“La Divina Mimesis”. Una riflessione

 Bookskywalker
http://bookskywalker.wordpress.com – 11 dicembre 2011

Dal 7 all’11 dicembre 2011, al Palazzo dei Congressi del quartiere EUR di Roma, si è svolta la decima edizione della Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria, Più libri più liberi. La manifestazione ha ospitato 411 editori e il suo programma prevedeva 300 iniziative. L’eterogeneità e la quantità delle proposte editoriali esposte negli stand e discusse durante i vari appuntamenti, per un verso, e gli spunti di riflessione e i collegamenti intertestuali suscitati dalle medesime, per l’altro, hanno complicato il mio lavoro di critico amatoriale, perché avevo già deciso che per il mio pezzo ne avrei presa in considerazione soltanto una. Per capire come mi sono orientato tra le innumerevoli possibilità offerte dall’evento, occorre ribadire brevemente il compito di un recensore.
La funzione principale di chi scrive recensioni è la mediazione, ossia quella di interporsi fra un volume e i lettori. In questo caso, frapporsi tra la sfera letteraria e il pubblico ha due significati: da un lato, costruire un legame fra i testi e gli utenti, cioè un terreno intermedio che informi le persone dell’esistenza del libro e fornisca loro delle indicazioni critiche su quest’ultimo; dall’altro, rivendicare il ruolo di mediatore, ovvero rammentare ai lettori che di un articolo non sono rilevanti solo le parti riguardanti un’opera, ma anche quelle inerenti alle idee e alle preferenze di colui che lo ha redatto. Perciò, è recensibile un prodotto letterario che sia opportuno illustrare e segnalare ai posteri e, al tempo stesso, che consenta al recensore di esprimere il suo punto di vista. Tra i progetti editoriali mostrati alla kermesse libresca ho scelto La Divina Mimesis di Pier Paolo Pasolini – edita postuma da Einaudi nel 1975 e ristampata da Transeuropa Edizioni proprio nel 2011 –, perché si tratta di un autore importante della letteratura italiana del Novecento e fondamentale per i miei studi universitari.
Transeuropa ha ripubblicato La Divina Mimesis nella collana Inaudita Big, la cui peculiarità è l’abbinamento tra i testi e gli allegati multimediali. Per presentare la riedizione del testo pasoliniano, alle ore 12 dell’8 dicembre, presso il palco e i tavoli del Caffè letterario, l’editore ha organizzato Il testamento culturale di Pier Paolo Pasolini: La Divina Mimesis, un dibattito diretto dal linguista Giuseppe Antonelli, al quale hanno partecipato Walter Siti, curatore delle opere di Pasolini per la collana “I Meridiani” di Mondadori e autore della postfazione de La Divina Mimesis, da una parte, Carla Benedetti – docente di letteratura italiana contemporanea presso l’Università di Pisa e autrice del volume Pasolini contro Calvino. Per una letteratura impura – e il critico letterario Antonio Tricomi, i quali hanno stilato la Prefazione in forma di dialogo a La Divina Mimesis – consultabile on line seguendo le istruzioni riportate alla fine del libro –, dall’altra. Il conciso resoconto degli interventi dei tre studiosi permette di riassumere i tratti salienti dell’opera pasoliniana.

Siti ha precisato che con La Divina Mimesis Pasolini voleva imitare e attualizzare la Commedia e lo stile di Dante, perché dopo i due romanzi sulle borgate romane (Ragazzi di vita del 1955 e Una vita violenta del 1959), che lo avevano vincolato all’uso del dialetto romanesco e alla raffigurazione delle sole periferie di Roma, aveva l’intenzione di descrivere più classi e linguaggi sociali. Inoltre, egli ha aggiunto che la composizione del testo in questione, datata fra il 1963 e il 1967, è il sintomo della rinuncia di Pasolini alla filosofia marxista e, quindi, dello smarrimento nel ritrovarsi senza una spiegazione dell’esistenza.
Benedetti ha puntualizzato che la crisi derivata dall’abbandono del marxismo modificò sia le concezioni letterarie di Pasolini, sia la sua riflessione sul ruolo dell’intellettuale. A proposito della prima, Benedetti ha affermato che La Divina Mimesis è una forma progetto, ovvero l’esito della scelta programmatica di redigere non un prodotto finito, ma un prodotto allo stato potenziale; infatti, ha asserito che la titolazione dei capitoli del testo – ad esempio, Per una «nota dell’editore» e Appunti per il VII canto – e l’inserimento di alcune foto – Iconografia ingiallita (per un «poema fotografico») – suggeriscono lo schema di un’opera in divenire. Invece, limitatamente alla seconda, Benedetti ha dichiarato che Pasolini contrappose alla teoria dell’intellettuale impegnato di Sartre, che ammetteva l’eventualità di non svelare determinate verità per non indebolire le rivendicazioni di uno schieramento, quella della parresia, cioè il proposito di dire sempre e interamente la verità, facendo nomi e cognomi e anche a costo di essere osteggiati o isolati.
Tricomi, infine, ha ricordato che la sperimentazione di Pasolini con le immagini e le parole, sottolineata da Benedetti, era simile a quella del critico francese Roland Barthes e in contrasto con quella della neoavanguardia del Gruppo 63, in particolare con le posizioni di Edoardo Sanguineti, il quale, come Pasolini, aveva ripreso Dante.
La mia riproposizione della conferenza dedicata a Pasolini non esaurisce né la speculazione dei tre esperti sul corpus pasoliniano né l’interpretazione de La Divina Mimesis, ma costituisce sicuramente una chiave di lettura dell’opera e, forse, un’introduzione al pensiero di un autore che, come è stato ricordato durante la discussione, aveva intuito e affrontato le problematiche e la fine della società italiana nata con la Resistenza e la Ricostruzione.