitale. Pasolini diede voce, una voce urlata, a una realtà che, con lui, entrava prepotentemente nel mondo della letteratura. Mentre la società del benessere economico avanzava, quella visibile piaga della borgata faceva scandalo.
E quel romanzo, Ragazzi di vita, creò subito scalpore. Si alzarono molte voci di riprovazione, pochi furono i consensi. Anche gli intellettuali del Pci usarono parole forti, emisero la loro condanna, ne denunciarono il vuoto di prospettive politiche. “Tutto trasuda disprezzo e disamore per gli uomini”, scrisse Giovanni Berlinguer. E Carlo Salinari: “Pasolini sceglie apparentemente come argomento il mondo del sottoproletariato romano ma ha come contenuto reale del suo interesse il gusto morboso dello sporco, dell’abietto, dello scomposto e del torbido”.
Quando i ragazzi di via Donna Olimpia lessero le pagine del libro, riconobbero solo in parte la verità della loro vita nella vicende narrate. Vollero discuterne nella sezione della Fgci e invitarono Giovanni Berlinguer. In quell’incontro, che resterà per loro memorabile, con grande passione Pasolini denunciò le tendenze staliniste del Pci. I ragazzi compresero, stettero con Pasolini. Lui continuò a frequentare quel campetto dove i giovani si ritrovavano per discutere, per organizzare la loro vita di emarginati.

Targa del P.C.I.
Targa del P.C.I. “Fulvio D’Amico”

Zona tradizionalmente di sinistra, al “grattacielo” di Donna Olimpia 5 c’è ancora la targa della sezione del Pci “Fulvio D’Amico”. Qui Pasolini veniva spesso, anche se sosteneva dibattiti in altre sezioni in giro per la città.   I rapporti di Pasolini con il Pci sono sempre stati piuttosto conflittuali, benché lo scrittore abbia dichiarato in svariate occasioni di avere sempre votato per tale partito pur non mancando di rivolgergli spesso obiezioni e critiche.

Io mi sono sempre opposto al PCI con dedizione, aspettandomi una risposta alle mie obiezioni. Così da procedere dialetticamente! Questa risposta non è mai venuta: una polemica fraterna è stata scambiata per una polemica blasfema“.

In un’intervista a Enzo Biagi (1971), che gli chiedeva quali fossero le obiezioni da rivolgere ai comunisti, Pasolini rispose:

Le ho sempre fatte: un eccesso di burocrazia, e l’avere permesso, all’interno del partito, atteggiamenti che sono borghesi: un certo perbenismo, un certo moralismo. Però continuo a votare per loro. (…).Il mio atteggiamento è di adesione al Pci, perché voto comunista da quando ero ragazzo, dal tempo dei partigiani, sono stato dalla loro parte, benché non iscritto, sono un indipendente di sinistra e la mia posizione adesso è una posizione abbastanza personale, devo dire, perché non sono decisamente nel Partito comunista, benché lo appoggi nei momenti, insomma, di lotta, di emergenza.

La posizione di Berlinguer e Salinari era condivisa, allora, dalla maggior parte dell’opinione pubblica di sinistra. Nel 1975, anno della morte di Pasolini, in una realtà fortemente mutata, in un’Italia che aveva conosciuto le contestazioni del ‘68 e i profondi cambiamenti nel costume, Giovanni Berlinguer tornò sulle proprie posizioni e, nella riedizione del saggio Borgate di Roma [Editori Riuniti, Roma 1975] che aveva scritto con Piero Della Seta nel 1960, prese le distanze dal lontano giudizio di condanna, ammettendo l’unilateralità del proprio punto di vista.

Pasolini era stato espulso dal PCI, prima degli anni ‘50, a causa della sua omosessualità. In seguito però, e nonostante la morte del fratello ucciso dalle brigate titine durante la Resistenza, Pasolini non mostrò mai rancore verso il partito.
Tornando alle borgate, erano realtà isolate dal mondo, senza servizi o scuole; erano state costruite per volontà del duce, per espellere i poveri dal centro della città. Intanto il Partito Comunista e il Partito Socialista intervenivano nelle borgate, lavorando e lottando con i giovani per migliorarne le condizioni di vita. Nel 1975, quando fu pubblicata una nuova edizione di Borgate di Roma le condizioni di vita erano già molto cambiate: il boom economico aveva raggiunto anche le borgate, automobili, elettrodomestici, televisione. E insieme si perdeva il senso della vita collettiva, la solidarietà che un tempo legava gli abitanti delle borgate e sopraggiungeva quell’omologazione che Pasolini per primo aveva diagnosticato.

