Un ricordo di Ettore Scola e del suo mancato incontro con PPP

Ettore Scola, l’ultimo grande maestro della commedia italiana, se ne è andato il 20 gennaio 2016 all’età di 84 anni a Roma, dopo aver attraversato più di cinquant’anni di cinema e storia italiana. Con il suo cinema ha raccontato l’Italia che si riscattava dal fascismo e cercava di dimenticare la guerra. Con un linguaggio profondo ma lieve ha saputo tratteggiare tutti i caratteri degli italiani, dagli intellettuali di sinistra, che si davano convegno sulle “terrazze”, ai commercianti in competizione sleale. Ma sono indimenticabili tanti altri ritratti di tipi umani del belpaese: il radiocronista licenziato e mandato al confino perché omosessuale, la casalinga schiacciata dalla prepotenza del marito fascista, i genitori che passavano la notte davanti alle scuole, i militanti comunisti in crisi di identità e di fedeltà.
Una carriera e una vita nel segno dell’impegno civile, politico e sociale che lo portò tra l’altro a far parte del governo ombra del Partito Comunista Italiano, nel 1989, con la delega ai Beni Culturali.
Qui di seguito una rapida scheda sulle tappe della sua biografia di artista e uomo coerente, rievocato con commozione anche dall’amico e regista David Grieco, autore del libro e regista del film
La Macchinazione (sull’ultimo periodo della vita di Pasolini). A lui si deve anche il rispolvero dell’episodio secondo il quale nel 1975 Scola e Pasolini avrebbero potuto incrociare le loro strade artistiche. Un incontro che l’atroce delitto dell’Idroscalo di Ostia inevitabilmente vanificò.
A parlarne del resto fu lo stesso Scola in una testimonianza che è possibile vedere al link

http://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/ettore-scola-i-giovani-non-devono-dimenticare-pasolini/216662/215846

Da sx, Ettore Scola, Nino Manfredi e Marcello Matsroianni
Da sx, Ettore Scola, Nino Manfredi e Marcello Mastroianni

Ettore Scola. Tappe coerenti di vita e d’arte

Il “Marc’Aurelio” e i suoi scarabocchi. Nato a Trevico (Avellino) il 10 maggio 1931, Ettore si trasferì a Roma con la famiglia da bambino. Già quindicenne la sua passione per il disegno iniziata a cinque anni lo portò nella redazione della rivista umoristica “Marc’Aurelio” dove collaborava un giovane artista, di dieci anni più grande, Federico Fellini. Con quelli che poi lui chiamerà “scarabocchi”, vignette, bozzetti che lo accompagneranno sempre, riuscì a trovare il suo spazio in un ambiente di grande fermento culturale. Finito il liceo classico Pio Albertelli, il giovane Scola si iscrisse a Giurisprudenza. Ma il suo destino non era nel mondo dei tribunali.

Parole, parole, parole e poi il cinema. Fin dagli anni Quaranta Scola collaborò a trasmissioni e varietà per la radio e la neonata televisione, ma già a metà degli anni Cinquanta il cinema finì per prendere il sopravvento prima come sceneggiatore collaborando con Age e Scarpelli, per film come Un americano a Roma (1954), La grande Guerra (1959) e Crimen (1960) e poi con il passaggio dietro la macchina da presa. L’esordio alla regia è del 1964 con il film Se permette parliamo di donne scritto con l’amico Ruggero Maccari e interpretato da Vittorio Gassman, che insieme a Nino Manfredi e Marcello Mastroianni sarà uno degli attori preferiti da Scola.

Il successo con Sordi… in Africa. Il primo vero successo popolare Scola lo ottenne con la commedia amara Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l’amico misteriosamente scomparso in Africa?  con Alberto Sordi, Nino Manfredi, Bernard Blier, una critica all’arroganza degli italiani benestanti nei confronti del Terzo Mondo. Il film fu il campione di incassi della stagione ’68-’69 e gettò le basi per una collaborazione con Sordi che sarebbe poi durata altri tre film, La più bella serata della mia vita (1972), alcuni episodi del film collettivo I nuovi mostri (1977) e Romanzo di un giovane povero (1995).

