«Siamo nelle catacombe e cambiamo il mondo», di Donatella Schettini

Rutilante surrealista, lo spagnolo Arrabal al festival: «Gli artisti hanno un ruolo guida, stiamo vivendo una seconda rinascita» L’omaggio ammirato all’amico Pasolini

di Donatella Schettini
“Il Messaggero Veneto” – http://messaggeroveneto.gelocal.it/

I luoghi di Pier Paolo Pasolini lo scrittore, regista e drammaturgo Fernando Arrabal li conosceva già, descritti dalle parole del geniale polemista. Per questo si è detto felice di essere in città «a uno dei festival letterari più importanti e per essere vicino a San Vito, una città che Pasolini ha amato tanto».
Il celebre e poliedrico drammaturgo, regista, scrittore e poeta è stato uno degli ospiti più attesi della kermesse letteraria pordenonese. Di Pasolini ha raccontato di averlo conosciuto «prima del mio film L’albero di Guernica che deve molto alla personalità di Pasolini. Lui era a Parigi per problemi in Italia». Arrabal voleva assolutamente girare il film con Mariangela Melato protagonista «e – ha raccontato – avevo girato in lungo e in largo l’Italia alla ricerca di un luogo dove fare il film. Ma l’Italia è troppo bella, non ha niente in comune con la Spagna. Un pomeriggio mi sono trovato in piazza del Popolo e avevo confidato a Pasolini che non avevo trovato un luogo per girare perché l’Italia era troppo bella. Lui mi consigliò Matera che si rivelò lo sfondo ottimale».
Dopo, ha raccontato, ebbe poche volte per rivederlo. Un raccontare affascinante quello dell’artista spagnolo, originale nel presentarsi con un paio di occhiali da sole rossi a forma di cuore sulla fronte (e alla domanda sul perché ha risposto che «mi piace perché suscitano commenti intelligenti e vengo accecato da queste osservazioni», aggiungendo di avere ben 377 paia di occhiali). La sua avventura culturale l’ha condivisa con André Breton, Tristan Tsara e Andy Warhol solo per indicarne alcuni, unico sopravvissuto del gruppo surrealista delle «tre reincarnazioni della modernità».
La missione dell’arte e della cultura, per Arrabal, è quella di cambiare il mondo, ma da una prospettiva particolare: dal buio delle catacombe. Del resto, ha osservato, «la rivista Times ogni anno elenca le persone piú influenti al mondo. Non ha mai inserito un filosofo, un drammaturgo, un romanziere o un poeta. Il che non è una novità, ma ha accompagnato la storia dell’umanità. Il nostro compito è di rimanere nelle catacombe e cambiare il mondo».
Un compito viene affidato anche alla poesia «che non è visionaria, ma vuol dire fare, fare le cose un pochino meglio. Adesso stiamo vivendo un momento di seconda rinascita nella poesia, nel teatro e nel cinema anche dalle catacombe. In Italia abbiamo esempi molto importanti come Dario Fo e Umberto Eco».
Ogni sera riceve, come Luigi Pirandello e Bertold Brecht, la visita di una donna: «Ne sa piú di me di qualsiasi cosa – ha raccontato -, non è vestita di nero, ma di tutti i colori. È l’immaginazione, che è alla portata di tutti noi, l’arte di saper combinare i ricordi tra di loro e anche gli incubi».
Con i suoi compagni d’arte, e ha citato Pasolini, Warhol, Ionesco, ha sempre dovuto paragonarsi, «ma ho l’impressione di non avere appreso appieno le lezioni che mi hanno dato». Certo nella vita ci sono fenomeni interessanti come Lady Gaga, ma anche «cose piú appassionanti come le sorprese che ci riserva la scienza, la letteratura e la poesia».
Bisogna avere anche la forza di ridere di noi stessi, delle nostre sciagure e proprio per questo nelle riunioni a casa sua delle menti più attive la parte più importante è la foto finale, con gli occhiali e le pistole ad acqua.
Un pensiero anche a Papa Francesco «splendido» come la suora che l’ha accolto da bambino e che gli ha insegnato «ad amare, a scrivere e a leggere». Con il Papa, ha detto, ha condiviso anche una operazione al polmone realizzata nello stesso anno nel 1956, lui a Parigi e il Papa in Argentina: «Io posso correre di qua e di là – ha concluso – e anche lui può farlo e venire anche alle mie riunioni».