Il 21 luglio 1955, viene sequestrato Ragazzi di vita, su segnalazione della Presidenza del Consiglio dei ministri al Procuratore della Repubblica di Milano per contenuto pornografico (Presidenti del Consiglio dei ministri: febbraio ’54-giugno ’55: Mario Scelba; luglio ’55-maggio ’57: Antonio Segni).  È una delle tante, troppe occasioni in cui Pasolini fu sottoposto a procedimenti giudiziari. Pasolini viene citato in giudizio, insieme a Livio Garzanti (editore della prima edizione del libro, uscito nel maggio), dal procuratore della Repubblica di Milano, per contenuto osceno del romanzo, segnatamente alle pagine 47, 48, 101, 130, 174, 227, 231, 242. Il processo, inizialmente, viene rinviato perché i giudici non hanno letto il libro. Dopo quattro udienze, il 4 luglio 1956 il P.M. chiede l’assoluzione degli imputati “perché il fatto non costituisce reato”. I giudici accolgono la richiesta e dissequestrano il libro. .

Monteverde e Donna Olimpia, oggi

Piazza Donna Olimpia è molto cambiata da quegli anni ’50, così come sono cambiati i ragazzi. Non ci sono più i prati, la Marana, quel lago che si formava al centro della piazza quando pioveva. La via, che era allora un sentiero di terra battuta tra i campi, sale ora costeggiata da immensi palazzoni.
Non c’è più la Ferro Beton, la mitica fabbrica dei Ragazzi di vita. Negli anni ‘70, nell’area del campetto, fu costruita una scuola in cui sarebbe cresciuta una nuova generazione di giovani.
Il Municipio Roma XVI ha rappresentato nel 2000, nell’edificio della scuola “Franceschi”, uno spettacolo di Gianluca Bottoni sui ragazzi di Pasolini, recitato dagli adolescenti che oggi abitano negli stessi luoghi.

Silvio Parrello e “Lo scrittoio”

Dei sei protagonisti del romanzo solo un ragazzo ha letto il libro per intero, Silvio Parrello. L’incontro con Pasolini ha cambiato la sua vita. L’imbianchino di allora, che adesso fa il pittore e scrive poesie, in un locale in via Ozanam ha organizzato un centro culturale, “Lo scrittoio”, dove assieme ad un gruppo di amici vigila sulla memoria di Pasolini, l’uomo che loro, da adolescenti, conobbero e che aveva saputo dare forma poetica a quel mondo di emarginati.
“Lo scrittoio” è un luogo magico dove la figura di Pasolini aleggia indisturbata, circondata dai quadri di Parrello e dai suoi famosi “omini volanti” che una forza centrifuga fa girare vorticosamente. Nella bottega di Parrello si riuniscono spesso persone che Pasolini lo hanno conosciuto bene e che, a chiunque si trovi a passare di lì, raccontano senza retorica e inutili mistificazioni quegli episodi della loro vita trascorsi accanto al grande poeta friulano. “Lo scrittoio” è il punto di incontro di alcuni dei ragazzi di vita di allora, quelli che con Pasolini giocavano a pallone nei «prati zellosi» in cambio di cinquecento lire, ma anche di personaggi più noti.

Silvio Parrello ne "Lo scrittoio"
Silvio Parrello ne “Lo scrittoio”

Proprio a Donna Olimpia Parrello conobbe Pasolini, il quale in quel popolare quartiere trovò le sue prime ispirazioni, durante l’infernale dopoguerra. In quel periodo triste per l’Italia, mentre molti ragazzi, come lui affamati di pane, si avviavano verso avventure non sempre pulite, nacque tra i due una simpatica amicizia. La magnetica figura di Pasolini aiutò non poco la già fertile fantasia di Parrello ad intuire nuove vie di comunicazione. Egli cominciò a scrivere piccoli appunti a tratti poetici, poi atti d’accusa contro un mondo perbenista, malato di successo, arrogante contro i più deboli.
Ispirate dagli incontri con Pasolini nascono circa cinquanta poesie in forma di ballata dove Parrello, come un menestrello, dipinge il quartiere teatro dei fatti narrati in Ragazzi di vita, racconta episodi inediti che hanno visto protagonista il poeta friulano, trascrive con i caratteri della favola i suoi sogni e le verità raccolte per la strada come un cronista.
Intervistato dagli studenti che hanno collaborato alla stesura del libro Pier Paolo Pasolini a Monteverde, Silvio Parrello ha detto, tra l’altro, ricordando gli anni di Pasolini a Donna Olimpia:

Durante gli anni ‘50 se qualcuno fosse voluto andare a Donna Olimpia col taxi, sarebbe stato scaricato a Ponte Bianco, in quanto i quartieri erano visti come sette. Anche noi andavamo in giro a gruppi, visto che c’era gran competizione tra noi e i ragazzi che abitavano dalla parte di Monteverde verso via Vidaschi, con i quali, a volte, facevamo a sassaiole. Quindi entrare nel quartiere non era poi così facile.
Quando Pasolini arrivò a Roma nel 1950 con la madre, la sua prima abitazione fu nei pressi della sinagoga ebraica e poi nella zona di Rebibbia; cominciò a frequentare Monteverde grazie ad Alvaro Muratori detto Er Traballa, più volte citato in Ragazzi di vita. Muratori aveva una banda, detta “la banda der Traballa”, insieme al Riccetto con il quale, nella notte di Pasqua di uno di quegli anni, rubarono in chiesa 12 abbacchi…
Nel 1954 Pasolini va ad abitare a via Fonteiana e comincia a frequentare il campetto di calcio che stava dove ora c’è la scuola media “Fabrizio De Andrè”; avere il pallone a quell’epoca voleva dire avere un po’ di soldi, e Pasolini, a chi lo portava, regalava 500 lire.
Le sue passioni erano il calcio e la boxe: infatti molte volte faceva a botte con alcuni ragazzi. […] Quando viene pubblicato Ragazzi di vita, la massa [dei ragazzi] non è interessata, anche se i più grandi inizialmente si risentirono; il tutto però fu un fuoco di paglia, in quanto in breve tempo tornò tutto alla normalità. Il romanzo, che rispecchia pienamente i problemi del quartiere a quel tempo, ha come protagonisti noi ragazzi di Donna Olimpia, Alvaro, Riccetto, Pecetto (io), Zambuia… […] Quando [Pasolini] si trasferisce in via Giacinto Carini comincia a frequentare altre persone, anche se rimane attaccato ai suoi amici e alla zona di Donna Olimpia. Ogni tanto tornava a trovarci con la sua Fiat 600 che gli aveva regalato Fellini, dove nei tasconi interni metteva sempre qualche moneta spiccia; quando parcheggiava, lasciava gli sportelli aperti.

 Le poesie di Silvio Parrello raccontano quegli anni indimenticabili; sono poesie appassionate che l’autore recita con un tono da cantastorie siciliano. La tragedia di Pasolini si materializza in quel luogo e attraverso quei versi con una sconcertante e drammatica attualità. Qui di seguito ne riportiamo alcune.

Pier Paolo Pasolini e i ragazzi di vita
Andavamo giù ai piloni
noi ragazzi di vita
con Pier Paolo Pasolini
a farci una nuotata.
Passando dai grottoni
la ferrovia la scarpata
attraverso i capannoni
e gli orti di insalata.
Oggi lì, viale Marconi
quel tempo coltivata
nella riva tra i barconi
passavamo la giornata.
Si parlava di milioni
di una vita fortunata
con le toppe ai pantaloni
nel pane la frittata.
Un mondo di illusioni
di gente emarginata
poveri accattoni
di quella Italia disastrata.
Dai lutti e distruzioni
per la guerra sopportata
con le prime costruzioni
che poi l’hanno trasformata.

Commemorando P.P. Pasolini
Grigio il cielo di Fiumara
il sole non traspare
ferma giù la petroliera
il greggio a scaricare.
È novembre si fa sera
noi qui a ricordare
di fronte la scogliera
con le onde a spumeggiare.
Prende il largo la lampara
e un aereo su passare
la luna come allora
ritorna a illuminare.
L’emozione è forte ancora
ci continua a toccare
dorme già la capinera
e la notte scende a mare.

