Parigi, preparativi del convegno “PPP tra regresso e fallimento” (maggio 2014)

Parigi, preparativi del convegno “PPP tra regresso e fallimento” (maggio 2014)

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manifesto parigi sorbona

Su idea e organizzazione di  Sara Fortuna (Roma), Manuele Gragnolati (Oxford/Berlino), Christoph Holzhey (Berlino) e Davide Luglio (Parigi),  il 9 e 10 maggio 2014 si terrà alla Sorbona di Parigi (Maison de la recherche –  28, rue Serpente) il convegno “Pier Paolo Pasolini tra regresso e fallimento”. I lavori sono realizzati in collaborazione tra l’ Equipe Littérature et Culture Italiennes (ELCI, EA 1496) dell’Università Parigi-Sorbona, l’ICI Berlin Institute for Culturale Inquiry e l’Università degli Studi Guglierlmo Marconi, con il sostegno del’École doctorale IV e del Conseil Scientifique de l’Université Paris-Sorbonne.

Intenzione dell’innovativo convegno è l’interrogazione aperta sul pensiero apocalittico e “altro” di Pasolini , di cui  riposizionare e rileggere l’antimodernismo in chiave paradossalmente  propulsiva  e strategicamente propositiva. Ciò si evince dalle intenzioni concettuali del programma  che qui si pubblica.

 

 L’attacco che Pasolini sferra allo sviluppo contemporaneo, al neocapitalismo e alle società liberali ipertecnologizzate è legato a una critica del razionalismo e delle sue manifestazioni non solo politico-sociali ma anche linguistiche ed estetiche. L’ipotesi che questo convegno si propone di esplorare è che tale critica faccia leva su due nozioni che appaiono centrali nel pensiero dell’autore, quelle di regresso e di fallimento. Assunte da Pasolini in un’accezione che rovescia il loro significato comune, regresso e fallimento perdono la loro connotazione negativa per trasformarsi in modalità indispensabili per (ri)pensare la contemporaneità e rimanere criticamente impegnati in ambito artistico, intellettuale e politico.

Se il concetto di regresso rappresenta una costante nell’opera di Pasolini, esso prende diverse forme che vanno dalla ricerca di una originaria lingua materna nelle prime poesie friulane alla formulazione del discorso indiretto libero come strumento per avere accesso alla classe subalterna, dalla scelta del cinema come linguaggio immediato della realtà a quella del mito come condizione simbolica anteriore al logos, dalla critica dell’omologazione inarrestabile prodotta dal neocapitalismo contemporaneo alla nostalgia provocatoria per quelle parti di società incontaminate dal potere e dal progresso che esistevano ancora nei primi anni del passato fascista. Attraverso tale volontà regressiva Pasolini insegue innanzitutto il sogno di una lingua più “reale”, vale a dire altra, non acculturata, al di qua o al di fuori di quella storia in cui si perde «la forza originaria dell’uomo». Poeta è per Pasolini precisamente colui che sa farsi interprete di tale alterità, colui che è nella storia per testimoniare una verità poetica che si tiene al di fuori della storia –la storia lineare e progressiva sui cui binari corre la civiltà occidentale– e contro di essa. Ciò conduce il poeta, negli ultimi anni, verso posizioni politiche che contrastano con quelle precedenti di matrice marxista e sono piuttosto legate a una forma di antimodernità che rappresenta una delle componenti più forti e sorprendenti dell’opera di Pasolini. Ma il rifiuto del paradigma della modernità –sviluppo, consumo, omologazione linguistica e socio-culturale ecc.– costituisce anche, paradossalmente, uno degli aspetti più vivi dell’opera di Pasolini, in particolare qualora lo si coniughi con il suo intento programmaticamente fallimentare.

Diversamente da quello di regresso, il concetto di fallimento appare nell’opera di Pasolini soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta come scelta programmatica di porsi al di fuori di ogni canone estetico e ideologico, valorizzando ad esempio l’incompiuto rispetto al compiuto, ciò che ripugna rispetto a ciò che attrae o rassicura, ciò che appare inaccettabile rispetto a ciò che può suscitare anche un minimo consenso. Così, da Pilade a Petrolio, da Trasumanar e organizzar alla Divina Mimesis e a Porno-Teo-Kolossal Pasolini mette in scena il legame tra un’interpretazione del fallimento come possibilità esistenziale per non scendere a compromessi con il potere e l’andamento regressivo del testo e la sua mancanza di coesione. In tale scelta sembra affermarsi una nuova, paradossale forma di impegno che potrebbe anticipare certe linee conduttrici della galassia queer in alcune delle sue formulazioni più recenti. Anzitutto una concezione della omosessualità e del masochismo come posizione eccentrica dalla quale operare una critica dell’ordine etero-normativo di sesso, genere e (ri)produzione. E poi l’abbracciare una temporalità “altra”, non teleologica né rivolta al futuro, ma piuttosto circolare, ripetitiva, invertita, alla quale è possibile attribuire una valenza profondamente antisociale, almeno per quanto riguarda le categorie del sociale oggi più diffuse e valorizzate.

Se è possibile leggere la nozione di fallimento nell’opera di Pasolini in dialogo con la riflessione sul masochismo di Leo Bersani, la rielaborazione del concetto di pulsione di morte e la critica del «futurismo riproduttivo» di Lee Edelman, e la queer art of failure proposta da Jack Halberstam, è possibile risignificare in accezione queer anche le diverse formulazioni pasoliniane di regresso? E si può considerare l’intreccio di regressione e fallimento come una strategia legata a certe declinazioni del pensiero femminista, post-coloniale e de-coloniale? In che senso alcuni aspetti antidialettici del pensiero di Pasolini possono essere messi in relazione critica con una tradizione antimoderna di pensiero, da Friederich Nietzsche a Walter Benjamin, da Georges Bataille a Jean Genet e Roland Barthes? Dobbiamo dire, come propone Georges Didi-Huberman, che il Pasolini apocalittico è un artista disperato per il quale il regresso è sinonimo di chiusura nichilistica e il fallimento dell’estinguersi di ogni immaginazione politica? O al contrario, l’antimodernità pasoliniana, nell’ultimo periodo, non andrebbe forse letta alla luce della nozione nietzschiana di amor fati che Antoine Compagnon indica come punto d’arrivo e ridefinizione della protesta degli antimoderni da Julien Gracq a Barthes? Queste sono alcune delle domande e dei temi possibili riguardo cui il convegno di Parigi è interessato a interrogarsi per cercare di esplorare le modalità in cui regresso e fallimento si intersecano dinamicamente nell’opera di Pasolini e contribuiscono a configurarne l’aspetto politico, quello estetico e quello legato alla dimensione del desiderio e del genere.