Maurizio Cucchi, poeta “scoperto” da  PPP nel 1974

Maurizio Cucchi, uno dei poeti più originali del secondo Novecento, ha esordito negli anni Settanta con una plaquette pagata in proprio a tiratura limitata, con poesie edite su “Paragone”, “Nuovi Argomenti” e ’”Almanacco dello Specchio” Mondadori, fino al battesimo compiuto con la prima raccolta Il disperso del 1976 per Mondadori. Fu Pasolini a salutarlo come una rivelazione in una recensione dell’“Almanacco” uscita sul “Corriere della Sera” del 1974, cui nel frattempo la morte dell’autorevole  cantore di Casarsa impedì di far seguire un incontro diretto tra i due. A distanza di 40 anni Cucchi rievoca ancora quell’episodio, che gli valse da decisivo incoraggiamento, in un dialogo con Paolo Romano che lo ha intervistato a Salerno dove è stata presentata l’antologia completa delle sue opere in versi recentemente edita da Mondadori. Un’occasione anche per parlare dello stato della letteratura italiana contemporanea, con la sua crisi di idee, secondo Cucchi, soprattutto per la produzione in prosa (af)

Maurizio Cucchi e PPP
intervista di Paolo Romano

http://lacittadisalerno.gelocal.it – 22 maggio 2016

Sin. dai suoi esordi negli anni ’60, Maurizio Cucchi è stato considerato un poeta “di razza” ed i suoi libri hanno incontrato un crescente favore di pubblico e critica. Esce ora per Mondadori l’Oscar che raccoglie tutte le poesie di Cucchi: “1963-2015”. Dopo le anticipazioni al Salone del Libro di Torino, il volume è stato presentato l’altra sera (22 maggio 2016, ndr.) alla Casa della poesia di Baronissi, in un incontro moderato da Francesco Napoli.

Maurizio Cucchi
Maurizio Cucchi

Cucchi come definirebbe questa antologia?
Non ci sono solo tutte le poesie, persino le prime, ma anche la mia vita, perché ho avuto la sfacciataggine di recuperare un mio testo inedito del ’63, quando avevo appena 18 anni. Fa piacere vedere documentato questo percorso.

Lei esordì giovanissimo. Cosa disse Pier Paolo Pasolini all’apparire della sua prima silloge di poesie nell’Almanacco dello Specchio Mondadori?
Strano a dirsi ma Pasolini non l’ho mai conosciuto di persona. Eppure fu lui a decretare la mia fortuna, perché parlò bene di me in una temutissima pagella di stroncature celebri in cui esprimeva giudizi sui singoli autori dell’Almanacco. Accanto a me c’erano tanti mostri sacri del tempo…

Come la giudicò?
Di me disse che ero uno dei pochi che scriveva cose interessanti. Poche parole, per ciascuno, metteva un giudizio sintetico, talvolta anche solo un no. Io lessi per caso su un giornale il pagellino e sobbalzai. Per prima cosa telefonai a mia madre che non se ne fregava più di tanto della mia attività poetica.

Cosa è cambiato da allora nel rapporto tra i giovani e la poesia?
Non sono uno di quelli che rimpiange il passato, ma oggi è molto diverso. Ai miei tempi si discuteva, anche troppo. Fumose discussioni dove spesso non si arrivava a nulla. Ma almeno ci si confrontava e si mettevano in discussione anche autori importanti. Ci permettevamo di criticare per contenuti e stile persino nomi come Bassani, Sereni, Piovene. Ma allo stato attuale non è nella poesia il vero problema.

E dov’è?
Nella prosa. Se ne ha una bassissima concezione. Basta guardare certi libri che si pubblicano. A volte è pura robaccia, segno che si accetta una definizione piuttosto banale della scrittura. E’ svanito quasi del tutto il nostro rapporto diretto con il mondo e con le cose. Sono davvero poche le occasione di confronto diretto. Tutto appare mediato.

Come autore di una singolare guida poetica di Milano ritiene ancora possibile attraversare le nostre città con uno sguardo lirico?
Per me sì, visto che ancora oggi me ne vado continuamente in giro a piedi ad osservare tutto ciò che mi circonda. Non ho neanche la patente, quindi mi risulta molto più facile. Non posso farne a meno: guardo intorno, guardo le persone, le cose, i cambiamenti. Questi ultimi non sempre mi piacciono. Ma continuo il mio impegno di indagatore, di osservatore curioso.

