Figura anche il Centro Studi Pasolini di Casarsa tra gli Enti collaboratori dell’importante mostra “Pasolini a Casa Testori” che, su iniziativa di Casa Testori a Novate Milanese, per la cura di Davide Dall’Ombra e Giovanni Agosti, vedrà la prima retrospettiva organica delle opere pittoriche di Pasolini, in ideale ponte con i 12 dipinti e disegni pasoliniani degli anni Settanta visibili a Casa Colussi, su allestimento di Giuseppe Zigaina e Daniele Tarozzi, fino alla fine del mese di maggio. L’esposizione milanese, che sarà inaugurata a Casa Testori giovedì 19 aprile alle ore 18 (durata fino al 1^ luglio), proporrà infatti oltre 50 opere pasoliniane, tra oli e disegni, provenienti dal Gabinetto Vieusseux e organizzati secondo otto nuclei cronologici e tematici, col corredo anche di scritti autografi, di una nutrita selezione di lettere, talora inedite,  e di un’installazione audio-visiva che in loop, in collaborazione con la Cineteca di Bologna, permetterà di visionare otto esempi della filmografia pasoliniana. Tra le sezioni è previsto anche un cammeo sui ritratti a Maria Callas, che il poeta di Casarsa realizzò nel 1969 in occasione del film Medea, il cui set in Cappadocia è documentato nella mostra anche da 15 foto di Mimmo Cattarinich, esposte nel 2011 a Casarsa e ora temporaneamente prestate dal Centro Studi a Casa Testori.Gli anni ’69- ’70 segnarono un ritorno di Pasolini alla pittura, passione adolescenziale praticata dapprima con timidi esercizi bolognesi, ma presto irrobustita di consapevole sensibilità estetica  grazie al magistero critico di Roberto Longhi, a cui Pasolini fu sempre debitore della propria costante “folgorazione figurativa”. Tra le sperimentazioni artistiche proseguite anche negli anni casarsesi e, dopo una pausa di trent’anni, il tardivo ritorno negli anni Settanta, la pittura resta infatti una presenza implicita e niente affatto marginale in Pasolini, che da studente bolognese prefigurava a sé un futuro di pittore e di critico d’arte e che poi, da cineasta, non mancò di riversare nei suoi film un immaginario figurativo suggestionato dai maestri preferiti: Giotto, Piero della Francesca, Pontormo, Rosso Fiorentino, Mantegna, Bosch.

Un enigma, comunque, questo aspetto ulteriore del genio espressivo di Pasolini, che nella pratica della pittura – ha scritto di recente Vincenzo Trione nell’inserto domenicale del “Corriere della Sera” (1^ aprile 2012) – non rivela alcuna consonanza con l’”apocalittico frequentatore delle malebolge del nostro tempo” né con l’implacabile polemista degli intransigenti scritti corsari. Anti-avanguardista, affascinato dalla tradizione italiana, al massimo sensibile a qualche eco espressionista o, per i contemporanei, alle vibranti trasparenze di De Pisis, Pasolini pare ritagliarsi nell’esercizio pittorico uno spazio di sospeso lirismo elegiaco, ispirato all’aderenza alle cose e teso a lambire la “lingua vivente della realtà” o a sorprendere attraverso i ritratti (e gli autoritratti) il segreto dell’essere umano. I meriti dell’esposizione milanese non si esauriscono nel contributo alla conoscenza e alla valorizzazione del Pasolini pittore. Tra le sue possibili espansioni, essa si presta anche a favorire uno strisciante raffronto a distanza tra il poeta friulano e il quasi coetaneo Testori, scrittore, drammaturgo e critico nato a Novate Milanese il 12 maggio 1923. I due ingegni, entrambi poliedrici, inquieti ed esploratori formidabili della parola, specie teatrale, non si frequentarono, ma, nella diversità del temperamento e delle esperienze di vita e di letteratura, condivisero analoghe stimmate di testimoni irregolari e tragici della modernità. Anche nella pittura, a cui pure Testori, folgorato negli anni ’50 dall’incontro con Roberto Longhi, ritornò nel 1969, dopo l’abbandono nei primi anni ’50. Come Pasolini appunto, a cui, per singolare coincidenza e quasi con ideale passaggio di consegne, Testori subentrò nel 1975 come editorialista sulle pagine del “Corriere della Sera”.


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