Pasolini e Totò: il poeta, il clown e due paia di pantaloni, di Salvatore Marfella

Su segnalazione e per gentile concessione dell’autore, pubblichiamo un intervento del critico cinematografico Salvatore Marfella, che indaga il rapporto tra Pasolini e Totò, passati da una iniziale diffidenza ad una magnifica intesa, umana e artistica. Il contributo è apparso online il 23 ottobre 2014 su www.rivistamilena.com, a corredo dell’iniziativa culturale “Notte Pasolini. Atto Primo”, organizzata a Salerno il 31 ottobre in collaborazione con l’Università locale. In quella occasione la rivista aveva dedicato a Pasolini uno “Speciale” di un mese con vari contributi, tra cui appunto questo.

di Salvatore Marfella
www.rivistamilena.com – 23 ottobre 2014

“Il cammino è iniziato, e il viaggio è già finito”.
da Uccellacci e uccellini

Pasolini conosceva benissimo l’opera di Totò, aveva visto tutti i suoi film e apprezzava molto il fatto che in lui la maschera del clown si fosse mescolata con quella napoletanità bonaria, che lo rendeva un uomo semplice, un essere di un’umanità estrema. Dal canto suo, Totò nutriva invece molte riserve verso questo “strano” individuo che non faceva mistero della sua omosessualità e, da quanto scrivevano i giornali dei “bene informati”, provava anche un certo gusto del crimine al punto da essere stato accusato in passato di avere tentato di rapinare, a mano armata e a volto scoperto, un bar nei pressi del Circeo con una pistola caricata con proiettili d’oro.
Pasolini telefonò personalmente dicendo: Vorrei parlare con Totò. Eccezion fatta per la cerchia ristrettissima delle persone più intime, così poche da potersi contare sulle dita di una sola mano, tutti si rivolgevano a Totò chiamandolo “Principe”, un po’ per rispetto, un po’ per non urtare la sua suscettibilità, particolarmente acuta quando si parlava dei suoi titoli nobiliari. Ma poiché si trattava di un regista celebrato, uno dei pochi autori importanti ad essersi accorti di lui, Totò non se ne adontò e fu anzi lusingato del fatto che Pasolini lo avesse cercato per proporgli di recitare in un suo film. Ormai al termine di una carriera che lo aveva reso ricco, famoso e idolatrato dal pubblico ma, salvo rare occasioni, bistrattato e talvolta persino vilipeso dalla maggior parte dei critici, Totò, reduce dal buon risultato de La mandragola di Alberto Lattuada, era alla disperata ricerca di nuove ulteriori occasioni di riscatto professionale.
Così fu fissato un appuntamento in casa del Principe al quale Pasolini si presentò accompagnato da Ninetto Davoli. I due indossavano entrambi un paio di vecchi jeans consunti che Totò pensò subito avrebbero messo a dura prova la tappezzeria del “salotto buono”. Il primo incontro tra questi due giganti del cinema italiano fu quindi dominato da un reciproco disagio: fu Pasolini a rompere il ghiaccio presentando a Totò il soggetto di Uccellacci e uccellini.

Totò e Pasolini durante una pausa sul set di "Uccellacci e uccellini"
Totò e Pasolini durante una pausa sul set di “Uccellacci e uccellini” (1966)

Questi accettò probabilmente senza capire granché della storia che avrebbe dovuto interpretate, preoccupato soprattutto di controllare lo stato di deterioramento del divano. Intervistato da Giancarlo Governi, autore di Vita di Totò, forse la migliore monografia mai scritta dedicata al grande attore, Pasolini ebbe a dichiarare: “Nel mio film Totò non si presenta come piccolo-borghese, ma come proletario o sottoproletario, come lavoratore. E il suo non accorgersi della Storia è il non accorgersi della Storia dell’uomo innocente, non del piccolo-borghese che non vuole accorgersene per i suoi miseri interessi personali e sociali”.
Dopo questa diffidenza iniziale, i due si intesero a meraviglia: essi cominciarono a darsi del tu e Totò si affidò completamente nelle mani di Pasolini che gli tolse tutta la cattiveria, il gusto per lo sberleffo, l’aggressività, sostituendola con un’infinita dolcezza ed una tenerezza fino allora inedita per il personaggio Totò. D’altronde, l’uno era un poeta, l’altro un clown, personaggi naturalmente fuori dal sistema, a loro modo ribelli e socialmente inafferrabili e per questo destinati ad allearsi e a combattere la medesima battaglia, sebbene su fronti diversi.
 Uccellacci e uccellini, film tenerissimo e fragile, poetico e surreale, è un’opera che sposa sia la lezione di Chaplin che quella di Rossellini (soprattutto Francesco giullare di Dio) e che, come ammise lo stesso Pasolini, ha forse il solo difetto di essere viziata da un “eccesso di Ideologia”.
Quanto a Totò, per la sua interpretazione egli ottenne una menzione speciale al Festival di Cannes (dove il film fu presentato in concorso) e un Nastro d’argento. Come è noto, la collaborazione tra lui e Pasolini continuò con gli episodi La Terra vista dalla Luna e  Che cosa sono le nuvole?, ai quali sarebbero seguiti altri film, che non furono mai girati a causa della morte di Totò che di lì a qualche mese lasciò la sua maschera a contemplare per sempre la “straziante, meravigliosa bellezza del Creato”.