La sfida intellettuale degli «Scritti corsari», di Roberto Carnero

25 settembre 2010, http://www.unita.it/, già in “pasolini.net”

La sfida intellettuale degli «Scritti corsari», il tentativo di dialogare con la borghesia italiana analizzandone lo smembramento dei valori, l’età del pane ed il «fascismo televisivo»: viaggio nelle acute profezie di PPP. Il tentativo di dialogare con la borghesia italiana analizzandone lo smembramento dei valori, l’età del pane ed il «fascismo televisivo»: viaggio nelle acute riflessioni di Pier Paolo Pasolini.

Nel 1964 esce un saggio di Umberto Eco destinato a diventare celeberrimo. Si intitola Apocalittici e integrati e definisce, in relazione alle «comunicazioni di massa» e alle «teorie della cultura di massa» (come recita il sottotitolo), i due tipi di atteggiamento che l’intellettuale tende alternativamente ad assumere. Gli «integrati» sono coloro che valorizzano gli aspetti positivi della nuova realtà (la democratizzazione della comunicazione, l’accesso alla cultura consentito a gruppi sociali che prima ne erano esclusi, l’abbassamento del costo economico dei prodotti culturali, ecc.). Gli «apocalittici» sono invece coloro che evidenziano i risvolti negativi di tale situazione.
Ebbene, nell’ultima fase della produzione di Pier Paolo Pasolini (che sarebbe scomparso nel 1975), si riscontra, quasi ‘da manuale’, una fortissima insistenza proprio sulla negatività della moderna società dei consumi con tutti i suoi strumenti di comunicazione (e, per Pasolini, di manipolazione delle coscienze). Un degrado totale dell’intelligenza e dei valori autentici, da cui all’autore sembra che non ci sia via d’uscita. Da qui i toni cupi e disperati che caratterizzano i suoi ultimi lavori: l’ultima raccolta poetica, Trasumanar e organizzar; il film Salò (uscito nelle sale postumo); il romanzo incompiuto Petrolio.
Ma è negli Scritti corsari (il volume che raccoglie interventi giornalistici, pubblicati, per lo più dal Corriere della Sera, tra il 1973 e il 1975) che tutti questi temi trovano un riepilogo lucido e impietoso. Con elementi di previsione e vera e propria profezia su quanto sarebbe accaduto negli anni e nei decenni successivi, fino ad oggi, tanto da farne un libro di cui bisognerebbe proporre la lettura nelle scuole. Quasi una ‘summa’ del pensiero dell’ultimo Pasolini: un pensiero amaro e negativo.

Un-paese-senza-memoria

Contro la borghesia

Il fatto che Pasolini in quegli anni scriva sul Corriere della Sera non è privo di significato. Il quotidiano milanese è infatti, per eccellenza, il giornale della borghesia italiana. Pasolini detesta e contesta con tutto se stesso la borghesia. Ora, il fatto che decida di scrivere non sull’Unità, letto da studenti, operai, militanti del Pci, ma sul quotidiano di via Solferino vuol dire che egli intende parlare alla borghesia, dirle qualcosa, magari con un tono polemico e aggressivo. In ogni caso intende confrontarsi con essa, sebbene per esprimere tutto il proprio dissenso e tutta la propria distanza.
Negli Scritti corsari Pasolini affronta vari argomenti: dalla politica ai mass media, dalla religione alla contestazione giovanile. Tutti però ruotano attorno a quella che egli chiama la «rivoluzione antropologica» che ha cambiato negli ultimi anni (dal boom economico in poi) la società italiana.
A partire dallo slogan pubblicitario dei jeans Jesus («Non avrai altri jeans all’infuori di me») Pasolini analizza la scristianizzazione del nostro Paese, pervaso ormai da una ‘religione dei consumi’ che può permettersi di parodiare, in chiave apertamente blasfema, il primo dei dieci comandamenti. Il potere dei consumi esercita infatti sulle coscienze un potere coercitivo e omologante ben superiore a quello esercitato dalla dittatura fascista: «Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi». A questo si è arrivati grazie al ruolo decisivo della televisione e della pubblicità nell`imporre a tutti determinati modelli di comportamento. E a quest’ultimo proposito aggiunge: «Non c’è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il fascismo mussoliniano non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l`anima del popolo italiano: il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l`ha scalfita, ma l’ha lacerata, violata, bruttata per sempre».

La polemica con Calvino

Da qui l’accusa mossa a Pasolini di passatismo, cioè di rimpiangere una mitica ‘età dell’oro’, secondo il vieto luogo comune del ‘si stava meglio quando si stava peggio’. Ma questo significa semplificare la posizione pasoliniana. Egli stesso si ribella a una riduzione un po’ macchiettistica del suo pensiero. Su questo punto risponde piccato a Italo Calvino, che lo aveva accusato di «rimpiangere l’Italietta» del ventennio fascista, un’Italia quanto mai piccolo-borghese, provinciale e repressiva, soprattutto nei confronti di chi era diverso, non conformista, (e magari, come lui, omosessuale).

Quello che Pasolini dice di rimpiangere è invece il mondo contadino, di cui spiega in cosa consiste, a suo avviso, la peculiarità: «Gli uomini di questo universo non vivevano un’età dell’oro, come non erano coinvolti, se non formalmente con l’Italietta. Essi vivevano l’età del pane. Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse, che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita».

[info_box title=”Roberto Carnero” image=”” animate=””]Insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università degli Studi di Milano. È autore dei volumi Guido Gozzano esotico (De Rubeis 1996), Lo spazio emozionale. Guida alla lettura di Pier Vittorio Tondelli (Interlinea 1998), Silvio D’Arzo. Un bilancio critico (Interlinea 2002) e Under 40. I giovani nella nuova narrativa italiana (Bruno Mondadori 2010). Ha curato la raccolta di saggi Letteratura di frontiera: il Piemonte Orientale (Mercurio 2004), Essi pensano ad altro di Silvio D’Arzo (Bompiani 2002), Una nobile follia di Igino Ugo Tarchetti (Mondadori 2004), Verso la cuna del mondo (Bompiani 2008) e La pecorina di gesso (Interlinea 2009) di Guido Gozzano, le antologie Felicità e malinconia. Gozzano e i Crepuscolari (Baldini Castoldi Dalai 2006), La poesia scapigliata (Bur 2007) e La nuova narrativa italiana dagli anni Ottanta a oggi (Principato 2009). Collabora con l’Istituto dell’Enciclopedia Italiana e con varie testate, tra cui “l’Unità” e “Famiglia Cristiana”.[/info_box]