P.P. Pasolini a Donna Olimpia
Il suo amico attore
che gli abitava accanto
gli insegnò a guidare
la sua nuova “seicento”.
In questo quartiere
che sembrava un dipinto
dove il poeta e scrittore
da Ciampino era giunto.
Lo cominciò a frequentare
ne fu subito avvinto
iniziando a narrare
il suo famoso racconto.
Noi qui a ricordare
quel lontano frammento
un pensiero d’amore
a quel grande talento
che fece sognare
noi ragazzi in fermento
mentre lui a segnare
la storia e il momento.
(Silvio Parrello, Fantasia e realtà. Poesie per Pasolini, Edizoni d’arte A.M., Roma 2000)

Dal 1956 al 1963 Pasolini, la madre Susanna e la giovane cugina Graziella Chiarcossi  abitarono nel quartiere di Monteverde Vecchio, in un appartamento al numero 45 di via Giacinto Carini. Nella stessa palazzina abitava con la famiglia anche il poeta Attilio Bertolucci.Le immagini della bellezza di Monteverde Vecchio, l’atmosfera solare, quegli squarci luminosi aperti verso il mare, nei versi delle sue poesie sono una dichiarazione d’amore, la proiezione ora di un provvisorio, benefico stato dell’animo, ora di un desolato, oscuro senso di solitudine.

La casa di Pasolini a via Carini a Monteverde
La casa di Pasolini a via Carini a Monteverde

Pasolini prosegue la sua maturazione artistica. Una vita violenta ebbe buone critiche ma anche attacchi durissimi. Adesso però si sente pronto per fare il grande passo: il cinema. Scrive il soggetto di Accattone (da alcuni anni frequenta Sergio e Franco Citti) e decide di girarlo con l’aiuto regista Bernardo, il giovane figlio del poeta Attilio Bertolucci. E ancora nel ’62 gira Mamma Roma, con il ritorno sul grande schermo di Anna Magnani. Infine, siamo nel ’63, usce il bellissimo La ricotta in Ro.Go.Pa.G, un film a episodi. Saranno questi anni di lunghi viaggi all’estero: in Africa, Asia, Medio Oriente, spesso in compagnia di Alberto Moravia e di Elsa Morante.
Così, di notte, appare Monteverde a Pasolini che percorre la strada da Testaccio.

Le ceneri di Gramsci

[…]  il nero
fondale, oltre il fiume, che Monteverde
ammassa o sfuma invisibile sul cielo.

Diademi di lumi che si perdono,
smaglianti, e freddi di tristezza
quasi marina… Manca poco alla cena
[…]

Ma a poca distanza, minacciosi, avanzano i cantieri, le scavatrici, i martelli, gli sterri…

Il pianto della scavatrice

[…] E ora rincaso, ricco di quegli anni
così nuovi che non avrei mai pensato
di saperli vecchi in un’anima

a essi lontana, come a ogni passato.
Salgo i viali del Gianicolo, fermo
da un bivio liberty, a un largo alberato,

a un troncone di mura – ormai al termine
della città sull’ondulata pianura
che si apre sul mare. E mi rigermina

nell’anima – inerte e scura
come la notte abbandonata al profumo –
una semenza ormai troppo matura

per dare ancora frutto, nel cumulo
di una vita tornata stanca e acerba…
Ecco Villa Pamphili, e nel lume

che tranquillo riverbera
sui nuovi muri, la via dove abito.
Presso la mia casa, su un’erba

ridotta a un’oscura bava,
una traccia sulle voragini scavate
di fresco, nel tufo – caduta ogni rabbia

di distruzione – rampa contro radi palazzi
e pezzi di cielo, inanimata,
una scavatrice…

Che pena m’invade, davanti a questi attrezzi
supini, sparsi qua e là nel fango,
davanti a questo canovaccio rosso

che pende a un cavalletto, nell’angolo
dove la notte sembra più triste?
Perché, a questa spenta tinta di sangue,

la mia coscienza così ciecamente resiste,
si nasconde, quasi per un ossesso
rimorso che tutta, nel fondo, la contrista?

Perché dentro in me è lo stesso senso
di giornate per sempre inadempite
che è nel morto firmamento

in cui sbianca questa scavatrice?

Mi spoglio in una delle mille stanze
dove a via Fonteiana si dorme.
Su tutto puoi scavare, tempo: speranze

passioni. Ma non su queste forme
pure della vita … […]

La scavatrice è il simbolo di un nuovo mondo che spietatamente avanza, distrugge quei paesaggi del sentimento e dell’affetto, annulla l’identità più vera delle periferie e delle borgate dove vivono i sottoproletari romani.

