Turoldo e Pasolini, affinità e divergenze. Appunti di Paolo Garofalo

Nel dicembre 2016, per la ricorrenza dei cento anni dalla nascita di David Maria Turoldo (1916-1992), padre dei Servi di Maria che tenne una commossa omelia ai funerali casarsesi del conterraneo Pasolini, Paolo Garofalo tracciò un possibile parallelo tra le due complesse figure. Esse paiono accostabili non solo per la comune matrice friulana e per l’amore per la cultura popolare, ma anche per le possibili convergenze di un pensiero non conforme, ispirato dal rigetto della mentalità materialistica e della logica del possesso.  Su segnalazione dell’autore, pubblichiamo qui con alcuni tagli  i suoi appunti, che si soffermano particolarmente  sul motivo della comune sensibilità friulana. 

Le affinità tra Turoldo e Pasolini, due anime del Friuli, di sicuro riferimento, ci indicano la strada per un possibile futuro
di Paolo Garofalo
dicembre 2016

Turoldo e Pasolini, personalità poliedriche e di vasta cultura, sono due grandi anime del Friuli. Intendo non solo nel campo letterario, ma anche per la presenza e per il ruolo di attenti osservatori del territorio, dei suoi mutamenti ed orientamenti: Pasolini e Turoldo sono entrambi profeti del possibile futuro del Friuli nel contesto nazionale e nella prospettiva di una pericolosa dimensione di omologazione globalizzata.
Turoldo fu un sacerdote e un poeta che acquisì in vita notorietà e carisma.Già da quando predicava al Duomo di Milano, la sua fama, amplificata poi dalla visibilità con la partecipazione a trasmissioni televisive e radiofoniche, lo aveva segnalato all’attenzione del mondo religioso e sociale. Innanzitutto, pareva centrale in lui il motivo della povertà, intesa come liberazione dalla schiavitù del possesso, dell’avere: «I poveri sono stata la causa della mia vocazione, i poveri sono il contenuto della mia fede, fonte di ispirazione della mia poesia e della mia predicazione».
Questo impegno a difesa dei poveri lo avvicinò a intellettuali come Elio Vittorini, Carlo Bo, Mario Luzi, Luciano Erba, Angelo Romanò, Andrea Zanzotto, Edoardo Sanguineti e ad tanti altri pensatori di sinistra che, a quei tempi,  avrebbero mal digerito rapporti con religiosi e con cristiani. Ampia fu la cerchia degli amici con i quali Turoldo condivise sensibilità ed esperienze ecclesiali: Giuseppe Dossetti, Giuseppe Lazzati,  Giorgio La Pira, padre Ernesto Balducci, Zeno Saltini, Lorenzo Milani, Primo Mazzolari, padre Nazareno Fabretti, padre Camillo De Piaz e altri.Ebbe occasione, per il suo carattere aperto e spontaneo, di stringere amicizia e  di avere scambi, in Friuli, anche con il mondo locale di scrittori, artisti e editori, nutrendo simpatia e affetto per Amedeo Giacomini, Sergio Maldini ed Elio Bartolini.

Turoldo legge l'omelia ai funerali di Pasolini a Casarsa (1975). Foto Claudio Ernè
Turoldo legge l’omelia ai funerali di Pasolini a Casarsa (6 novembre 1975). Foto di Claudio Ernè

