La ritrattazione di Pelosi. I commenti dell'”Arcigay” (maggio 2005)

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Fondo Angela Molteni

La vita

Nel maggio 2005, a seguito della ritrattazione di Pino Pelosi circa il suo ruolo solitario nel delitto Pasolini, anche l'”Arcigay” prese posizione, sollevando dubbi e sottolineando la necessità di fare chiarezza, sia pure a trent’anni di distanza, sul mistero di quella morte. In prima linea contro l’omofobia fu anche il senatore Guido Calvi, avvocato di parte civile nel processo per il delitto Pasolini e da sempre convinto sostenitore della matrice politica dell’omicidio avvenuto all’Idroscalo di Ostia.

Delitto Pasolini, le confessioni di Pelosi rilanciano sospetti di sempre
di Franco Grillini

“Arcigay” – 7 maggio 2005

Che un 17enne da solo non potesse uccidere un uomo forte e in piena salute come Pier Paolo Pasolini era cosa ovvia prima ancora che nota. Che l’omicidio sia stato commesso in “concorso con altri” lo dice persino la prima sentenza del tribunale che ha condannato Pelosi stesso. D’altra parte il delitto Pasolini è l’archetipo della violenza che da sempre colpisce gli omosessuali. Nella sola città di Roma sono 150 gli “omicidi” ai danni di gay di ogni classe sociale negli utili 15 anni. Molti di questi delitti sono stati risolti, di molti i colpevoli sono ancora in libertà, come, probabilmente, gli autori di quell’omicidio che nella notte dal 2 novembre 1975 tolse la vita in modo barbaro ad una delle più importanti voci della cultura italiana del ‘900.
Molti sostennero che c’era una pista politica di estrema destra nell’assassinio di Pasolini, ma è una tesi che non ha avuto finora riscontri probatori e che non è mai stata molto convincente. Più semplicemente vale per Pasolini quello che è successo a molti altri gay: alcuni ragazzi di vita colti da un raptus omicida non predeterminato, o che volevano dare una “lezione” ad un gay che li frequentava, hanno finito per uccidere il compagno di una serata.
La riapertura della discussione attorno alla morte di Pasolini dovrebbe essere l’occasione, anche per tanta parte del mondo politico e culturale italiano, per riflettere sul fatto che nel nostro paese si poteva, e ancora succede, morire perché si era e si è omosessuale.

Massimo Consoli: “Pelosi non sa più cosa inventarsi”

“Arcigay” – 7 maggio 2005

«Sono passati 30 anni dall’ uccisione di Pasolini e lui solo ora si decide a dire la verità?»’. Lo ha detto Massimo Consoli, amico di Pier Paolo Pasolini e uno tra i fondatori del movimento gay in Italia, commentando le dichiarazioni di Pino Pelosi sulla morte del regista e scrittore.
«Qual è la verità? – continua Consoli – Pelosi dice che sono stati altri ad uccidere Pier Paolo, ma non dice chi. Si sta inventando una nuova storia per dimostrare che esiste ancora, che non è una persona inutile».
Dire ”parolacce” e tirare ”calci” sono le prime cose che Consoli dice avrebbe voluto fare non appena avuta notizia delle dichiarazioni di Pelosi. Poi, la sua riflessione è su Pasolini.
«Nel 1975 – ha detto – dissi che con Pier Paolo si era chiusa un’epoca. Adesso dico che da allora il mondo è cambiato in peggio. Pasolini è stato ed è lo spartiacque, e probabilmente ci si accorgerà di questo in futuro».
Pelosi «ha fatto una cosa orrenda 30 anni fa – ha concluso Consoli – perché ha ammazzato un personaggio che ci ha fatto conoscere in tutto il mondo, che ci ha dato una coscienza come italiani. L’assassino è assassino e basta. Ora Pelosi avrebbe fatto meglio a stare zitto, e magari fare un bilancio della sua vita. C’ è un titolo da film che potrebbe essere il più giusto: 47, morto che parla. Pelosi oggi riesce fuori. Ma da dove? Dall’ oltretomba?».

Guido Calvi
Guido Calvi

Chi ha ucciso Pasolini. Intervista a Guido Calvi
di Mario Cirrito

“Arcigay” – 10 maggio 2005

Quel “fagotto”’ straziato di sangue e violenza, trovato da una donna alle prime ore del 2 novembre 1975, resti esanimi del corpo di Pier Paolo Pasolini, torna ai nostri occhi, alla nostra ribellione, dopo una nuova verità di Pino Pelosi in Tv.
«Non sono stato io a uccidere ma tre sconosciuti con accenti marcatamente meridionali», dichiara l’ex ragazzo di vita. Poi spiega i silenzi, gli anni di carcere, le minacce; basisce gli avvocati Guido Calvi e Nino Marazzita, presenti in studio. In qualche maniera, Pelosi torna a trascinarci nell’Italia delle trame e dei misteri, studiati e messi in pratica da servizi deviati dello Stato. L’uomo dal trentennale silenzio apre un vaso di Pandora dove, forse, potrebbe esserci di tutto.

Senatore Guido Calvi, lei conosceva Pasolini?
Sì, lo conoscevo benissimo. Quando ero studente universitario, negli anni ’60, organizzai una serie di conferenze e invitai anche Pasolini per parlare di letteratura e cinema. Quella sera lui venne alla Casa della Cultura e fu immediatamente aggredito da un gruppo di fascisti. Fu lui stesso a inseguirli mentre la polizia rimaneva inerte a guardare. Fu così che vidi per la prima volta Pier Paolo.

