Un ricordo di  Paolo Volponi a novantatré anni dalla nascita

Il 6 febbraio 2017  è uscita in rete una accurata biografia di Paolo Volponi,  che avrebbe compiuto in quel giorno novantatré  anni.  Di  questo importante poeta-romanziere,  scomparso nel 1994,  il ricco Archivio fotografico di Carlo Riccardi conserva molte immagini, che documentano anche il legame di amicizia e di  stima con Pasolini.  

Omaggio a Paolo Volponi, nato  93 anni fa il 6 febbraio 1924
redazionale
 

www.agrpress.it – 6 febbraio 2017 

Nato ad Urbino nel 1924 da madre proveniente da una famiglia di piccoli proprietari terrieri e padre proprietario di una piccola fornace per laterizi, frequenta il Liceo Classico “Raffaello” e nel ’43 si iscrive alla Facoltà di Legge nell’allora neonata Libera Università di Urbino, dove nel ’47 consegue la laurea.
Nel ’44-’45 aveva avuto una breve esperienza da partigiano sugli Appennini.
Fondamentale per la sua carriera sarà l’incontro (1949), avvenuto grazie al critico letterario Franco Fortini, con l’imprenditore Adriano Olivetti (1901-1960), il quale, con la sua “illuminata” visione sociale dello sviluppo industriale, lo convince a farsi assumere presso un ente di assistenza sociale, per il quale farà inchieste sull’evoluzione economica dell’Italia meridionale, lavorando a Roma a partire dal ’53.
Nel ’56 entra alla Olivetti di Ivrea, dapprima come collaboratore, poi come direttore dei servizi sociali. Dal ’66 al ’72 terrà la direzione dell’intero settore delle relazioni aziendali. In seguito si trasferisce a Torino, dove, a partire dal ’72-’73 avvia una consulenza con la Fiat per i rapporti fra fabbrica e città in un momento piuttosto difficile per la vita nella provincia torinese. Nel ’75 diventa presidente della Fondazione Agnelli, ma presto verrà costretto a lasciare tale incarico per via la sua adesione al Partito Comunista Italiano, adesione decisamente non gradita vertici della Fiat. Dopo essere stato assistente della società Finarte a Milano aderisce – da indipendente – al Partito Comunista, con cui diventerà senatore nell’ ’83.
L’anno seguente diventa presidente della Cooperativa Soci de l’”Unità”, promuovendo con tale giornale numerose iniziative, tra cui ricordiamo, nell’87 a Bologna, un convegno nazionale su Pier Paolo Pasolini. Da tale esperienza nascerà l’Associazione “Casa dei Pensieri”, che in seguito verrà diretta da Davide Ferrari.
Di fronte alla crisi della Sinistra degli anni Ottanta Volponi si oppone alla disgregazione del Partito Comunista e nel ‘91, al momento della nascita del Partito Democratico della Sinistra, aderirà al nuovo gruppo di Rifondazione Comunista. Alle elezioni politiche del ’92, due anni prima di morire, viene eletto deputato nazionale – con circa quattromilacinquecento voti – nella regione Marche.

Pasolini e Paolo Volponi nel 1965. ArchivioRiccardi
Pasolini e Paolo Volponi nel 1965. ArchivioRiccardi

L’attività letteraria di Volponi ha inizio nel ’48, anno della pubblicazione de Il ramarro (Istituto d’Arte, Urbino), raccolta di poesie sospese tra tardo ermetismo e neorealismo. Le opere successive (L’antica moneta, Vallecchi, Firenze 1955; Le porte dell’Appennino, Feltrinelli, Milano 1960, con cui vince il Premio Viareggio per la poesia; Foglia mortale, Bucciarelli, Ancona 1974, stampata in edizione ridotta) rivelano un nuovo stile narrativo, paragonabile al poemetto, in cui Volponi cerca nel paesaggio campagnolo e contadino i segni del difficile rapporto tra l’io e la realtà. Fra le altre raccolte di poesie ricordiamo La nuova pesa (Il Saggiatore, Milano 1964), Le mura di Urbino (Istituto Statale d’Arte, Urbino 1973), La vita (La Pergola, Pesaro 1974), Poesie e poemetti (Einaudi, Torino 1986), Nel silenzio campale (Manni, Lecce 1990), È per un’imprudente vanteria, mozione dei poeti comunisti (Manni, Lecce 1991).
L’opera narrativa comincia invece nel ‘62 con Memoriale (Garzanti, Milano) incentrato sulla contrapposizione tra operai e imprenditori negli anni Sessanta. Dopo il tentativo (poi abbandonato dallo stesso autore) di realizzare un “romanzo di formazione” che si sarebbe dovuto intitolare Repubblica borghese, scrive il romanzo La macchina mondiale (Garzanti, Milano 1964), con cui vincerà il Premio Strega del ‘65, incentrato sulla storia di un proprietario terriero costretto a comparire in tribunale perché accusato di violenza domestica dalla moglie. Con quest’opera l’autore si pone degli interrogativi che da sempre tormentano l’uomo e li svolge cercando delle risposte che non siano sempre le stesse, e soprattutto che siano prive esse stesse dal generare ulteriori dubbi.
Dopo Corporale (Einaudi, Torino 1974), romanzo in cui il protagonista, dopo brutte esperienze in fabbrica e in città, parte alla conquista della realtà, Volponi tenta varie strade letterarie, frutto di sperimentazioni nella maggior parte dei casi realmente vissute. Ricordiamo Il sipario ducale (Garzanti, Milano 1975), Il pianeta irritabile (Einaudi, Torino 1978), Il lanciatore di giavellotto (Einaudi, Torino 1982).
Con Le mosche del capitale (1989), narra la vita di un manager democratico ed aperto, la cui genialità viene schiacciata in azienda dalle cieche logiche di potere e di guadagno. Il titolo di quest’opera si riferisce ai dirigenti industriali di alto livello i quali, a suo avviso, usando apparente leggerezza ma in realtà con profonda volgarità e opportunismo,  rifiutano i sentimenti e la democrazia in nome del “Dio denaro”.
Parzialmente autobiografico è invece il romanzo con il quale Paolo Volponi vincerà per la seconda volta il Premio Strega. Si tratta de La strada per Roma (1991), rifacimento aggiornato del romanzo di formazione Repubblica borghese, che narra la vicenda di un giovane uomo il quale, stanco della routine di Urbino, si trasferisce a Roma, dove vive le speranze e le illusioni della grande città.
Alcune foto di Paolo Volponi sono ammirabili nella mostra fotografica Vita da Strega, curata dall’Archivio Fotografico Riccardi e formata da cinquanta scatti del grande fotografo Carlo Riccardi degli anni compresi fra il 1957 e il 1971 (in quindici differenti edizioni del Premio Strega), nonché nella mostra fotografica I tanti Pasolini, anch’essa curata dall’Archivio Riccardi e formata da ventisei scatti (sempre di Carlo Riccardi) degli anni fra il 1960 e il 1969.