PPP, Versuta e la “seconda vista” di Nico Naldini

Il 10 ottobre 2015  nella chiesetta  di Versuta (Casarsa) dedicata a Sant’Antonio Abate furono presentate le riedizioni per i tipi di Guanda di tre importanti libri di Nico Naldini, ormai introvabili: due dedicati alla biografia e alla produzione letteraria di Pasolini durante la gioventù friulana (Romans e Un paese di temporali e di primule) e uno organizzato come un’antologia di “poesie scelte” dello stesso Pasolini. In quell’occasione  Naldini  ricostruì con parole lucide e insieme emozionate  l’atmosfera  della “bellissima” Versuta di settant’anni prima, rievocata come luogo di natura incontaminata e fondale di felicità giovanile e creativa. Fu in quell’ambiente contadino, dov’era sfollato con la madre Susanna alla fine del 1944, che Pasolini si fece animatore di fondamentali esperienze poetiche, culturali e didattiche, coinvolgendovi  anche il più giovane cugino Naldini. Il quale ora ricorda quel mondo perduto con l’esattezza di una incantata “seconda vista”, capace di annullare il  presente e di far vedere il passato.

Versuta e la “seconda vista” di Nico Naldini
Versuta, 10 ottobre 2015

La scoperta che esistesse Versuta è stata assolutamente occasionale. E dovuta a Pasolini. Io ero un adolescente, ma lui accettava la mia compagnia e addirittura la ricercava. Parlavamo di tante cose.
Fu in un viaggio a piedi, superati il quartiere di Segluzza e il ponte della ferrovia tutto gocciolante; poi ci siamo trovati nell’antico mondo della natura, quella che noi cercavamo, che Virgilio ci descriveva.
Siamo scesi in un fiumiciattolo completamente asciutto e coperto da tanti rami che facevano una meravigliosa galleria. Alla fine di questa galleria ci siamo trovati a Versuta.
Io la rivedo esattamente com’era  settant’anni fa. E’ come se avessi una visione particolare, un nervo ottico speciale che cancella il presente e fa vedere il passato nei suoi minimi particolari.
Non posso gareggiare con la prosa di Pasolini su Versuta, benché sia un po’ troppo elegante. Quello non era un mondo elegante.
E infatti abbiamo scoperto che c’era questa chiesa, dove ci siamo rifugiati, durante un bombardamento al ponte della Delizia. Quegli imbecilli degli americani non facevano che bombardare ogni giorno, ma non hanno mai distrutto nulla di decisivo. Le quattro arcate distrutte del ponte del Tagliamento le hanno fatte saltare i tedeschi, quando si sono ritirati. Gli americani hanno bombardato Casarsa e hanno distrutto metà della nostra casa, ma hanno lasciata intatta la stazione.
Quindi fu una distruzione inutile e spregevole, come sono tutte le guerre, anche quelle di oggi.
Comunque Pasolini ed io non ci muovevano da qui, perché c’erano i rumori, gli scoppi. Mi disse: «Stai tranquillo. Questa chiesa è qui da tanti secoli, e vuoi che venga colpita adesso?».

Fontana di Versuta. Foto di Danilo De Marco
Fontana di Versuta. Foto di Danilo De Marco

Devo ora raccontare una storia, anche se è stata raccontata tante volte. Una parete della chiesa era completamente coperta da uno strato di calce, che un tempo usavano per la paura della peste o per i ricordi della peste. Il nostro carissimo amico e pittore di San Vito Federico De Rocco ci insegnò un procedimento, dato che lui studiava proprio affresco all’Accademia di Venezia. «Se voi passate della cipolla sopra l’intonato –ci disse-, vedrete che succede». Ecco che abbiamo cominciato così, naturalmente piangendo calde lacrime non di emozione ma di cipolla, ma abbiamo portato a termine il nostro compito.
Versuta era bellissima. E’ il luogo a cui si ritorna sempre nel ricordo, nell’immaginazione. Il ricordo dei prati verdi della gioventù e della bellezza della vita, dell’energia messa a vantaggio non di qualcosa, ma della stessa vita. Questo era il  mondo contadino.
Io non devo chiudere gli occhi con questa seconda vista. Io vedo la Versuta di allora e, siccome tutti gli oratori si rivolgono a qualche testo illustre, ecco che io tiro fuori il Faust di Goethe, per dire quello che provo ora, quando l’attimo della visione ci viene incontro. «Coglimi –dice Faust- mentre passo, se ne hai la forza. E cerca di risolvere l’enigma di felicità che ti propongo».
E poi c’era la gioventù che frequentava Versuta,  dal 1943 fin dopo la guerra, soprattutto. C’era la scuoletta di Versuta con la sua consistenza, che si trasferì dall’unica stanza, che Pasolini condivideva con sua mamma nella casa di  Ernesta Bazzana, ad una stanza più grande presso la famiglia Cicuto.
Pasolini seguiva i ragazzi in una maniera che non ho più visto in nessun altro. Ho vissuto molto a contatto con grandi maestri e intellettuali, ma Pasolini aveva un fascino e una capacità incredibile di insegnare, di formare i suoi allievi, come in un’antica scuola greca, al punto che li seguiva anche dopo che avevano concluso i loro studi.
Uno di questi era Dante Spagnol, che poi sono andato a trovare nella sua missione in Africa, dove naturalmente abbiamo evocato Versuta. Anche lì ci fu una doppia vista: da una parte i Masai e dall’altra Versuta e i suoi abitanti. Dante, alla fine dell’anno scolastico, ha fatto l’esame di ammissione alla scuola media e io l’ho accompagnato a Portogruaro, che era l’unica sede dove si potevano fare quegli esami. Alla fine degli esami, dato che la littorina ci avrebbe impiegato  tre/quattro ore, ci siamo messi d’accordo per tornare a casa a piedi. Sulla strada abbiamo trovato un carro trainato da due vacche. E lì siamo saliti.
Di Versuta non si finirebbe mai di parlare. Tante volte, in molti punti dei film di Pasolini, in cui spesso la trama è tragica, spunta il bisogno della natura per così dire incontaminata, della natura che guarda se stessa, che non ha altro fine che essere natura.
Ecco, indirettamente, lì è rappresentata Versuta.

*Foto in copertina: © Elio Ciol