“Accattone” in libreria. Intervista ai curatori De Giusti e Chiesi

E’ stato presentato da poco a Pordenonelegge, per la precisione il 16 settembre 2015, il volume Accattone. L’esordio di Pier Paolo Pasolini raccontato dai documenti, pubblicato in cordata editoriale da Cineteca di Bologna e Cinemazero di Pordenone, in collaborazione con i due Centri Studi Pasolini di Bologna e di Casarsa. Scritto a due mani da Luciano De Giusti e Roberto Chiesi, è il primo numero della collana “Pier Paolo Pasolini. Un cinema di poesia”, un ambizioso progetto di monografie dedicate ai film di Pasolini e un progetto editoriale che ambisce a consegnare al lettore per la prima volta l’intera complessità dei materiali di ciascuna pellicola.
A parlarne sono gli stessi curatori in un’intervista di Gabriele Giuga, apparsa sul “Messaggero Veneto” del 16 settembre.

Il cinema ritrovato di Pasolini: “Accattone”
di Gabriele Giuga

www.messaggeroveneto.gelocal.it -16 settembre 2015 

De Giusti, come è nata l’idea di questo progetto?
L’idea è nata in Friuli, tra Cinemazero e il Centro Studi di Casarsa; poi, dato che l’impresa è diventata consistente, i materiali raccolti sono diventati tanti. Allora abbiamo allargato la partecipazione anche all’altro ente pasoliniano, cioè l’Archivio Pasolini di Bologna che fa capo alla Cineteca di Bologna, ed è per questo che il volume è pubblicato con il doppio marchio di Pordenone e di Bologna.
L’idea di partenza ha quindi radici friulane ed è stata quella di raccogliere tutto ciò che c’è di interessante su ogni film di Pasolini, a cominciare, per l’appunto, dal primo film d’esordio che è Accattone del 1961. Ci è sembrato anche un modo degno di ricordare Pier Paolo Pasolini a quarant’anni dalla morte, quello cioè di cominciare un lavoro di scavo e di raccolta documentale intorno alle sue opere, un modo per celebrarlo in modo serio e filologico.

"Accattone". Copertina
“Accattone”. Copertina

Emerge qualche aspetto nuovo da questa raccolta, per la prima volta così completa e sistematica?
Dal documento inedito emerge quanto Pasolini avesse chiara già dall’origine l’idea del film. Tutti questi documenti delineano, però, in maniera più precisa di quanto non si potesse fare prima la figura di Pasolini, soprattutto per il modo in cui lui ha affrontato il passaggio dalla letteratura al cinema e le modalità e lo spirito con cui ha realizzato la sua prima opera. Un lavoro che permette di cogliere lo spirito del tempo nella sua completezza.

Ci anticipa qualche curiosità sui materiali?
Oltre alle interviste fatte a Parigi, per la prima volta presenti in traduzione italiana, in occasione della prima uscita di Accattone, ci sono gli schizzi che Pasolini si faceva a casa nei giorni precedenti, spesso la sera prima delle sequenze che avrebbe dovuto girare il giorno dopo. Sono un esempio dello scrupolo di Pasolini, sicuramente dettato dal fatto di essere alla sua prima esperienza cinematografica e alla voglia di essere preparato sul set. Così si faceva un disegnetto, metteva in fianco la battuta, si segnava quale potesse essere l’inquadratura, la figura intera o la panoramica. C’era in lui una certa ansia, quella del neofita che si trova a dirigere una troupe con i tecnici che si aspettano indicazioni precise, non approssimative.

Anche le foto dei sopralluoghi sono stupefacenti – precisa Roberto Chiesi – e, anche se alcune sono già state pubblicate, nel volume sono proposte con un’analisi che permette di cogliere la lucidità dell’idea di cinema di Pasolini. Quelle di Franco Citti, per esempio, ma soprattutto di Adele Cambria, già immaginata nelle posture della Nannina che avrebbe avuto nel film. Lei che era una giornalista e scrittrice appartenente a un mondo totalmente diverso rispetto a quello dei papponi e delle prostitute di Accattone.
Ecco, nel volume emerge la forte connotazione visiva e narrativa di Pasolini, capace di trovare il sacro nell’infimo.

Franco Citti in "Accattone"
Franco Citti in “Accattone”