All’Università di Napoli un seminario sulla parola teatrale di Pasolini

Giovedì 15 giugno 2017 alle 14.30, presso l’aula multimediale 342 dell’Ateneo federiciano di Napoli, Dipartimento di Studi Umanistici, via Porta di Massa 1, nell’ambito del Master in “Drammaturgia e Cinematografia”, si è tenuto il seminario dal titolo Le radici del dialogo. Il teatro di Pier Paolo Pasolini, animato da Matteo Palumbo e Pasquale Sabbatino, docenti di letteratura italiana all’Università partenopea, insieme a  Mark Epstein, studioso statunitense collegato a  Princeton.
Sull’incontro pubblichiamo una  breve riflessione di Matteo Palumbo sul significato della parola teatrale di Pasolini, in sintonia con il linguaggio della poesia.

Le radici del dialogo. Il teatro di Pier Paolo Pasolini
Università Federico II di Napoli
15 giugno 2017

www.unina.it

Pasolini mostra un vivo interesse per il teatro – spiega Matteo Palumbo –  fin dalla giovinezza.
«Bisogna, tuttavia, arrivare agli anni Sessanta perché scriva i suoi testi più importanti e conosciuti: da Pilade ad Affabulazione Calderón. Si tratta di opere assai originali nel panorama italiano. Esse mostrano una strada inedita nella storia del teatro moderno. Tracciano una terza via, che si distingue dal classico teatro borghese e dalle sperimentazioni più audaci e radicali  dell’avanguardia. Pasolini teorizza una forma di rappresentazione che chiama “teatro della Parola”: opposto sia alla “Chiacchiera”, con cui identifica la Tradizione borghese, e sia al “Gesto e dell’Urlo”, con cui riassume la rivolta sperimentale. La Parola che egli insegue non ha però nessuna prossimità con la lingua comunemente adottata. Per lui, anzi, “il parlato teatrale italiano non ha mai tracce di realtà”. Esiste una sola eccezione a questa artificialità dominante. Essa è rappresentata dal teatro di Eduardo e dalla “purissima lingua teatrale” del suo napoletano.

"Orgia" (1968). Regia di Pier Paolo Pasolini
“Orgia” (1968). Regia di Pier Paolo Pasolini

Nel prologo di Affabulazione – continua Matteo Palumbo – l’ombra di Sofocle avverte che sta per inaugurare “un linguaggio troppo difficile e troppo facile”: difficile per spettatori medi, abituati alle banalità della società in cui vivono; facile, invece, “per i pochi lettori di poesia”. Questo tipo di teatro è l’obiettivo di Pasolini. Nella sua forma, stabilisce una marcata affinità con il cinema. Entrambi i linguaggi trovano una comune matrice nell’idea di poesia e nelle sue leggi».