PPP e la lingua friulana al King’s College di Londra

Prestigioso invito al Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa, che mercoledì 22 ottobre sarà presente a Londra in un’importante tavola rotonda sulle “lingue minoritarie” organizzata dal London Department in Comparative Literature del King’s College, una delle dieci università più importanti d’Europa secondo l’ultimo World University Ranking. L’incontro, inserito nel programma dell’annuale festival di “Arts and Humanities”, è ideato e promosso da Rosa Mucignat, giovane ricercatrice friulana (è originaria di Cordenons, nel pordenonese) e di recente curatrice del volume The Friulian Language: Identity, Migration, Culture (Cambridge Scholars Publishing). Ed è proprio la lingua friulana a essere oggetto di riflessione, come esempio di lingua minore oggi a rischio di estinzione e di invisibilità nel mondo globalizzato. Una prospettiva stringente che, per i suoi riflessi poetici, antropologici, sociologici, al di là del fenomeno strettamente glottologico, non può che chiamare in causa Pasolini, meravigliosa voce poetica in friulano e coscienza del valore di autenticità di tutti i “dialetti”, isole verbali della realtà la cui perdita egli lamentava come una sottrazione di verità, pluralità e libertà.

A parlare dell’esperienza friulana di Pasolini, e della visione linguistica che la sottendeva, sarà Angela Felice, direttore del Centro Studi Pasolini di Casarsa. Accanto a lei, Emma Cleave, responsabile del programma “Writers in Translation” dell’English Pen, e  Federico Falloppa, Lettore di Studi Italiani all’Università di Reading. Si può capire del resto la ragione dell’interesse dei comparatisti per il caso del “friulano”, già sotto esame nel 2012 sempre al King’s College londinese, grazie alla convergenza tra i dipartimenti di Italiano di Cambridge e dell’University College London. Il futuro di questo idioma, oggi usato da mezzo milione di parlanti, segna un evidente spartiacque per tutte le lingue «rare» e la sua eventuale estinzione suonerebbe un campanello d’allarme anche per tutte le altre 6.000 parlate che l’Unesco ha dichiarato a rischio di silenzio.