Pasolini nello casa di via Carini (1961)
Pasolini nella casa di via Carini (1961)

                             Gli amici poeti di Monteverde

Attilio Bertolucci
Degli intellettuali e artisti che in quegli anni arrivarono a Roma, alcuni scelsero Monteverde come loro residenza. Tra questi Attilio Bertolucci e Giorgio Caproni.
Il primo incontro tra Pier Paolo Pasolini e Attilio Bertolucci, descritto da quest’ultimo, avvenne nel 1951:

… un giorno Giorgio Bassani mi portò al quinto piano della casa di Via del Tritone, dove allora provvisoriamente abitavo, un giovane dai tratti somatici incisi, l’asciutto corpo di sportivo coperto da un maglione di lana ruvida, di tipo vagamente finlandese, con figure di cervi e di renne. Il giovane senza quasi parlare mi passò un ritaglio di giornale sul quale era stampata una sua recensione al mio libro, molto generosa… Quando gli dissi che nel ‘42 avevo letto Poesie a Casarsa,  […] parve meravigliarsi moltissimo, non dico compiacersi. Da allora fra noi nacque una grande amicizia fatta di poche parole (forse per colpa di entrambi, più capaci di dialoghi, anche approfonditi, ma a distanza, che di conversazioni fitte) e di grande – credo di poterlo dire – comprensione reciproca. 

Nel dicembre dello stesso anno la famiglia Bertolucci si trasferisce al n.15 di viale di Villa Pamphili e, nell’anno successivo, al n.45 di via Giacinto Carini. Nel 1954 Bertolucci, diventato consulente dell’editore Livio Garzanti, gli presenta Pasolini.

Si era, mi pare di ricordare, nella primavera del ‘54. Livio Garzanti mi telefona… per incontrarmi al suo albergo… Scendo, tenendo stretto sotto il braccio perché non mi scivoli nella calca del filobus che mi porta a Largo Chigi, il sottile quaderno verde di “Paragone” su cui era uscito qualche giorno prima il racconto, il primo in romanesco di Pier Paolo, dei ‘ragazzi a fiume’ con l’episodio che diverrà famoso, della salvazione di una rondine. […] Lasciai “Paragone” a Garzanti pregandolo di leggere, appena gli fosse possibile, quel racconto, assicurandolo che quella non sarebbe stata una lettura solita, ovvia. Non avremmo dovuto più vederci, quel giorno; e invece Garzanti si fece vivo nell’immediato pomeriggio […]. Aveva letto quelle pagine, voleva vedere subito, diciamo appena possibile, il loro autore. Riuscii a convocare Pier Paolo prima della consueta partita di calcio nel campetto di Monteverde in quegli anni ancora non tutta fabbricata, di primavera presto visitata ancora da greggi di pecore abruzzesi, come ai tempi di Stendhal e di D’Annunzio… .

Nel giugno del 1959 Pasolini si trasferisce nello stesso condominio di Via Carini in cui risiedono i Bertolucci; vi resterà fino al 1963. Il rapporto di Attilio Bertolucci con la città e il quartiere appare diverso: a Roma è venuto, si direbbe, per sottrarsi all’abbraccio troppo caldo e materno della “piccola patria”, Parma: la grande città forse non gli piace, ma dice “… volevo sradicarmi perché pare che le piante sradicate poi diano frutti migliori…”.

Non volevo diventare il grande poeta di Parma. Poi era sicuro che a Roma mi sarei perso. Essa ha questo vantaggio: è una città dove non esistono autorità. Contrariamente a Milano, dove c’è l’industria che conta, o le banche, a Roma cos’è che conta? Niente. E non si conta niente. Questo trovavo che mi lasciava molto libero. Un fatto assai importante per me…

Pasolini, al figlio di Attilio Bertolucci, Bernardo, allora adolescente, che voleva sapere dal poeta e dai suoi amici le loro avventure, il loro impegno negli anni della guerra e della ricostruzione, dedicò alcuni versi. In essi, il fratello di Pasolini, Guido, viene visto come modello assoluto di sacrificio in nome della passione, di impegno nella lotta per la libertà e di entusiasmo per la vita.