Negli anni Settanta, “Ci eravamo tanto amati”. Con Il commissario Pepe (1969) e Dramma della gelosia-Tutti i particolari in cronaca (1970) Scola entrò nel decennio più significativo della sua carriera. Nel 1974 realizzò C’eravamo tanto amati, film che ripercorre trent’anni di storia italiana dal 1945 al 1975 attraverso le vicende di tre amici interpretati da Vittorio Gassman, Nino Manfredi e Stefano Satta Flores, tutti innamorati di Luciana (Stefania Sandrelli). Il film è un capolavoro che lo consacrò definitivamente tra i grandi del cinema italiano regalandogli anche la fama internazionale con premi al Festival di Mosca, il César francese e tre Nastri d’argento e confermando anche il suo successo di pubblico.

Sulla “Terrazza” della sinistra italiana. Nella seconda metà del decennio Scola firmò Brutti, sporchi e cattivi (1976), con cui vinse il premio per la regia a Cannes, una sua personale rivisitazione delle periferie raccontate da Pasolini (che infatti avrebbe dovuto filmare una prefazione ma fu assassinato durante la lavorazione del film). Poi Una giornata particolare (1977) con Sophia Loren e Marcello Mastroianni: sullo sfondo della visita di Adolf Hitler a Roma si consumano poche ore della vita di un radiocronista omosessuale e della sua vicina di casa, una casalinga frustrata madre di sei figli e moglie di un fascista prepotente. Il film valse al regista una delle sue quattro candidature all’Oscar come migliore pellicola straniera e vinse il Golden Globe. Nel 1980 il registrò La terrazza, amaro bilancio di un gruppo di intellettuali di sinistra in crisi. Un film di cui il regista ricordava che “fu recensito al di fuori del gruppo di critici cinematografici che solitamente parlavano del mio cinema, perché molti si sentirono convocati da quei temi. Così del film scrissero Scalfari, Tabucchi, Bocca perché parlava della posizione di vari intellettuali di cinema o letteratura scontenti di quello che avevano realizzato nella vita perché probabilmente avrebbero potuto fare di più”.

Gli anni Ottanta: la famiglia e la nostalgia. Emblema degli anni ’80 di Scola è il film La famiglia (1987), commedia che ripercorre 80 anni di storia italiana (1906-1986) con Vittorio Gassman, Stefania Sandrelli e Fanny Ardant. Accolto con entusiasmo sia dalla critica che dal pubblico, il film ottenne sei David di Donatello, sei Nastri d’Argento e una nomination all’Oscar come miglior film straniero. Il resto degli anni Ottanta furono segnati ancora dalla collaborazione con Marcello Mastroianni e da una certa vena di nostalgia: sia Splendor, dedicato ad una sala cinematografica che sta chiudendo, sia Che ora è?, sulla difficoltà di comunicazione tra un padre (Mastroianni) e un figlio (Troisi), raccontano un mondo che non esiste più.

Gli anni della concorrenza sleale. Nel decennio successivo Scola cominciò a rallentare la produzione cinematografica e scelse di chiudere la sua filmografia con due opere: La cena ancora con Gassman, Ardant e Giancarlo Giannini, tutto ambientato in un’unica sera in una trattoria romana dove sono riuniti una quarantina di personaggi rappresentanti della borghesia italiana, e Concorrenza sleale con Diego Abatantuono e Sergio Castellitto nei ruoli di due negozianti in lotta commerciale nell’Italia scossa dalle leggi razziali.

L’epoca berlusconiana e gli ultimi film documentari. Per tutti gli anni in cui Silvio Berlusconi è stato al governo Scola ha detto che non avrebbe più fatto film. Nel 2009, inaugurando una mostra con i suoi “scarabocchi”, affermò: “All’inizio ho smesso di fare cinema per colpa di Berlusconi, ma ora lo ringrazio, ho finito con i film. Mi sono trovato altre cose da fare e non ne avrei più il tempo”. Negli ultimi anni però Scola aveva invece firmato due documentari: uno dedicato alla sua città d’adozione, Gente di Roma, e un altro al suo grande amico Federico Fellini raccontato a partire proprio da quella fucina culturale del “Marc’Aurelio” dove lo aveva conosciuto,Che strano chiamarsi Federico.

Ridendo e scherzando. Ettore Scola era sposato con la sceneggiatrice e regista Gigliola Scola. Insieme alle sue due figlie Paola e Silvia aveva presentato a novembre alla Festa di Roma il documentario che raccontava la sua vita e la sua carriera, Ridendo e scherzando. In quell’occasione aveva detto: “Il cinema è un lavoro duro ma si può, ridendo e scherzando, mandare qualche messaggetto, qualche cartolina postale con le proprie osservazione sul mondo. Il cinema è come un faretto che illumina le cose della vita”.

