Delitti Mattei e Pasolini legati da un filo nero: intervista a Giuseppe Lo Bianco, di Federico Conforto

Delitti Mattei e Pasolini legati da un filo nero: intervista a Giuseppe Lo Bianco

di Federico Conforto
25 aprile 2013 – http://www.antimafiaduemila.com/

Chi è Giuseppe Lo Bianco e perché “riesuma” in Profondo nero, mi si passi il termine, defunti eccellenti quali il poeta Pier Paolo Pasolini e il presidente dell’ ENI Enrico Mattei?
Sono un cronista e da trent’anni seguo la cronaca giudiziaria in Sicilia, e a Palermo in particolare. Alla fine degli anni ’90 mi incuriosirono molto le conclusioni del pm di Pavia Vincenzo Calia sulla morte di Mattei, visto che per la prima volta il magistrato era giunto ad ipotizzare l’esistenza di un attentato, e ciò avrebbe consentito di leggere in modo completamente diverso una parte importante della storia di questo Paese. Successivamente, nel 2008, su uno scaffale di una libreria in largo Chigi, a Roma, trovai un volumetto giallo, Il Petrolio delle stragi, scritto dal poeta Gianni D’Elia, studioso di Pasolini: legava la morte dello scrittore e regista a quella di Mattei sulla base di un ragionamento logico, seguito alle conclusioni dell’inchiesta di Pavia e fondato su considerazioni che condividevo in pieno. Comprai il libro e lo lessi d’un fiato in un pomeriggio: pensai che avrei potuto approfondire il tema utilizzando gli strumenti del giornalismo d’inchiesta. Nacque cosi Profondo Nero, scritto a due mani con la collega Sandra Rizza, con cui avevo già scritto altri libri, dal Gioco Grande – Ipotesi su Provenzano all’Agenda rossa di Paolo Borsellino. Perché riesumiamo due defunti eccellenti? Per raccontare un pezzo di storia occulta, ancora sottotraccia, e per fare conoscere le biografie di due uomini come Mattei e Pasolini, che nell’ambito dei rispettivi settori, imprenditoria pubblica e cultura, avrebbero potuto imprimere una svolta positiva alla democrazia italiana.

Qual è la sottile e invisibile ragnatela che avvinghia il delitto Pasolini nella notte tra l’1 e il 2 novembre del 75 , l’ assassinio Mattei e l ‘eversione politica degli utimi 30 anni in Italia?
L’ipotesi di Profondo Nero è che i delitti Mattei e Pasolini siano legati da un filo nero che passa dagli affari illeciti dell’Eni dell’epoca, che fu per anni il principale incubatore del finanziamento della politica attorno a cui ruotavano esponenti dei servizi segreti dell’epoca, a volte di provata fedeltà altlantica. Entrambi i delitti sono stati segnati da depistaggi, omissioni, sottovalutazioni di indizi e di prove finalizzati a raggiungere una verità storica ‘’tranquillizzante’’: il banale incidente aereo, nel caso di Mattei, la ‘’lite tra froci’’ finita nel sangue, nel caso di Pasolini. Due verità giudiziarie oggi messe profondamente in discussione.

Quale correlazione ha “scovato ” tra ENI , colosso dell industria petrolifera, il problema attuale delle scarse riserve energetiche e il delitto Pasolini?
Nel suo romanzo Petrolio Pasolini aveva ricostruito fedelmente la mappa delle società private e le trame di Eugenio Cefis, potente vice-presidente dell’Eni che dopo l’attentato di Bascapè prenderà’ il posto di Mattei. Con la scarsità delle risorse energetiche non mi sembra vi siano particolari correlazioni.
Enrico Mattei, il potente presidente dell’ENI, precipitò con il suo aereo la sera del 27 ottobre 1962 e questo “sancì” forse l’inizio del terrorismo in Italia, evento che Amintore Fanfani seppe analizzare “Forse l’abbattimento dell’aereo di Mattei è stato il primo gesto terroristico nel nostro Paese.” (Amintore Fanfani)
A mio avviso con l’omicidio Mattei un parte della classe dirigente italiana che non si era ancora rassegnata alla democrazia costituzionale ha voluto poggiare sul tavolo della politica una pistola fumante: l’inizio di una stagione fittiziamente eversiva ma in realtà profondamente stabilizzante degli assetti di potere dell’epoca e utile a qualcuno per guadagnare spazi politici sotto l’ombrello della violenza legalizzata dal patto Atlantico.