Attilio Bertolucci
Attilio Bertolucci

Biografia
Attilio Bertolucci
 è nato il 18 novembre 1911 a San Prospero, vicino Parma. Cominciò a scrivere poesie sin da giovanissimo, quando aveva ancora non più di sette anni. Nel ’28 collaborò alla “Gazzetta di Parma”, di cui Cesare Zavattini, amico di sempre, era nel frattempo diventato redattore capo. L’anno successivo, Bertolucci pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Sirio.
Nel ’31 s’iscrisse alla Facoltà di Legge a Parma. Nel ’33 conobbe la compagna di tutta una vita, Ninetta Giovanardi, e nel ’34 pubblicò l’intenso e bellissimo Fuochi in novembre, che gli meritò gli elogi di Montale e di Sereni (la corrispondenza con Sereni è raccolta in Una lunga amicizia, del ’94). Abbandonati gli studi giuridici, frequentò le lezioni di critica dell’arte tenute da Roberto Longhi all’Università di Bologna. Nel ’38, le nozze con Ninetta. Un anno dopo fondò con Ugo Guanda “La Fenice”, prima collana di poesia straniera in Italia. Il 17 marzo del ’41 nacque il figlio Bernardo, che diventerà il grande regista che sappiamo.
Il 9 settembre del ’43 si trasferì con Ninetta e il piccolo Bernardo a Casarola, nell’antica casa dei Bertolucci. Nel ’47 nacque il secondo figlio, Giuseppe, anch’egli futuro regista. Si trasferì nel ’51 a Roma, proprio presso l’abitazione di Longhi. Il ’51 è un anno felicissimo per Bertolucci: esce La capanna indiana da Sansoni e vince il Premio Viareggio. Fra i primi lettori del libro c’è Pier Paolo Pasolini, che diventa uno sei suoi amici più cari. Nel ’58 uscì da Garzanti, a sua cura, un’antologia di Poesia straniera del Novecento, stracolma di sue traduzioni. Nel ’71 venne pubblicato quello che resta, probabilmente, il migliore tra i libri del poeta parmigiano, Viaggio d’inverno. Nel ’75, dopo la morte di Pasolini, Bertolucci fu chiamato a dirigere – con Siciliano e Moravia – la prestigiosa rivista “Nuovi Argomenti”.
Per molti anni il poeta fu impegnato nella scrittura e rifinitura di Camera da letto, che uscirà in due libri, nell’ 84 e nell’88, vincendo il Viareggio. Nel ’90 appaiono Le poesie, tutte le sue raccolte di liriche già edite, che ottengono il premio Librex-Guggenheim. Nel ’93 esce una nuova raccolta di liriche, Verso le sorgenti del Cinghio, e nel ’97 La lucertola di Casarola, che contiene poesie giovanili e componimenti più recenti. Nello stesso anno esce il Meridiano Mondadori delle sue Opere, a cura di Paolo Lagazzi e Gabriella Palli Baroni. Il grande poeta si è spento il 14 giugno 2000.
(Fonte: www.biografieonline.it)

Giorgio Caproni
nasce a Livorno il 7 gennaio 1912. Dal marzo del 1922 vive a Genova con la famiglia. Commesso, impiegato, e infine maestro elementare, nel 1938 si trasferisce a Roma e insegna alla scuola elementare “Francesco Crispi” fino al 1973. Amico di Pasolini e di Bertolucci, conduce una vita appartata, lontano dai salotti letterari.
Muore il 22 gennaio del 1990. Ai suoi funerali, nella popolare parrocchia di Donna Olimpia a Monteverde, oltre ai familiari parteciparono i suoi amici poeti e scrittori. Nessuna autorità andò a rappresentare il Comune di Roma né lo Stato: un’assenza che non può trovare giustificazioni nella natura schiva del Poeta.
È stato legato da forte amicizia con Pier Paolo Pasolini. Dopo aver rifiutato un pubblico commento sulla morte di Pier Paolo così motivò il suo silenzio:

Caro Pier Paolo 
Il bene che ci volevamo
– lo sai – era puro.
E puro è il mio dolore.
Non voglio pubblicizzarlo.
Non voglio, per farmi bello,
fregiarmi della tua morte
come di un fiore all’occhiello.

Pasolini
Quanto celeste, quanto
bianco, quanto
verdazzurro vedo
nel tuo nome uno e trino.

