Un ricordo di Francesco Bortolini, regista del “Sogno di una cosa” (1976)

Il 12 agosto 2016  è scomparso Francesco Bortolini, 73 anni, regista, autore di programmi della televisione e della radio, anche pittore e organizzatore culturale.  Si è spento a Agordino, nella terra natale del bellunese, dove era tornato a vivere dopo 35 anni di lavoro in Rai.
Laureato in Filosofia all’Università di Roma nel 1969, con una tesi sul linguaggio della politica, e poi. insegnante di lettere nella terra bellunese di origine fino alla fine degli anni Sessanta, lasciò la scuola per dedicarsi alla televisione e alla radio come regista e autore. Risale a questi anni di esordio nel cinema anche la collaborazione come aiuto nel gruppo di Roberto Rossellini.
Nel 1973 iniziò la carriera televisiva come redattore di “Settimo giorno”, la rubrica culturale di
 Enzo Siciliano e Francesca Sanvitale. Dal 1975, per la seconda rete, firmò insieme a Claudio Barbati “Videosera”, una rubrica settimanale di documentari di costume e di attualità (tra questi Lambro, musica ribelle, che fece scalpore per i primi nudi integrali femminili e maschili, e Alice nel paese delle radio libere, 1977). Nel 1979 passò a Rete 1, dove fu  tra gli autori dello spettacolo settimanale Grand’Italia, l’ultimo programma Rai di Maurizio Costanzo. Dal 1987 e fino ai primi anni Novanta, insieme a Claudio Masenza, è stato autore di “Cinema”, un contenitore di interviste che ha fatto il giro del mondo, portando nella televisione italiana la voce di moltissimi personaggi del grande schermo e anticipando, per molti versi, il gusto e la scoperta del cinema d’autore spagnolo. Nel 1991 ha creato con Enrico Vaime La notte dei David, il programma in cui vengono consegnati in diretta dal teatro di Cinecittà i David di Donatello. Nei primi anni Novanta passò a RaiTre, dove ha firmato la prima edizione di Nel regno degli animali con Giorgio Belardelli e Giorgio Celli; contemporaneamente, ha curato come regista alcuni documentari per “Geo”. Nel 1994 ha prodotto Dove sono i Pirenei?, programma condotto da Rosanna Cancellieri in cui è comparso anche in video. Nel 1995, con Paolo Limiti, ha firmato il  varietà !Viva! Mina.
Accanto a video-documenti di attualità e a tanti altri programmi, anche per RadioTre, numerose sono le sue regie monografiche per speciali televisivi. Tra questi da ricordare  nel 1976, a un anno dalla morte di Pasolini, il documentario Il sogno di una cosa, girato nei luoghi della giovinezza del poeta di Casarsa. Su questo pregevole lavoro,  della durata di 60 minuti, restaurato nel 2009 e presentato a Udine  in formato digitale a Udine (curatela di Cinemazero) pubblichiamo la scheda che compare su Wikipedia.
Un modo discreto per ricordare un maestro di televisione intelligente e un uomo di grande sobrietà e di profonda sensibilità, che per il suo congedo dal mondo ha chiesto di  rispettare un assoluto silenzio.

Francesco Bortolini con Rosanna Cancellieri
Francesco Bortolini con Rosanna Cancellieri

“Il sogno di una cosa” (1976)
film documentario di Francesco Bortolini

Wikipedia

1976. A quasi un anno dall’omicidio di Pier Paolo Pasolini, Francesco Bortolini realizza per RaiDue un film documentario: si intitola Il sogno di una cosa, così come il romanzo friulano dello scrittore, ed è un affresco di voci. Per la prima volta, la telecamera torna nella terra della madre di Pasolini, nella Casarsa che lo aveva accolto tra il 1943 e il 1949, per raccogliere il ricordo dell’uomo, prima ancora che dell’intellettuale. Personaggi della levatura di Zigaina, affiancati a contadini che parlano in friulano schietto, a ex studenti, a umili segretari di partito: tanti, che avrebbero potuto essere niente altro che comparse trascorse nella vita di Pier Paolo Pasolini, sono invece testimoni diretti, vividi, del segno quotidiano lasciato da lui: nella loro memoria; nella loro formazione. La struttura portante del film e il suo valore documentario si reggono infatti sulle facce di chi ebbe modo di incontrare Pasolini negli anni che lui stesso raccontò nelle sue prose friulane.
Natalia Ginzburg, sul “Corriere della Sera” del 26 novembre del 1976, scrisse: «Il documentario è onesto e sobrio e privo di ogni intonazione commemorativa: si potrebbe perfino pensare, al vederlo, che Pasolini fosse ancora vivo».
E così lo stesso Bortolini ricordava il suo Sogno in una intervista uscita sul “Corriere delle Alpi” nel settembre 2009: «Parla il vecchio segretario di partito della sezione di San Giovanni, e dalle sue parole esce il Pasolini politico; poi c’è un alunno della scuola media di Valvasone, che racconta del Pasolini pedagogo, che non faceva leggere in classe Dante e Petrarca, ma Montale e Penna; e, ancora, un ragazzo che ricorda di come, quando Pasolini e sua madre si rifugiarono a Versuta, in campagna, durante il bombardamento di Casarsa, nacque una piccola scuola: Pasolini insegnava in lingua friulana ai figli dei contadini. Insomma, quando Il sogno di una cosa venne girato, Pasolini era morto quasi da un anno: la scelta è stata non farlo mai vedere. Contro l’eccesso di immagini, contro il corpo prima vivo, poi morto, poi sventrato, poi in obitorio. La mia idea era la cancellazione delle immagini: e, quindi, il ritorno dell’opera e della vita. Era un momento in cui si poteva osare, e il pubblico era disposto ad ascoltare. Per me, Il sogno di una cosa ha rappresentato la fortuna di incontrarmi».
Per la sua forza il lavoro girò subito in Italia, nelle Università, nei Festival specializzati, ma anche a distanza di anni rimase un punto di riferimento, tanto da servire da base e da fonte autorevole per il libro-inchiesta (Mondadori, Milano 2005) scritto dal regista Marco Tullio Giordana in procinto di realizzare Pasolini, un delitto italiano.