Un ricordo di Bruno Brusin, difensore di PPP per i fatti di Ramuscello

A San Vito al Tagliamento, dove era nato il 6 ottobre 1920, si è spento nella notte tra domenica 10 e lunedì 11 agosto 2015  l’avvocato Bruno Brusin, molto noto nella Destra Tagliamento del Friuli e nel paese natale,  dove era riuscito a far ottenere l’istituzione del Tribunale, sede staccata del Tribunale di Pordenone operativa fino al 2012.
In gioventù, arruolato nel 1940 nel 71. Reggimento di fanteria della Divisione “Puglie”, nonostante non ci vedesse da un occhio, partecipò  alla campagna di guerra greco-albanese e al rientro si iscrisse all’università di Padova. Fu durante gli anni degli studi universitari che frequentò Pier Paolo Pasolini, residente nella vicina Casarsa, e il pittore sanvitese Federico De Rocco, con i quali intrecciò una solida amicizia.
Il suo nome restò legato a Pasolini anche nei primi anni del dopoguerra, dato che nel dicembre 1949, ormai avvocato, fece parte del collegio difensivo del giovane poeta, incriminato di corruzione di minori (denuncia poi ritirata) e atti osceni in luogo pubblico. Sotto quei capi di imputazione  Pasolini era stato denunciato dai carabinieri della stazione di Cordovado, oggi in provincia di Pordenone,  in riferimento ai fatti cosiddetti di Ramuscello, un piccolo borgo vicino a San Vito, in cui  il 30 settembre 1949 Pasolini si sarebbe appartato durante una sagra con alcuni ragazzi.
Conseguenza immediata della denuncia fu che Pasolini venne sottoposto ad azione giudiziaria, la prima di una delicata e umiliante trafila  di accuse e di processi che accompagneranno Pasolini per tutta la vita.
All’epoca dei fatti di Ramuscello, Pasolini, anche per la sua posizione di intellettuale iscritto al Partito comunista di San Giovanni di Casarsa, rappresentava un bersaglio molto appetibile.

"l'Unità" del 29 ottobre 1949
“l’Unità” del 29 ottobre 1949

I democristiani locali si accanirono immediatamente a sfruttare lo scandalo. «Nota bene che già tre mesi prima dell’accaduto, un prelato molto importante di Udine aveva fatto dire a PP che se non avesse smesso la sua attività politica, avrebbe fatto di tutto per rovinarlo » – così scrisse Nico Naldini, cugino di Pier Paolo Pasolini, a Fabio Luca Cavazza ai primi di novembre (oggi in Nico Naldini, Pasolini, una vita, Tamellini ed., Treviso 2014, pp. 169-170).
In ogni caso, prima di un qualsiasi accertamento o di una verifica delle accuse, Pasolini venne espulso dal Pci, che ne diede comunicazione su “l’Unità” del 29 ottobre 1949 con un commento scritto da Ferdinando Mautino della Federazione di Udine:

Prendiamo spunto dai fatti che hanno determinato un grave provvedimento disciplinare a carico del poeta Pasolini per denunciare ancora una volta le deleterie influenze di certe correnti ideologiche e filosofiche dei vari Gide, Sartre e di altrettanto decantati poeti e letterati, che si vogliono atteggiare a progressisti, ma che in realtà raccolgono i più deleteri aspetti della generazione borghese.

Condannato in primo grado, Pasolini verrà poi assolto in appello, mentre il ricorso in cassazione della pubblica accusa verrà giudicato inammissibile. Nel 1952 Pasolini verrà assolto “perché il fatto non costituisce reato e per mancanza di querela”.
Per Pasolini fu una vicenda devastante, sulla quale si perde ora la preziosa testimonianza del legale che lo difese e che per la limpidezza del percorso professionale  fu insignito nel 2008 della Toga di Diamante per il sessantesimo anno di attività forense.

Sentenza di Cassazione per il film "La Ricotta", reo di vilipendio alla religione di Stato
Pasolini in tribunale per il film “La Ricotta”, accusato di vilipendio alla religione di Stato nel processo del 1963