Padre David  inoltre coltivava un affetto sincero per Pier Paolo Pasolini, per il quale nutriva una particolare stima. Venne così a crearsi un asse trasversale tra i due: Turoldo, il sacerdote scomodo per la Chiesa; Pasolini, il poeta scomodo per il Potere.
Turoldo aveva piena consapevolezza che Pasolini fosse l’uomo del Novecento frutto e vittima delle contraddizioni del suo tempo e che fosse lucido testimone, impavido contestatore ma anche protagonista indifeso. E lui, Padre David, allora lo difese fino alla fine, accompagnandolo all’ultima dimora e consolando la mamma di Pier Paolo, Susanna, davanti alle spoglie del figlio ucciso: «Ha tanto bisogno di te, mamma: come l’ha sempre  avuto lungo tutta la sua martoriata vita: una vita di povero friulano, solo, senza patria e senza pace.[…] era così bisognoso di amicizia, come appunto è il mio Friuli, così solo. E gridava ai quattro venti le sue contraddizioni e i suoi peccati, come un russo che ha bisogno di martoriarsi:noi abbiamo anche questi sconfinamenti nella nostra natura. E poi chiediamo scusa di esistere […]. Il tuo figlio, vero grande poeta del popolo, voce dei poveri!». Ecco un Turoldo che va alla radice del sentimento per Pier Paolo Pasolini che è un uomo del popolo, che difende la povertà ed è solo e indifeso.
Padre David sente e avverte prepotentemente che qualcosa lo accomuna con questo poeta laico, marxista dichiarato, che pure sembra essere lontano dalla Chiesa. E usò sempre verso Pasolini un tono di rispetto e di tolleranza anche nei confronti delle sue debolezze, dei suoi aspetti più spigolosi. Lo fece dall’interno della Chiesa, in modo controcorrente, assumendosi i rischi per questa sua scelta:«Da ricordare – disse ancora nel giorno dei funerali dell’amico Pier Paolo – l’orgia di inchiostri di tutti i colori in quei giorni; e il livore e la bava della gente “più pura”. No, meglio non dire più nulla. Dato che non siamo più capaci di un minimo gesto di pietà».
In una intervista concessa nel 1987 a Stefano Bottarelli, con il suo modo di esprimersi sempre fraterno e affettuoso, Turoldo definì Pasolini «un’anima religiosa senza religione, un credente senza fede»  e poi «un arrabbiato perché non può trovare un’autentica chiesa.[ …] Pier Paolo si sentiva in missione, aveva un compito, quello di denunciare il male».
Questo movente pedagogico-religioso di Pasolini (cui Turoldo si sente molto vicino) è evidente nelle sue poesie, nei numerosi film e negli scritti contro la mutazione antropologica non solo degli italiani, ma anche italiana su due fronti: «l’indifferenza assoluta contro il coinvolgimento e la passionalità assoluta tipica del poeta casarsese».
Molti furono i punti d’incontro tra Turoldo e Pasolini, che pure partono da diverse strade: la terra friulana,la difesa dei deboli sottoproletari, la condanna della società omologata e consumistica.
Turoldo, durante e dopo il Concilio, pensò che la Chiesa sarebbe dovuta diventare, secondo la parola di Giovanni XXIII, Chiesa dei poveri. Amò grandemente papa Giovanni e il Concilio, e fu appassionatamente schierato con chi desiderava che il cattolicesimo italiano diventasse veramente cristianoAnche Pasolini ebbe grande ammirazione per Giovanni XXIII che con il suo pontificato fu uno degli ispiratori del film Il Vangelo secondo Matteo. Pasolini ebbe così grande stima per Giovanni XXIII da dedicare il film alla sua memoria. Questa eccezionale valenza democratica, secondo il poeta-cineasta, derivava a papa Giovanni XXIII dal fatto che per la prima volta egli «ha vissuto all’interno della Chiesa, nel profondo del suo spirito cristiano, la grande esperienza laica e democratica della borghesia. Ha vissuto cioè, la reale realtà del suo tempo».
Pier Paolo Pasolini e David Maria Turoldo, che vedevano il Friuli come una terra vergine ancora non contaminata, erano accomunati dalla denuncia del potere corrotto e della società imborghesita, diventata nei suoi tratti essenziali un modello irriverente e privo di etica, e dal rifiuto di una politica, anche oggi intesa spesso non come servizio ma come tornaconto personale e sfruttamento dell’uomo. Chi assume l’impegno di rappresentare la volontà popolare non può gestirla al suo servizio, non può esimersi dalla ricerca e dal rispetto della giustizia e della verità. Il «potere politico è un miraggio, è una tentazione, è vanesio: il vero potere è sempre occulto: per un dominio su delega per assurdodisse Turoldo- si chiede la rinuncia alla propria dignità. Sì, perché i regni saranno sempre di un altro e il politico non possiederà mai un potere originario […] sarà solo un delegato a rappresentare i veri detentori del potere, i quali rimarranno sempre occulti e sconosciuti».
