La guerra

Casarsa 1945: sulla sinistra Casa Colussi dopo i bombardamenti.

Nel 1943 le vicissitudini causate dalla guerra, la prigionia del padre in Africa e l’inaspettata chiamata di Pier Paolo alle armi, una settimana prima dell’armistizio dell’otto settembre, portano la famiglia Pasolini, Susanna e i due figli, a trasferirsi stabilmente a Casarsa. Sono anni difficili per la comunità casarsese coinvolta nelle crudeltà della guerra, vista l’importanza del nodo ferroviario e del vicino Ponte della Delizia, sul fiume Tagliamento, che costituiscono gli obiettivi primari dell’aviazione degli Alleati. In questi anni, che vedono il triste e veloce evolversi degli eventi bellici, attorno al giovane poeta si consolida un gruppo di amici letterati: Pina Kalc, violinista slovena sfollata a Casarsa, il pittore Federico De Rocco, Riccardo Castellani, Cesare Bortotto, il cugino Nico Naldini. Si profila così quella che sarà la futura Academiuta di lenga furlana.
Nel mese di aprile del 1944 esce il primo Stroligut di ca da l’aga (piccolo almanacco al di qua del fiume, il Tagliamento), una rivista letteraria scritta nel friulano parlato a Casarsa, che accoglie prose, versi, cronache poetiche di avvenimenti quotidiani, e i primi articoli di critica letteraria che fanno subito parlare il piccolo ambiente filologico friulano. Nel mese di agosto dello stesso anno esce il secondo numero della rivista friulana. Nel numero di aprile Pasolini pubblica un breve ma importante saggio, dal titolo Dialet, lenga e stil, in cui, rivolgendosi ai paesani casarsesi, spiega loro come il dialetto, oltre ad essere originariamente strumento di comunicazione quotidiana, possa diventare espressione scritta di sentimenti e di passioni, di concetti elevati e difficili. Nel momento in cui qualcuno scrive in quel dialetto, in prosa o in poesia, può iniziare quel confronto con la storia e con la tradizione che conferisce ai dialetti la dignità che è propria delle lingue. Per Pasolini questo passaggio è possibile solo con la presenza di scrittori capaci di dare al dialetto un’impronta personale, di creare uno stile, un segno interiore, individuale, unico.

Quant ch’i parlais, i ciacarais, i sigais tra di vualtris, i doprais chel dialet ch’i veis imparat da vustra mari, da vustri pari e dai vustri vecius. […] Nisun di vualtris al savares scrivulu, chistu dialet, e squasi squasi nencia lesilu. Ma intant lui al è vif, e se vif!, ta li vustri bocis, tai lavris da li zovinutis, tai stomis dai fantas, e al suna alegramenti di braida in braida, di ciamp in ciamp. […] La lenga a sares cussì un dialet scrit e doprat par esprimi i sintimins pì als e segres dal cour. […] Purtrop però il Friul, par tantis mai rasons, a no ’l à vut in nisun timp un grant poeta c’al ciantàs ta la so lenga e a ghi des splendour e renomansa. […]A vegnarà ben il dì che il Friul al si inecuarzarà di vei na storia, un passat, na tradision!
(P.P. Pasolini, Dialet, lenga, stil, in «Stroligut di cà da l’aga» (aprile 1944), ora in Saggi sulla letteratura e sull’arte, Mondadori, Milano, 1999, vol. I, pp. 63-64)

[idea]Traduzione:
Quando parlate, chiacchierate, gridate tra di voi, adoperate quel dialetto che avete imparato da vostra madre, da vostro padre e dai vostri vecchi. […] Nessuno di voi saprebbe scriverlo, questo dialetto, e, quasi quasi, neanche leggerlo. Ma intanto lui è vivo, e come vivo!, nelle vostre bocche, nelle labbra dei giovinetti, nei petti dei giovanotti, e suona allegramente di prato in prato, di campo in campo. […] La lingua sarebbe così un dialetto scritto e adoperato per esprimere i sentimenti più alti e segreti del cuore. […] Purtroppo però il Friuli, per tante mai ragioni, non ha avuto in nessun tempo un gran poeta che cantasse nella sua lingua e che gli desse splendore e rinomanza. […] Verrà bene il giorno in cui il Friuli si accorgerà di avere una storia, un passato, una tradizione![/idea]

 

In questo contesto campestre, friulano, fioriscono numerose altre attività culturali, come gli spetaculùs, piccoli spettacoli teatrali, che denotano una precoce attitudine di Pasolini all’ideazione e all’organizzazione di semplici opere teatrali, e che costituiscono verosimilmente un’anticipazione del più maturo impegno drammaturgico. La cornice storica in cui si svolgono le giovani attività teatrali pasoliniane è offuscata dalla guerra. Nel settembre 1944 e nel marzo 1945 Casarsa è bombardata ripetutamente e Pasolini ci regala una drammatica descrizione del bombardamento avvenuto nella notte tra il 4 e il 5 marzo 1945, nel romanzo friulano Atti impuri.

La stazione di Castiglione non distava in linea d’aria che un chilometro e mezzo. Il bombardamento, di quattro ondate successive, durò circa un quarto d’ora. Poi gli apparecchi si allontanarono, si vide a poco a poco spegnersi l’accecante lume dell’eterno, e ci decidemmo finalmente ad uscire dalla stalla, mentre gli ultimi razzi rosseggiavano per i campi. Il mondo intorno pareva sconvolto. Ma nulla, prima e ora, era paragonabile allo spettacolo che ci comparve davanti agli occhi, quando, saliti sul fienile, aprimmo la finestra che dava a settentrione, verso Castiglione. Un muro di fiamme occupava l’orizzonte per quanto era lungo il paese. Tutto il cielo e la pianura erano riverberati da quell’incendio rosso cupo, tempestoso come un mare.
(P.P. Pasolini, Atti impuri (1947-50), postumo (1982), Milano, 1998, vol. II, pp. 78-79)

Casarsa, Chiesa di Santa Croce dopo un bombardamento aereo.