Sulla scia delle intuizioni di Pasolini, un libro-inchiesta di Simona Zecchi sul Caso Moro

Simona Zecchi, giornalista di indagine cui si deve il libro-inchiesta sui misteri del delitto Pasolini Massacro di un poeta (Ponte alle Grazie, 2015), licenzia ora un nuovo coraggioso lavoro impegnato a ricostruire il puzzle di un altro buco nero della storia italiana degli anni Settanta: il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro, avvenuti rispettivamente il 16 marzo e il 9 maggio 1978.
Si tratta del volume edito da La nave di
Teseo La criminalità servente nel Caso Moro, in cui si avanza la tesi del coinvolgimento della criminalità organizzata durante i 55 giorni del sequestro dello statista pugliese. Nel libro occhieggia anche la parola di Pasolini, specie in riferimento all’articolo su mafia e madonne, incluso nelle Lettere luterane.
Sul volume, che è stato presentato all’Archivio di Stato di Roma il 22 marzo 2018, presentiamo una scheda firmata per l’Ansa da Marzia Apice.

Zecchi sul caso Moro, tra malavita e Br
di Marzia Apice

www.ansa.it – 16 marzo 2018

"La criminalità 'servente' nel Caso Moro" di Simona Zecchi (2018). Copertina
“La criminalità ‘servente’ nel Caso Moro” di Simona Zecchi (2018). Copertina

E’ un’inchiesta accurata e coraggiosa il libro della giornalista Simona Zecchi La criminalità ‘servente’ nel Caso Moro, edito da La nave di Teseo, che torna, dopo 40 anni, sul rapimento e sull’uccisione del presidente della Dc per mano delle Brigate Rosse, avvenuti rispettivamente il 16 marzo e il 9 maggio del 1978. Quasi 250 pagine dense di informazioni, nomi, atti giudiziari, aneddoti, indiscrezioni, articoli di giornale, fatti poco noti o nascosti, compongono quello che ancora oggi appare un puzzle impossibile da comporre, un groviglio inestricabile che non permette di diradare la nebbia sull’affaire Moro.
Dopo anni di commissioni e di indagini, di dichiarazioni di pentiti, di film girati e di libri scritti, ma anche di incuria, di omissioni e di connivenze, l’autrice non ha paura di avanzare un’ipotesi, corroborata dai dati raccolti, che potrebbe offrire una nuova chiave di lettura sul sequestro. Secondo Zecchi, infatti, nei 55 giorni di prigionia avrebbe giocato un ruolo centrale la ‘Ndrangheta, che l’autrice indica come la «costante del Caso Moro», una costante però sempre «ignorata o volutamente estromessa che molti, nel corso degli anni, hanno deriso o sminuito».
Nel libro il quadro della tragedia di Moro, uno degli eventi più drammatici, irrisolti e destabilizzanti della storia della Repubblica italiana, si ricompone lentamente: Zecchi ripercorre l’intera vicenda, dal rapimento in via Fani, con l’uccisione della scorta dello statista pugliese, ai giorni in cui il politico rimase rinchiuso, alla lunga e improduttiva trattativa fino all’epilogo e al ritrovamento del cadavere in via Caetani. Quella che emerge è la presenza costante della criminalità organizzata: la conclusione è che dunque sia impossibile e non veritiero considerare ciò che è accaduto a Moro esclusivamente un fatto scaturito da un’azione di matrice terroristica, e che il delitto deriverebbe da logiche politico-criminali.
Se la lettura non appare semplice (tanti sono i nomi, i dettagli e le informazioni raccolte e spiegate dall’autrice), di certo il libro costituisce uno strumento essenziale non soltanto per chi, già a conoscenza dei fatti, voglia provare a ricomporli in modo più coerente, ma soprattutto per coloro che si avvicinano al Caso Moro per la prima volta. E’ a loro infatti che idealmente l’autrice sembra rivolgersi, anche in un estremo tentativo di rendere finalmente giustizia alle vittime e alle loro famiglie ricostruendo la verità storica. «Con il sequestro e la morte di Moro, in via Fani e via Caetani e in tutto ciò che in mezzo è avvenuto, la mafia e soprattutto la ‘ndrangheta e la sua componente riservata (ovvero criminalità organizzata, ma anche servizi segreti, massoneria, magistratura e parte delle istituzioni) allungano le mani sul paese, cosa che si ripete ogni volta in cui il paese va verso la rovina».

*Foto in copertina: Pasolini e Aldo Moro alla mostra del cinema di Venezia 1967, © di Graziano Arici.