La poesia come introspezione geografica del circostante?
Di conoscere me stesso non mi importa, mi conosco fin troppo, mi basta. Penso che sia molto più interessante conoscere il mondo che conoscere se stessi. Poeta o non poeta tutti dovrebbero farlo, invece di lamentarsi solo del fatto che la città è brutta, è grigia. Non sanno niente del loro tessuto urbano. A Milano puoi trovare qualcuno che è stato alle Maldive ma non è mai andato a Sant’Ambrogio.

Quarant’anni dalla morte di Alfonso Gatto: cosa pensa della sua poesia?
Ne penso molto bene. Quando ero ragazzo incontrai per la prima volta i suoi versi in una antologia della scuola. Dovrebbe avere un’attenzione maggiore di quella che ha avuto. Lo considero uno dei maestri della poesia italiana del Novecento. Il suo era un dono naturale, trasformava in poesia tutto ciò che toccava e poi ha saputo attraversare i cambiamenti. E’ stato espressione dell’Ermetismo ma ha saputo mutare il suo stile personalissimo.

Come valuta l’esperienza di Casa della poesia?
Mi piace l’idea di una dimora della Poesia in generale. Ma le case si valutano anche da chi le abita: questa di Baronissi mi pare ben organizzata con i suoi abitanti. Ho avuto già occasione di visitarla altre volte e ne conservo un giudizio positivo. Una Casa della poesia deve essere al servizio della Poesia e della cittadinanza, non al servizio dei poeti.


[info_box title=”Maurizio Cucchi” image=”” animate=””]nato a Milano, dove vive, il 20 settembre 1945, è consulente editoriale, traduttore e pubblicista. Collabora attualmente al quotidiano “La Stampa”. Direttore per due anni della rivista “Poesia” (1989-1991), ha tradotto dal francese opere di vari autori tra cui Stendhal, Flaubert, Lamartine, Villiers-de-I’Isle Adam, Valéry.
La poesia di Cucchi, così come le ultime prove narrative, aderiscono sempre a una realtà delle cose, un principio di appartenenza concreto che si manifesta in un continuo gioco di visione dall’interno e dall’esterno, una presenza che oscilla tra primi piani e campi lunghi, come una macchina da presa che riesce a cogliere perfettamente il dettaglio e spostarsi successivamente in uno sguardo d’insieme, di stupore, di meraviglia. Attraverso una lingua viva e diretta, Cucchi racconta senza appesantimenti né retorica un mondo tutto umano dove l’uomo stesso vive perennemente tra la dimensione del sogno e quella della concretezza, restituendoci in modo consapevole un sentimento di adesione alla vita, di “bianco” e “nero”, e delle molteplici sfumature della percezione esistenziale.
Ha pubblicato, tra gli altri, questi libri di poesia: Il disperso (Mondadori 1976 e Guanda 1994), Le meraviglie dell’acqua (Mondadori 1980), Glenn (San Marco dei Giustiniani 1982. Premio Viareggio 1983), Donna del gioco (comprendente anche Glenn, Mondadori 1987), Poesia della fonte (Mondadori 1993. Premio Montale), L ‘ultimo viaggio di Glenn (Mondadori 1999), Poesie 1965-2000 (Mondadori, 2001), Per un secondo o un secolo (Mondadori, 2003), Jeanne d’Arc e il suo doppio (Guanda, 2008), Vite pulviscolari (Mondadori, 2009). Ha inoltre curato un’antologia di Poeti dell’Ottocento (Garzanti 1978), il Dizionario della poesia italiana (Mondadori 1983 e 1990), e, con Stefano Giovanardi, l’antologia Poeti italiani del secondo Novecento (Mondadori 1996). In prosa, i romanzi Il male è nelle cose (Mondadori, 2005), La traversata di Milano (Mondadori, 2007), La maschera ritratto (Mondadori, 2011), L’indifferenza dell’assassino (Guanda, 2012).
[fonte Wikipedia][/info_box]