Nel romanzo Petrolio Pasolini denunciava il filo sottile che univa la strategia della tensione al controllo delle risorse energetiche, denuncia che il poeta stesso aveva raccontato in un famoso articolo sul «Corriere della Sera». Quali fonti lei ha utilizzato per dimostrare con rigore scientifico questo intreccio che sfociò nei sanguinosi fatti eversivi inscritti in una cornice antidemocratica?
Abbiamo utilizzato innanzitutto le carte giudiziarie del processo di Pavia, che ha riscritto la verità giudiziaria sulla morte di Mattei, per oltre 40 anni attribuita ad un banale incidente aereo. E poi gli atti del processo De Mauro, quelli del processo a Pino Pelosi, la successiva richiesta di archiviazione dell’omicidio Pasolini. E infine articoli dell’epoca, il libro Petrolio e interviste ai protagonisti.

Con quale certosina abilità è riuscito a ricostruire fatti e documenti, più volte insabbiati ed occultati, mettendo in relazione i tasselli di questa “intricata” storia italiana?
Con quale abilità non devo essere io a dirlo. Mi sono solo reso conto che in quelle carte processuali c’è il genogramma dei misteri italiani, visto che scendendo giù per i rami di questo albero genealogico dei depistaggi troviamo spesso gli stessi nomi e le stesse dinamiche che hanno occultato la verità per decenni non solo sull’attentato a Mattei ma su numerosi misteri italiani. Petrolio e servizi segreti hanno sempre viaggiato in un intreccio strettissimo: sono capitali e potere che si spostano e che muovendosi lasciano spesso una scia di morti e feriti a seconda che sul campo sono vincenti o perdenti.

Erano gli anni settanta e Pasolini fu barbaramente assassinato. Enrico Mattei, il presidente dell’Eni che coraggiosamente sfidò le compagnie petrolifere internazionali era già morto. Quanto influì sull assassinio del poeta l ‘articolo che lui stesso scrisse sul «Corriere della Sera» (Cos’è questo golpe)?
Penso che fu un primo, importante, campanello d’allarme per chi seguiva l’attività del Pasolini editorialista. Scriveva dalla prima pagina del «Corriere della Sera», il quotidiano della borghesia lombarda, il giornale per eccellenza dei ‘’moderati’’: la sua voce risuonava chiara e forte nell’Italia degli anni ’70. L’annunciata stesura di Petrolio ha sicuramente rafforzato quell’allarme.

Di quali misteri era a venuto a conoscenza il giornalista de «L’ORA» Mauro De Mauro , tali da giustificare la sua misteriosa sparizione “nel nulla” a Palermo?
La tesi della sentenza di Palermo è che fosse venuto a conoscenza dei segreti legati al delitto di Enrico Mattei e stesse per affidarli al regista Francesco Rosi attraverso un senatore democristiano, Graziano Verzotto, adesso morto, che lo avrebbe tradito consegnandolo alla mafia il giorno stesso della sua scomparsa. Quale che sia la verità sugli ultimi momenti di De Mauro, resta valida l’intuizione di Sciascia: ‘’disse la cosa giusta all’uomo sbagliato e la cosa sbagliata all’uomo giusto’’.

Torniamo all’assassinio di Pasolini: durante il processo all ‘assassino Pelosi nel ’76 , il poeta fu descritto come il rapace molestatore di minorenni disperati. Questa versione ufficiale cosa celava invece? In quale equilibrio contestuale si collocava perfettamente?
La versione della ‘’lite tra froci’’ rassicurava l’Italia benpensante e offriva il ‘’delitto perfetto’’, impedendo ulteriori indagini. In quegli anni a Roma l’adesione alla loggia P2 di funzionari di polizia e ufficiali dei carabinieri non era certo un’eccezione. Il tribunale per i minorenni parlò di delitto commesso da Pelosi ‘’in concorso con ignoti’’, ma la procura generale appellò quella motivazione per cancellare ogni sospetto di una narrazione diversa dal delitto tra omosessuali. Oggi possiamo ritenere con sufficiente certezza che Pelosi non era solo, che Pasolini fu ucciso in un agguato organizzato a tavolino e che le indagini vennero consapevolmente depistate.

Molti libri negli ultimi decenni hanno tentato di fare luce sui numerosi misteri d’Italia, raccontando di logge e stato nello stato, servizi segreti deviati e trame di potere, di esponenti del mondo politico prezzolati da forze eversive. Il suo libro quale contributo apporta alla verità?
Profondo Nero cerca di offrire al lettore una chiave per decifrare la storia italiana di questi anni, raccontando tre delitti avvenuti in un arco di tempo di 13 anni che ancora oggi, probabilmente, fanno da sfondo all’eterno gioco del potere che si sviluppa tra patti e ricatti inconfessabili nei retrobottega istituzionali di una democrazia largamente incompiuta.