Pasolini e Turoldo si dice, a ragione, che fossero voci profetiche, in quanto personaggi di grande intelligenza e di lucidità interpretativa nell’analizzare il loro tempo. Per Turoldo lo riconobbe, per l’intera Chiesa, il cardinale Carlo Maria Martini  già alla consegna del premio Giuseppe Lazzati a fine 1991, quando elogiò  il ministero profetico svolto da padre David, definendolo «poeta, profeta, disturbatore delle coscienze, uomo di fede, uomo di Dio, amico di tutti gli uomini con abnegazione instancabile» e ammettendo che «la Chiesa riconosce la profezia troppo tardi», e poi l’8 febbraio 1992, quando quasi piangendo davanti alla salma di padre David, chiese scusa allo scomparso poeta-sacerdote per le incomprensioni della Chiesa. «La tua – disse- è stata una delle voci profetiche del nostro tempo».
Per Pasolini lo afferma lo scrittore Furio Colombo che fu l’ultimo ad ascoltarlo il 1° novembre 1975 nell’intervista uscita con il titolo Siamo tutti in pericolo!, il giorno precedente i tragici fatti di Ostia. […] Lo conferma anche Giulio Milani: Pasolini «non è soltanto un profeta del passato, ma anche un grande punto di riferimento per costruire un futuro diverso».
Padre David e Pier Paolo tuttavia rimangono saldamente ai due poli: l’uno a quello religioso e l’altro a quello laico. Ci sono certamente diverse differenze e divergenze tra i due, ma forse la più importante da sottolineare, a mio parere, è l’atteggiamento di fronte al destino e al ruolo dell’uomo. In Pier Paolo Pasolini ci sono la disillusione, la morte, la disperazione di un domani senza più speranza, con la caduta in un cupo pessimismo. In padre David, pur tra dubbi e momenti di interrogazione, alla denuncia a volte provocatoria rimane e segue sempre la speranza, l’abbandono a Dio per la risoluzione delle afflizioni.
Oggi,  nei nostri tempi di crisi, in cui sembrano prevalere un malconcio profitto e l’arroganza del potere, entrambi si domanderebbero quale sarebbe il nostro impegno affinché la dignità dei poveri non venga schiacciata dal peso di inique scelte, oppressive e bugiarde, a continuo discapito degli umili  e a salvaguardia invece del sistema dei poteri forti.
Nei versi del poeta Turoldo è sempre presente la denuncia dell’idolatria del danaro, dell’effimero, del consumismo, del potere, dell’egoismo, della corruzione. Egli si augurava pensando al suo Friuli: «Sopravviva almeno la memoria / di quando babbo avanti l’alba / già affilava la falce / accudiva la vanga / per andare a giornata ai campi / e non sapeva se avrebbe portato a casa / la sera, pannocchie che bastavano». Sono le parole di un friulano che è diventato cittadino del mondo ma con le radici ben piantate nella sua terra, nell’insegnamento della vita dura della sua gente, povera e dignitosa.
E Pier Paolo Pasolini, a sua volta, conferma il pensiero turoldiano quando sostiene che, più che il fascismo, poté il consumismo: per lui, sono stati lo sviluppo economico rapido pieno di contraddizioni e l’avvento della televisione ad omologare gli italiani verso un edonismo di massa, la ricerca del piacere a tutti i costi, privi di legami con la tradizione e catapultati verso un universo di valori non sentiti e discussi profondamente.
In effetti oggi abbiamo un’omologazione estesa, perché estesa è la rivoluzione nei costumi e nelle abitudini delle masse operata dal sistema capitalistico, dove l’uomo esiste solo in quanto consumatore attento, aggiornato, soggiogato.
Il poeta Andrea Zanzotto, in un suo giudizio sull’impegno dell’amico Turoldo, diceva: «Ora il degrado generale del mondo – sotto l’apparenza di un borioso progresso e successo che in realtà sono trionfo di idoli mortiferi – rischia di travolgerci tutti nel nichilismo, mente il gonfiore patologico del consumo di beni materiali e, nel contempo, la più abbruttente miseria e schiavismo permangono, nonostante i pur tenaci, lodevoli sforzi di molti. Ma padre David è lì che ci parla secondo utopia, caritas, poesia e alta religiosità».
E, aggiungiamo, anche Pier Paolo Pasolini, di cui Andrea Zanzotto elogiava la innata vocazione pedagogica e l’impegno in vari campi anche al di là della letteratura e della poesia , ci parla con Padre David secondo utopia, poesia e impegno civile. A noi non resta che testimoniare il loro insegnamento e favorirne la conoscenza.