Caproni e Pasolini
Giorgio Caproni e Pasolini

Biografia
Giorgio Caproni  è stato senza alcun dubbio uno dei massimi poeti del Novecento. Di origini modeste (il padre Attilio è ragioniere e la madre, Anna Picchi, sarta), scopre precocemente la letteratura attraverso i libri del padre, tanto che a sette anni scova nella biblioteca paterna un’antologia dei poeti delle origini (i Siciliani, i Toscani), rimanendone irrimediabilmente affascinato e coinvolto. Nello stesso periodo si dedica allo studio della Divina Commedia, alla quale s’ispirò per Il seme del piangere e Il muro della terra.Nel periodo della Prima Guerra Mondiale si trasferisce insieme alla madre e al fratello Pierfrancesco (più vecchio di lui di due anni) in casa di una parente, Italia Bagni, mentre il padre è richiamato alle armi. Sono anni duri, sia per motivi economici sia per le violenze della guerra che lasciano un profondo solco nella sensibilità del piccolo Giorgio.
Finalmente nel 1922 terminano le amarezze, prima con la nascita della sorellina Marcella, poi con quello che sarà l’avvenimento più significativo nella vita di Caproni: il trasferimento a Genova, che lui definirà “la mia vera città”. Terminate le scuole medie, si iscrive all’Istituto musicale Terminate le scuole medie, si iscrive all’Istituto musicale
“G. Verdi”, dove studia violino. A diciotto anni rinuncia definitivamente all’ambizione di diventare musicista e s’iscrive al Magistero di Torino, ma presto abbandona gli studi. Inizia in quegli anni a scrivere i primi versi: non soddisfatto del risultato strappa i fogli e getta via tutto. È il periodo degli incontri con i nuovi poeti dell’epoca: Montale, Ungaretti, Barbaro. Rimane colpito dalle pagine di Ossi di seppia, al punto di affermare: “… saranno per sempre parte del mio essere”.
Nel 1931 decide di inviare alcuni suoi componimenti alla rivista genovese “Circolo”, ma il direttore della testata, Adriano Grande, li rifiuta invitandolo alla pazienza, come a dire che la poesia non era adatta a lui.
Due anni dopo, nel 1933, pubblica le sue prime poesie, Vespro e Prima luce, su due riviste letterarie e a Sanremo, dove si trova per il servizio militare, coltiva alcune amicizie letterarie: Giorgio Bassani, Fidia Gambetti e Giovanni Battista Vicari. Comincia anche a collaborare a riviste e quotidiani pubblicando recensioni e critiche letterarie.
Nel 1935 inizia ad insegnare alle scuole elementari, prima a Rovegno, poi ad Arenzano.
La morte della fidanzata Olga Franzoni nel 1936 dà lo spunto alla piccola raccolta poetica Come un’allegoria, pubblicata a Genova da Emiliano degli Orfini. La tragica scomparsa della ragazza, causata da setticemia, provoca una profonda tristezza nel poeta come testimoniano molti suoi componimenti di quel periodo, tra cui vanno ricordati i Sonetti dell’anniversario e Il gelo della mattina.
Nel 1938, dopo la pubblicazione di Ballo a Fontanigorda per l’editore Emiliano degli Orfini, sposa Lina Rettagliata; sempre nello stesso anno si trasferisce a Roma, restandovi solo quattro mesi.
L’anno seguente è richiamato alle armi e nel maggio del 1939 nasce la sua primogenita, Silvana. Allo scoppio della guerra è prima inviato sul fronte delle Alpi Marittime, poi in Veneto.
Il 1943 è molto importante per Giorgio Caproni perché vede una sua opera pubblicata da un editore di rilevanza nazionale. Cronistoria vede le stampe presso Vallecchi di Firenze, all’epoca editore fra i più noti.
Anche i fatti della guerra hanno gran rilevanza per la vita del poeta che trascorre, dall’8 settembre alla Liberazione, diciannove mesi in Val Trebbia, in zona partigiana.
Nell’ottobre del 1945 rientra a Roma dove resterà fino al 1973 svolgendo l’attività di maestro elementare. Nella capitale conosce vari scrittori, tra cui Cassola, Fortini e Pratolini, e instaura rapporti con altri personaggi della cultura (uno su tutti: Pasolini). La produzione di questo periodo è basata soprattutto sulla prosa e sulla pubblicazione di articoli relativi a vari argomenti letterari e filosofici. In quegli anni aderisce al Partito Socialista e nel 1948 partecipa a Varsavia al primo Congresso mondiale degli intellettuali per la pace.
Nel 1949 torna a Livorno alla ricerca della tomba dei nonni e riscopre l’amore per la sua città natia: “Scendo a Livorno e subito ne ho impressione rallegrante. Da quel momento amo la mia città, di cui non mi dicevo più…”.
Le attività letterarie di Caproni diventano frenetiche. Nel 1951 si dedica alla traduzione de Il tempo ritrovato di Marcel Proust, cui seguiranno altre versioni dal francese di molti classici d’oltralpe.
Intanto la sua poesia si afferma sempre di più: Stanze della funicolare vince il Premio Viareggio nel 1952 e dopo sette anni, nel 1959, pubblica Il passaggio di Enea. Sempre in quell’anno vince nuovamente il Premio Viareggio con Il seme del piangere.
Dal 1965 al 1975 pubblica Congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee, il Terzo libro ed altre cose e Il muro della terra.
È del 1976 la pubblicazione della sua prima raccolta, Poesie; nel 1978 esce un volumetto di poesie intitolato Erba francese. Dal 1980 al 1985 vengono pubblicate molte sue raccolte poetiche ad opera di vari editori. Nel 1985 il Comune di Genova gli conferisce la cittadinanza onoraria. Nel 1986 viene pubblicato Il conte di Kevenhuller.
Il grande poeta si è spento il 22 gennaio 1990 nella sua casa romana. L’anno dopo veniva pubblicata postuma la raccolta poetica Res amissa.
(Fonte: www.biografie.leonardo.it)