Ettore Scola
Ettore Scola

Un Ricordo.
Ettore Scola: la morte di un uomo, l’esempio della sua vita
di David Grieco

www.globalist.it – 20 gennaio 2016

Non è facile parlare ancora una volta di un amico che se ne è andato, uno dopo l’altro, a così breve distanza. Forse mi sto costruendo, giorno dopo giorno, una lugubre fama. Ma debbo farlo, e soprattutto voglio farlo. Dalla fine dell’estate, dopo aver letto il libro, Ettore mi chiedeva di vedere il film La Macchinazione. «Non c’è film che voglio vedere più di questo. E non sai quanto desidero che mi piaccia».
Lunedì avevamo organizzato l’ultima proiezione di controllo in laboratorio e lo avevamo invitato. Mi ero offerto di andare a prendere lui e sua moglie Gigliola con la 500. Eravamo rimasti d’accordo che dovevo chiamarlo alle 17. Ma alle 17 era già in coma.
Forse l’ho già detto o l’ho già scritto: considero Ettore Scola ed Elio Petri gli autori degli ultimi due film di Pier Paolo Pasolini. Sto parlando di due film del 1976, usciti a meno di un anno di distanza dalla morte di Pasolini. Todo Modo di Elio Petri non sarebbe mai esistito se Pasolini non avesse scritto gli articoli che ha scritto sul “Corriere della Sera” chiedendo di processare la Democrazia Cristiana e di far luce su tutta la storia del dopoguerra nel nostro paese. Per rendere ancora più evidente il richiamo a Pasolini, Elio chiese proprio a Franco Citti di interpretare il personaggio dell’assistente di Aldo Moro che alla fine ucciderà lo statista con due anni di anticipo rispetto alla realtà.
Il film di Ettore Scola è Brutti, sporchi e cattivi, in cui il regista irpino decise di raccontare il mondo di Pasolini ormai imbruttito, sporcato e incattivito a 15 anni di distanza da Accattone. Nell’estate del 1975, Ettore prese il coraggio a due mani e chiese a Pasolini di leggere la sceneggiatura di Brutti, sporchi e cattivi. Temeva molto la sua reazione. Temeva che Pasolini lo considerasse razzista nei confronti di un mondo e di un’umanità che gli stavano molto a cuore. Inaspettatamente, Pasolini amò molto la sceneggiatura di Brutti, sporchi e cattivi, la amò incondizionatamente, e per dimostrarlo si offrì di girare un piccolo cortometraggio che sarebbe stato presentato in sala prima del film Brutti, sporchi e cattivi.
Ettore fu molto colpito da quella proposta di Pasolini e la accettò con entusiasmo. Poi, purtroppo, per i noti motivi, non se ne fece nulla.
Ettore Scola non faceva film da 15 anni. Il suo ultimo film “vero” è Concorrenza sleale del 2001. Lo realizzò per una società, la Medusa, che era diventata di proprietà di Silvio Berlusconi, società alla quale Ettore era legato da altri contratti per fare altri film. Pochi mesi dopo l’uscita di Concorrenza sleale, Ferdinando Adornato, un deputato di Forza Italia che era cresciuto fra i giovani comunisti ed era stato anche un giornalista dell’”Unità”, espresse pubblicamente alla Camera la sua indignazione verso “questi intellettuali comunisti che sputano nel piatto dove mangiano”, come appunto il regista Ettore Scola che realizzava film con i soldi di Berlusconi ma non perdeva occasione per criticarlo e per tentare di gettare discredito sulla sua attività politica.
Al governo a quei tempi il primo ministro era Massimo D’Alema. Nonostante ciò, l’indomani della dichiarazione di Adornato, Ettore Scola alzò il telefono e chiamò la Medusa. Chiese gentilmente di annullare tutti i contratti ancora in essere. Alla Medusa insistettero molto per fargli cambiare idea. Ma Ettore fu irremovibile. E così uno dei più grandi cineasti che il nostro paese ha avuto la fortuna di possedere quindici anni fa si ritirò e spense il suo talento che tanto aveva dato a un paese che ormai stentava a riconoscere. (…)