Pasolini secondo Roberta Torre

Pasolini secondo Roberta Torre

XV VideoLab Film Festival di Ragusa
Nella terza serata del XV VideoLab Film Festival, davanti agli spettatori che hanno gremito il Parco di Athena del Museo Archeologico di Kamarina, la regista ha presentato i suoi documentari “pasoliniani”: La notte quando è morto Pasolini e  Iltiburtinoterzo. Entrambi girati nel 2009.
“Pino Pelosi  – ha detto la cineasta – è l’ultimo che ha visto Pasolini. Ho appreso molto di più dalle sue bugie piuttosto che dalle sue verità. Non volevo fare un’inchiesta. Volevo conoscere le notti di Pasolini. Ho molto amato certi quartieri di periferia come Tiburtino. Ho cercato altri personaggi, gli odierni ragazzi di vita pasoliniani. Sono dei sottoproletari senza futuro. Vivono in una sorta di riserva indiana. Avrei desiderio di tornare lì, per vedere cosa è successo dopo la realizzazione del documentario. Mi hanno che c’è chi si è sposato, chi si è perso definitivamente. La periferia mi ha sempre attratto. Di recente, ho fatto delle riprese allo Zen di Palermo. Un luogo ostile. Che mantiene, comunque, la propria  dignità”.
A proposito del suo metodo di lavoro, la Torre punta, sempre, sulla ricerca della verità. “Non parto mai da una tesi. Non voglio dimostrare. Seguo la lezione del pedinamento zavattiniano. Non ho mai pensato di essere una regista. Anche perché, volevo fare l’antropologa o la psicanalista. Ma il cinema mi ha dato l’opportunità di indagare i lati più oscuri dell’animo umano”.
La retrospettiva dedicata alla regista si conclude con la visione di quattro corti: Angelesse (Italia 1994, 35’), che mostra sette ritratti di donne palermitane dei quartieri-dormitorio della periferia urbana (Zen e Borgo Nuovo), tradizionalmente considerati “a rischio”; Spioni (Italia 1994, 15’), sui ragazzi del quartiere Brancaccio, che ritengono che la mafia sia l’unica vera prospettiva di guadagno e protezione, di fronte a uno Stato che considerano “assente”; La Fabbrica (Italia 2010, 7’), che narra le vicende di un esercito di bambini che deve esprimere un desiderio, prima di abbandonare la fabbrica; Il Cielo Sotto Palermo (Italia 1995, 6’), su un incontro con i detenuti dell’Ucciardone, nel quale emerge, agghiacciante e reale, la consapevolezza di un mondo parallelo a quello della legge dello Stato.
Si conclude infine il Concorso Internazionale dei Corti del Cinema d’Arte Mediterraneo di Kamarina. La Giuria che decreta il Miglior Corto, cui conferisce il premio di 1.500 euro, è presieduta dalla stessa Torre ed è composta da: Sebastiano Gesù, storico del cinema; Lucia Sardo, attrice; Giuseppe Gambina, esercente cinematografico; Antonella Giardina, storica del cinema. Vengono premiati anche il miglior documentario, la migliore regia, la migliore sceneggiatura, il migliore attore, la migliore attrice.
Per la serata conclusiva, i corti in concorso sono: il documentario 5 kmq di Sonia Giardina e Salvatore Tuccio. Un fazzoletto nero di 5 kmq nel cuore del Mediterraneo. La piccola isola di Linosa, lontana 167 km dalla Sicilia e 145 km dalla Tunisia, si trova, da sempre, in un forte isolamento che condiziona l’esistenza dei suoi abitanti.
Cargo di Carlo Sironi. Storie di una periferia italiana. L’umiliazione di corpi venduti e l’ineluttabile dolcezza di un sentimento.
Il trucco di Riccardo Banfi. Un delicato inno alla prima infatuazione. Gesti appena accennati e la timida scoperta dell’universo femminile di un bambino.
Ainult meie kolm di Giampiero Balia. La scoperta di un abbandono. Il desiderio della conoscenza delle proprie origini. Un doloroso cammino di riconciliazione.
Ngutu di Felipe del Olmo e Daniel Valledor. Una città europea. Il mondo di privazione e disagio di un giovane migrante. La sensibilità del suo sguardo come unica risorsa di sopravvivenza.
Il passeggero di Benni Piazza. Un cortometraggio dalle atmosfere surreali e inquietanti che racconta un incontro imprevisto.
Memorial di Francesco Filippi. Le drammatiche vicende della seconda guerra mondiale. L’incontro tra un vecchio e una bambina.