Che verità sono le due versioni, a distanza di anni, del Pelosi?
Una è falsa e una è vera. L’ultima ha confermato quanto abbiamo sostenuto nella memoria conclusiva e quanto da me detto nell’arringa finale. Infatti il primo giudizio condannò Pelosi per omicidio volontario in concorso con ignoti.

Si è detto di un incontro, la sera del 1 novembre ’75, tra Pasolini e ignoti per il furto del film Salò.
Citti ha lanciato questa idea che non è irragionevole. Io processualmente sto agli atti. Si deve partire dal fatto che sul luogo c’erano altre persone; dalle parole pronunciate si evince che fu un’aggressione politica, quasi identica a quella che negli anni ’30 colpì un altro grande poeta spagnolo, assassinato dai fascisti. Chiaro?

Chiarissimo.
Bene! L’omicidio politico è nel fatto che quella voce di Pier Paolo non doveva essere più sentita, per quello che diceva. Lui era isolato e in questo entra anche la questione della sessualità. In una cultura fascista, virilistica, omofobica, certamente necessitava punire Pier Paolo politicamente e anche perché era un omosessuale dichiarato. Era un obiettivo preciso di certi personaggi: è lì che bisogna cercare gli eventuali assassini.

Può ricordare ai tanti giovani omosessuali cos’era l’Italia dei tempi di Pasolini?
Un’Italia così terribile che, rileggendo i giornali dell’epoca, anch’io rimango sconcertato e mi domando come abbiamo fatto a superare quella stagione. Allora difendevo Valpreda nel processo di Piazza Fontana; in quegli anni il processo veniva continuamente interrotto, spostato e ancora interrotto. Nel ’74 c’era stata la strage di Brescia, poi quella dell’Italicus: c’era una aggressività della violenza fascista che era anche stragista e terrorista.

Vi erano anche terribili violenze sessuali.
Ha ragione. Dalla destra emergeva questa radicata cultura del virilismo e del combattere il diverso. Ecco allora le aggressioni a omosessuali, a Franca Rame, alle donne del Circeo dove al processo sostenni che la matrice culturale era nella inconfessabilità della loro latente omosessualità.

Violenze che hanno toccato gangli dello Stato se, nell’inchiesta di Guido Salvini sull’eversione nera, si parla di omosessualità usata come arma dall’Ufficio Affari Riservati del Ministero dell’Interno.
Certamente, basti pensare a quello che è successo nei Servizi che raccoglievano dossier sugli aspetti della sessualità di noti esponenti politici.

E ricattavano.
Erano i fascicoli Sifar che venivano utilizzati per ricatti politici.

Può entrarci l’ “affaire” Pasolini?
Credo proprio di sì, perché era questo il terreno culturale in cui nasceva quella violenza. Non dimentichiamo che Pasolini era attaccato da destra e da sinistra; solo che essendo il più grande intellettuale italiano del ‘900 reggeva benissimo la polemica.

Ci dia serenamente una valutazione sugli anni in cui il Pci non solo non difese Pasolini dalla terribile accusa di pedofilia ma lo cacciò a causa della sua omosessualità.
Il Pci era anch’esso immerso in questa cultura omofobica che avvolgeva tutti. Ci sono voluti “colpi mortali” per far morire quella cultura e devo dirle che anche oggi ci sono ancora questi segni di violenza sessuale, perché gli stati culturali sono sempre lenti a maturare. Perché dico che occorre far luce? Perché vuol dire capire il perché di quell’assassinio e perché ognuno di noi rifletta sulle ragioni di quella morte.

Quali sentimenti ha provato nel difendere la madre di Pasolini?
Quando si aprì il processo, la madre era ammalata e nessuno le disse quello che era accaduto a Pier Paolo. Io i rapporti li ebbi con la nipote Graziella, la parente più prossima a Pier Paolo.

Quali furono i maggiori errori nell’inchiesta. Si parlò di un carabiniere, Sansone, che fece dei nomi. 
Errori se ne fecero a iosa, ma io non credo che si debba trovare nella piccola criminalità comune la risposta. Non si uccide Pier Paolo Pasolini così: potrebbe essere la mano armata ma non vi è dubbio che il disegno era molto alto, se non addirittura istituzionale.

Cosa ha provato nel vedere con noi quelle foto del corpo massacrato di Pier Paolo?
Le ho viste una infinità di volte. Pensi: non avevano guardato le foto. Una notte Faustino Durante, il nostro perito, mi chiamò e corsi da lui perché aveva fatto una scoperta incredibile: vedemmo il corpo attraversato da pneumatici e così il Pelosi fu condannato.

Ci sarà una nuova indagine: come intende procedere?
Domani (oggi per chi legge) andrò dal Procuratore. Vediamo cosa e come possiamo muoverci.

Mi risponda da uomo di legge. Vi è possibilità per un’associazione omosessuale, tipo Arcigay, di costituirsi oggi parte civile?
Grande idea. A oggi, tecnicamente è difficile. Tuttavia, credo che il tentativo deve essere fatto. Poi, magari, respingeranno la costituzione di parte civile. Tenga conto che, in questa fase, non è possibile perché non ci sono imputati; ma se ci fossero si può fare. D’altronde le associazioni ecologiste fanno così in tanti casi.

Sarebbe un grande atto di testimonianza.
Certo, indubbiamente la questione che pone mi sembra estremamente interessante.

Che significato potrà avere oggi, sapere chi ha violato la vita di Pasolini?
Una importanza straordinaria. Occorre ripensare a quella fase storica del nostro Paese, scoprire quei lati lasciati volutamente oscuri. Non basta l’accertamento storico ma un accertamento giudiziario mi sembra importante.