15 ottobre 2005: Monteverde commemora Pier Paolo Pasolini. Le fotografie

Il 15 ottobre 2005 Pier Paolo Pasolini è stato commemorato a Monteverde. L’evento è stato realizzato dall’Associazione Culturale SAS Cinema. Sono presenti alla manifestazione, che per tutte la giornata impegna il XVI Municipio e i suoi cittadini, Fabio Bellini, Presidente del Municipio, Paolo Masini Presidente della Commissione Cultura e Maurizio Bartolucci della Commissione Cultura del Comune di Roma.
È stata scoperta una targa dedicata all’artista realizzata dallo scenografo Enzo De Camillis. Sono stati inoltre raccontati storie e aneddoti da chi ha conosciuto Pasolini. Si è tenuto un incontro con i personaggi del mondo della celluloide che con lui hanno lavorato: Alfredo Bini, produttore di molti film di Pasolini, Gianni Massaro, Presidente dell’Anica, Roberto Girometti, Presidente dell’Associazione Direttori della Fotografia, Andrea Crisanti, Presidente dell’A.S.C. (Associazione Italiana Scenografi e costumisti). È stato infine proiettato il film Una vita violenta, tratto dall’omonimo romanzo di Pasolini.

La festa per Pier Paolo Pasolini a Donna Olimpia (15 ottobre 2015)
La festa per Pier Paolo Pasolini a Donna Olimpia (15 ottobre 2015)
Inaugurazione della targa a P.P. Pasolini. Da Dx: Roberto Girometti (Presidente dell'AIC), Fabio Bellini (Presidente del Municipio  Roma XVI), Enzo De Camillis (Scenografo autore della Targa), Paolo Masini (Presidente della Commissione Cultura del XVI Municipio), Maurizio Bartolucci (Consigliere Comunale), Alessandro Ferretti (Scultore), Adriano DE Angelis (Cinears).
Inaugurazione della targa a P.P. Pasolini. Da Dx: Roberto Girometti (Presidente dell’AIC), Fabio Bellini (Presidente del Municipio Roma XVI), Enzo De Camillis (scenografo autore della Targa), Paolo Masini (Presidente della Commissione Cultura del XVI Municipio), Maurizio Bartolucci (Consigliere Comunale), Alessandro Ferretti (Scultore), Adriano De Angelis (Cinears)
La targa a Pier Paolo Pasolini è stata inaugurata il 15 Ottobre 2005 in Via Abate Ugone (Piazza Donna Olimpia)  in occasione delle manifestazioni commemorative a Monteverde a trent'anni dalla tragica morte di Pasolini.  Disegnata dallo scenografo Enzo De Camillis, è stata realizzata in collaborazione con lo scultore  Alessandro Ferretti e Adriano De Angelis della CineArs.
La targa a Pier Paolo Pasolini è stata inaugurata il 15 Ottobre 2005 in Via Abate Ugone (Piazza Donna Olimpia)
in occasione delle manifestazioni commemorative a Monteverde a trent’anni dalla tragica morte di Pasolini.
Disegnata dallo scenografo Enzo De Camillis, è stata realizzata in collaborazione con lo scultore
Alessandro Ferretti e Adriano De Angelis della CineArs
Alfredo Bini, a sinistra, al tavolo dei relatori
Alfredo Bini, a sinistra, al tavolo dei relatori
Proiezione del film "Una vita violenta"
Proiezione del film “Una vita violenta”