“Mistero contadino” di Giacomo Trevisan. Presentazione

Un vero concorso di folla al Centro Studi Pasolini di Casarsa, dove venerdì 22 febbraio, in collaborazione con l’Associazione Pressacco e l’editrice Forum, è stato presentato il libro Mistero contadino. Tracce pasoliniane nelle ricerche di don Gilberto Pressacco,  scritto dal giovane studioso codroipese Giacomo Trevisan, al termine della capillare ricognizione della biblioteca del prete di Turrida, sorprendemente ricca di opere di e su Pasolini. Ha illustrato il significato e il valore di questa ricerca Remo Cacitti dell’Università di Milano, di cui qui di seguito pubblichiamo l’intervista apparsa al riguardo sul “Messaggero Veneto” del 13 febbraio. Al centro della riflessione è non solo l’asimmetrica convergenza tra Pasolini e Pressacco, ma anche la sensibilità pasoliniana verso il tema del sacro.

Una scena da "Gli Ultimi" di Vito Pandolfi e David Maria Turoldo (1962)
Una scena da “Gli Ultimi” di Vito Pandolfi e David Maria Turoldo (1962)

Pasolini e don Pressacco uniti da rusticitas e autonomismo

di Luciano Santin

www.messaggeroveneto.it – 13 febbraio 2013

Olle diverse, ma la stessa acqua, come nel Tagliamento. Con questa metafora Giacomo Trevisan apre il suo Mistero contadino. Tracce pasoliniane nelle ricerche di don Gilberto Pressacco: inserito nel Progetto Maqôr 2012, il libro è edito da Forum in collaborazione con l’Associazione don Gilberto Pressacco. Ha seguito il lavoro Remo Cacitti, docente di Letteratura e di Storia del Cristianesimo antico a Milano, che ne parla in questa intervista. Non è stato, il suo, un ruolo maieutico, sottolinea, semmai quello di un tutor che formula osservazioni nel pieno rispetto dell’autonomia dell’autore.

Pasolini e Pressacco, avverte Trevisan, sono personaggi diversi che vivono le stesse ansie e le stesse problematiche. Si può dire che camminino nella stessa direzione su percorsi diversi?
“E’ la tesi del libro. Al quale va fatta una premessa: il rapporto tra i due asimmetrico, perché Pressacco lesse, commentò, chiosò Pasolini, e non viceversa, per ovvie ragioni cronologiche. Quindi il tema va affrontato con cautela, come fa l’autore, che indaga e coglie le consonanze esistenti”.
Per entrambi c’è un tema centrale, la rusticitas …
Sì, o mistero contadino, come recita il titolo. Che in Pasolini è il cuore del sacro. Una sacralità dell’uomo nella natura che impronta il periodo di Casarsa: ciò che connota la vita nel villaggio è una sacralità diffusa, anche degli istinti, dell’eros”.
Pressacco ha qualche diffidenza verso San Paolo. Come Pasolini, che canta «la grava dal Tilimínt / là che tal so viàs no ‘l è mai rivà San Pauli » …
“Pasolini lo considera una figura disumanamente razionale, odiosa, dice, nel suo “organizzar” la Chiesa. Ma c’è anche il “trasumanar”, la figura debole, malata, ferita, probabilmente omofila. Nel lavoro preparatorio al film che avrebbe voluto realizzare su Paolo l’esegesi pasoliniana è un po’ debole, mentre quella sottesa al Vangelo secondo Matteo è più raffinata, grazie anche all’aiuto della Pro Civitate Christiana. Pressacco vede la Chiesa aquileiese erede della tradizione petrino-marciana, che è altro da quella paolina e che è arrivata via mare da Alessandria d’Egitto”.
Altro elemento in comune, una certa delusione nei confronti della Chiesa.
“Pasolini si definisce ateo, ma non lo è. Nega un Dio già morto nella Shoah e negli scritti di Dietrich Bonhoeffer. Nutre un integralismo teologico da cui scaturiscono un dolore e un odio verso la Chiesa diventata «lo spietato cuore dello Stato». Tutto sommato un sentimento di delusione è presente anche in Gilberto Pressacco, pur se declinato in maniera molto diversa”.
Ci sono visioni comuni sulla marilenghe e sulla musica.
“Per Pasolini il rapporto con il mistero contadino non può che passare attraverso la lingua. Pressacco non usa il friulano, ma ricerca ostinatamente termini e toponimi; ha studiato il folclore musicale e dato vita a cori, come Pasolini, che fondò quello dell’Academiuta. Entrambi nel canto friulano avevano colto quelle peculiarità che avevano portato Costantino Nigra a escluderlo dal corpus italiano”.
Poi c’è la danza. Con il ball sul breâr che sarebbe anch’esso di derivazione alessandrina …
“Qui il discorso è interessante e complesso. Basti pensare ai contributi di Pressacco sul Cantico di Myriam, con i due cori guidati al tamburello, tradizione che individua poi a Palazzolo, nel 1600. Se per Pasolini la danza è la più alta manifestazione della corporeità, in qualche modo anche per don Gilberto diventa l’esposizione delle fibre più recondite della religiosità friulana”.
Un ultimo argomento di consonanza: l’autonomia friulana.
“Pasolini ne scrisse molto. Rispetto al progetto di Tessitori, pensava che affrontasse un nodo reale, anche se non condivideva la soluzione proposta. Rimproverò più volte alla sinistra il non aver colto l’occasione per inserirsi positivamente nel discorso. In maniera analoga Pressacco fu impegnato su questo tema con il Forum di Aquileia, un progetto politico anch’esso caduto, temo, in un terreno sterile”.

Per gentile concessione “Il Messaggero Veneto”, 13 febbraio 2013, pag. 38.

*Foto in copertina: © Giovanni Castellarin