PPP e la poesia dialettale: presentazione al CSPPP

Per il primo degli incontri mensili dell’anno 2015, dopo la fortunata vernice della mostra fotografica di Letizia Battaglia, è in programma sabato 28 febbraio, alle ore 18, presso il Centro Studi Pasolini di Casarsa la presentazione del volume Pasolini e la poesia dialettale, con la presenza di Angelo Vianello, prorettore dell’Università di Udine, del giornalista Paolo Medeossi e dei due curatori Giampaolo Borghello e Angela Felice. Il libro, pubblicato di recente per i tipi di Marsilio, costituisce il quarto numero della collana “Pasolini.Ricerche”, promossa dalla pregiata casa editrice veneziana in stretta sinergia progettuale con il Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia. Come per i precedenti volumi Pasolini e la televisione (2011), Pasolini e il teatro (2012) e Pasolini e l’interrogazione del sacro (2013), anche questa nuova pubblicazione raccoglie i contributi dei tanti esperti chiamati a raccolta nel mese di novembre di ogni anno nel tradizionale convegno di studi pasoliniani ideato e organizzato da Casa Colussi.
In questo caso, essi sono stati impegnati nel 2012 a riflettere con approcci disciplinari aggiornati, linguistici e letterari, sulla produzione lirica in friulano del giovane Pasolini, esempio della fondazione di un canone lirico valido o condizionante anche per la successiva ondata dei poeti neo-dialettali del secondo Novecento italiano e, inoltre, parametro di giudizio critico anche per i rapporti dello stesso Pasolini con altri poeti dialettali a lui contemporanei.
Il volume, tuttavia, non si limita a una mera sequenza di saggi in forma di atti, ma li riposiziona secondo un indice organico, come per un dialogo sistematico, condotto a più voci e scandito sulle pagine in una ricomposta unitarietà. Quattro dunque le sezioni in cui i 14 contributi sono risistemati. In apertura, dopo una premessa generale di Angela Felice, compare uno sguardo panoramico di Franco Brevini che indaga il significato della poesia dialettale del Novecento italiano e si interroga in modo problematico sul futuro di questa tradizione nel quadro di una realtà linguistica sempre meno dialettofona. Una seconda sessione propone otto contributi (di Marco Antonio Bazzocchi, Giampaolo Borghello, Nicola De Cilia, Anna Bogaro, Roberta Cortella, Pasquale Voza, Jole Silvia Imbornone, Maura Locantore) che analizzano da vari punti di vista la produzione lirica friulana di Pasolini, nella genesi, nel contesto friulano e nell’originalità delle caratteristiche interne, tanto formali che tematiche. Segue un terzo capitolo, che, con quattro contributi (di Gianfranco Scialino, Umberto Alberini, Elvio Guagnini e Cesare De Michelis), documentano la capillare attenzione di Pasolini alle esperienze di altri dialettali (come Andrea Zanzotto o Biagio Marin) e il peso dei suoi stimoli critici. Chiude infine il volume la testimonianza di due poeti regionali del presente, Pierluigi Cappello e Gian Mario Villalta, come per un ideale passaggio di testimone. Entrambi Premi Viareggio per la poesia ed esordienti con versi nei rispettivi dialetti, che poi hanno abbandonato per l’italiano, essi offrono qui alcune considerazioni personali sul “loro” rapporto postumo con la lirica friulana di Pasolini, mediata per entrambi dal tramite di Amedeo Giacomini. Ma soprattutto, nel loro scambio di vedute, aprono problematici interrogativi sulla reale pregnanza dell’uso dialettale entro il contesto prevalentemente italofono del presente, in cui la lingua materna rischia di prestarsi ad alessandrini esercizi di stile o comunque, come nel loro caso, di non combaciare più con la necessità di altre urgenze interiori. L’importante pubblicazione è impreziosita in copertina da una bellissima foto scattata a Chia nel 1975 dal maestro Dino Pedriali e concessa in uso esclusivo al Centro Studi Pasolini di Casarsa, mentre intanto è in preparazione il volume Pasolini e la pedagogia, quinta uscita della collana pasoliniana Marsilio che ormai è accreditata come punto di riferimento scientifico per gli studi pasoliniani.

Motto Academiuta di lenga furlana (disegno di Federico De Rocco)
Motto Academiuta di lenga furlana (disegno di Federico De Rocco)

Dalla quarta di copertina
L’esordio di Poesie a Casarsa di Pier Paolo Pasolini irrompe sulla scena letteraria del 1942 con la perentorietà dell’eccezione creatrice. Il libriccino conteneva appena 14 testi, ma subito si lasciava alle spalle ogni ipoteca vernacolare o popolareggiante e inaugurava un canto nuovo di raffinata sperimentazione, al crocevia tra un’acuminata sensibilità d’autore e il filtro di una preziosa cultura poetica, intrisa di echi ermetici e simbolisti. D’eccezione era poi l’intuizione del dialetto come linguaggio naturalmente poetico, “lingua pura per poesia” e tensione alla “melodia infinita”. In quel caso era il casarsese, idioma di periferia letterariamente vergine, perché privo di tradizione scritta, e inoltre, in quanto suono di eco materna, saturo di implicazioni affettive. In quel codice Pasolini calò la sua Provenza sentimentale, facendovi convergere la squisita mitografia di un sé Narciso, precocemente scisso dalle antinomie tra amore e morte e tra innocenza e peccato, e poi sempre più, con il progredire e l’ampliarsi di quel félibrige coagulato anche intorno all’“Academiuta”, vi espresse l’altro da sé, l’epos della realtà popolare, cristiana e contadina, impigliata nei riti di un’arcaica atemporalità.
Con quella operazione Pasolini fornì un geniale esempio di sublimazione a significatività universale del particolare locale e introdusse una sintesi poetica che poi connotò il fenomeno vistoso della poesia in dialetto del secondo Novecento italiano. Fu un’influenza decisiva e imprescindibile su cui gettano fasci di luce interpretativa i 14 saggi di questo volume, originariamente presentati al convegno del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa nel novembre 2012. Essi contribuiscono a rileggere l’apprendistato poetico pasoliniano secondo aggiornati punti di vista linguistico-letterari e insieme a ricostruire la mappa delle intersezioni e del dibattito teorico che la poesia friulana di Pasolini ha saputo riverberare intorno a sé, con le sue espressioni liriche giovanili, come anche con l’antilirico rovesciamento con cui nel 1974 Pasolini riscrisse parte del canzoniere del 1954 La meglio gioventù.