Rompere le barriere dei generi per capire Pasolini, di Paolo Lago

Rompere le barriere dei generi per capire Pasolini

di Paolo Lago
da “il manifesto”, 9 giugno 2013

UN RINGRAZIAMENTO A GIORGIO DI COSTANZO

La letteratura su Pier Paolo Pasolini, soprattutto in tempi recenti, si è notevolmente accresciuta: basta scorrere la «Bibliografia pasoliniana internazionale (1996-2006)», in calce alla rivista «Studi pasoliniani» (1, 2007) e curata da Roberto Chiesi, Loris Lepri e Luigi Virgolin, per farsene un’idea: tantissimi sono gli studi fioriti negli ultimi anni sia in ambito europeo che extraeuropeo (Stati Uniti, Brasile, Giappone, Cina e altre nazioni). Si tratta di studi e saggi perlopiù mirati a sondare particolari aspetti della poesia, della narrativa, del cinema e del teatro di Pasolini, oppure indirizzati a singole opere o a singoli ‘settori’. Inoltre, è proseguita fino a oggi la fortunata linea critica che presta attenzione soprattutto alla vita, le biografie di Nico Naldini, Enzo Siciliano e Barth David Schwartz, e anche gli studi che tendono a mescolare, talvolta in modo improprio (per Giuseppe Zigaina Pasolini avrebbe predisposta e «messa in scena» la propria morte), esistenza e opere.
Sono sempre più rari, d’altra parte, i contributi che offrono una visione a trecentosessanta gradi dell’intera opera (compresa la produzione saggistica), sondando in modo competente e rigoroso ogni singolo testo e rompendo la tradizionale barriera che separa l’italianista o lo studioso di letteratura dal critico cinematografico o teatrale. Uno di questi è sicuramente Pier Paolo Pasolini L’opera poetica, narrativa, cinematografica, teatrale e saggistica. Ricostruzione critica (Carocci, pp. 591, € 55,00) di Guido Santato, docente di Letteratura italiana all’Università di Padova nonché fondatore e direttore di «Studi pasoliniani». Con questo saggio Santato si riallaccia a un suo precedente volume, Pier Paolo Pasolini. L’opera, uscito nel 1980, laddove la specificazione posta nel titolo «intendeva esprimere in modo esplicito la presa di distanza dal biografismo dominante e insieme l’intento di offrire un profilo completo e accuratamente incentrato sui testi dell’intera opera di Pasolini, analizzata iuxta propria principia».
Se in quel primo lavoro egli intendeva reagire al biografismo che, a soli cinque anni dalla morte, ancora imperversava nei media e nella critica, adesso, con questo nuovo studio, Santato si propone di illuminare, da una prospettiva inevitabilmente ampliata e attraverso una pluralità di approcci critici, «i diversi momenti e i vari settori dell’opera di Pasolini in funzione di un nuovo inquadramento complessivo». Del resto, un sapiente uso di varie prospettive e diversi approcci critici è proprio ciò che è necessario per analizzare in toto un’opera poliedrica e connotata dalla contaminazione stilistica e dal pastiche come quella di Pasolini, autore ‘biologicamente’ portato a esprimersi nei campi artistici più disparati.
Il volume parte quindi dagli esordi bolognesi di Pasolini per abbracciare, successivamente, il periodo friulano sul quale l’autore si sofferma minuziosamente, dalle Poesie a Casarsa fino a L’Usignolo della Chiesa Cattolica.
Delle poesie in friulano Santato offre un’accurata analisi, dalle possibili fonti fino a un minuzioso studio delle loro caratteristiche linguistiche e fonosimboliche; un’ampia sezione è dedicata anche alle raccolte di poesie ‘italiane’, da Le ceneri di Gramsci fino a Trasumanar e organizzar, che vengono, ancora una volta, sapientemente analizzate nello stile e nella lingua.
Per quanto riguarda la narrativa, passano sotto la lente dello studioso i romanzi ‘friulani’ (Atti impuri, Amado mio, Il sogno di una cosa) per giungere poi al periodo romano con Ragazzi di vita, Una vita violenta (nei quali vengono analizzate la disperazione e la violenza legate al mondo sottoproletario) e i racconti e le sceneggiature di Alì dagli occhi azzurri.
Si trascorre poi al cinema, analizzato dallo studioso in un capitolo articolato in sei paragrafi: ancora un approccio critico multiforme che mira a scandagliare la produzione pasoliniana sotto diversi aspetti. Il capitolo parte da un’analisi delle sceneggiature e da un confronto fra le sceneggiature stesse e i rispettivi film per approdare – passando attraverso altre acute disamine, come quella dedicata all’interrelazione fra cinema e pittura o alla presenza della poesia nel cinema (cioè le poesie lette o recitate nei film) e della musica nel cinema – a un quadro critico dei film, da Accattone a Salò o le 120 giornate di Sodoma.
Dopo un altrettanto competente sguardo critico al teatro, la lente di Santato si focalizza sul postumo Petrolio, monumentale «Satyricon moderno», romanzo incompiuto e allo stato «magmatico» (l’ultimo capitolo si intitola, non a caso, «Nel magma di Petrolio», dove viene utilizzata una parola molto cara a Pasolini). Di nuovo, l’occhio di Santato si muove con piglio sicuro all’interno del «magma», cercando di racchiudere i diversi «appunti» in un ordo filologico e interpretativo.
La pluralità di approcci critici rigorosamente utilizzati permette, alla fine, di scoprire in tutta la sua interezza la poliedricità di un’opera come quella pasoliniana, l’opera di un autore, come ha osservato Tullio De Mauro, «multimediale nel mondo di oggi» (assai presente, nella contemporaneità, anche nel mondo di internet: si pensi, in ambito italiano, alle belle «Pagine Corsare» curate da Angela Molteni). Un autore («forza del passato» ma potentemente innamorato del presente) che, come conclude Guido Santato, «può essere quindi un buon compagno di strada nel nostro insicuro procedere tra presente e futuro del villaggio globale».