25^ edizione Premio tesi di laurea Pier Paolo Pasolini

Importante manifestazione d’inizio d’anno per il Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa della Delizia, fucina sempre più vitale di progettualità. Venerdì 15 gennaio, alle ore 16, presso la sede del Centro Studi, sarà infatti festeggiato il vincitore del Premio Tesi di Laurea Pier Paolo Pasolini, promosso dal Centro casarsese con il Fondo Pasolini di Bologna e presieduto per questa 25^ edizione dall’autorevole giuria composta da Massimo Fusillo,  Giacomo ManzoliGiovanni Spagnoletti e Francesca Cadel. Su 22 lavori partecipanti, il Premio è stato assegnato alla giovane studiosa napoletana Barbara Castaldo, per la tesi di dottorato di ricerca conseguito nel 2008 alla New York University dal titolo “Imputato Pasolini: una rilettura dei processi tra diritto e letteratura”, mentre una menzione speciale è andata anche ad Alessio Passeri per il lavoro “L’eresia cristiana di Pier Paolo Pasolini”, discusso all’Università di Urbino. Di grande interesse il tema affrontato dalla neo-dottoressa Castaldo (presente alla cerimonia), che vanta un già ragguardevole curriculum scientifico, con approfondimenti in particolare della letteratura italiana contemporanea, spesso mediata per il pubblico americano. Laureata nel 1995 alla “Sapienza” di Roma con un lavoro su “Ennio Flaiano, il viaggio malinconico”, ha proseguito poi gli studi all’University of California di Berkeley, per conseguire nel 1998 il diploma di Master alla Columbia University di New York. Oggetto del nuovo studio è il complesso rapporto tra la legge e Pasolini, che dal 1949 al 1977, perfino post mortem, visse una tormentata e ininterrotta odissea giudiziaria.

Barbara Castaldo, vincitrice della 25^ edizione
Barbara Castaldo, vincitrice della 25^ edizione

Varie le imputazioni di reato, mosse sia alla produzione artistica (si pensi al romanzo Ragazzi di vita o al film La ricotta) che alla persona stessa dell’autore, di volta in volta accusato di corruzione di minori, oscenità, diffamazione a mezzo stampa, apologia di reato, favoreggiamento, furto, rapina a mano armata, vilipendio alla religione di stato, incauto affidamento, invasione d’edificio o propaganda antinazionale. Queste vicende processuali sono difficilmente districabili dai loro riflessi mediatici ed anzi rientrano nella tipologia di quei casi giudiziari che hanno influito non poco sulla stessa opinione pubblica, fino a apparire oggi un ottimo barometro per ricostruire le reazioni della cultura e della società italiane nell’arco di uno specifico arco temporale. Ma ad essere lumeggiata in modo originale è la stessa opera di Pasolini, che talora stendeva di suo pugno le testimonianze processuali, in pagine poco conosciute e degne di stare alla pari con le sue più note dichiarazioni pubbliche di poetica. La storia della polemica pasoliniana quasi trentennale contro le istituzioni– dichiara la Castaldo- illustra “l’idea forte di arte e comunicazione maturata da Pasolini: un’arte che si esercita a pieno rango e con pari dignità non solo nei tradizionali settori artistici ma che pervade – come un’azione performativa totale esercitata attraverso la presenza sia dell’opera che del corpo dell’autore – tutti gli interventi di Pasolini”.
Fu dunque un corpo a corpo con la legge, come parte dell’impegno generale contro l’industria culturale e dietro il quale rimane costante la sfiducia nei confronti degli istituti giudiziari, perché distaccati irremediabilmente dall’etica e dall’arte. Non a caso – sostiene ancora la Castaldo- il tema giuridico è assente nell’opera di Pasolini, con l’eccezione della tragedia Pilade. Qui emerge il dissidio tra diritto naturale e diritto positivo, tra “una civiltà ispirata ai valori della natura (corpo, irrazionalità, desiderio, sacralità) e una ispirata alla cultura (mente, razionalità, legge, perdita del sacro)”. E’ la dicotomia, tra innocenza e concetto di legge e di peccato, che informa l’intera opera pasoliniana e che anche nei processi divenne lo scontro ideologico di base tra il combattivo imputato e i suoi ostinati esaminatori.