“Morte di un fanciullo” (1944) di P.P. Pasolini

Su Morte di un fanciullo (1944) di P.P. Pasolini

di Giacomo Trevisan

Giuseppe Favret è un signore casarsese di settant’anni, amichevole e cortese. Lo incontro a casa sua sabato 21 novembre 2015. La sua affabilità, oltre che essere un’attitudine naturale, gli deriva probabilmente dal suo lavoro di negoziante: infatti ha lavorato alla Coop di Casarsa e in altri punti vendita per tutta la vita. Il primo periodo di lavoro – dal 1961 al ’68 circa – l’ha trascorso nel punto vendita che ha sede in centro al paese, in via XXIV Maggio. È lì che incontrava ogni giorno, la signora Giannina Colussi, sorella di Susanna e zia di Pier Paolo Pasolini:

Sarà stato il 1965, circa. Io lavoravo in Coop a Casarsa, in piazza, e la signora Giannina, che faceva la maestra e aveva una vera e propria venerazione per il nipote, veniva più o meno due tre volte al giorno a fare la spesa. Si scambiavano sempre due parole, e un giorno – sinceramente non ricordo come o perché – cademmo in argomento e lei mi disse: «Beppino, ma lo sai che io ho una poesia che ha scritto Pier Paolo apposta per tuo fratello?» Io non ne sapevo niente e le chiesi se c’era qualche modo per poterla leggere o averne una copia: «Non c’è problema, te la faccio io» mi rispose lei, sempre gentilissima. E così si ripresentò in negozio il giorno dopo con la poesia scritta a macchina e me la regalò.

La poesia s’intitola Morte di un fanciullo, e Pasolini l’aveva inclusa nella raccolta Poesie, edita dalla tipografia Primon di San Vito al Tagliamento nell’aprile 1945.
La copia consegnata dalla signora Giannina al signor Favret è probabilmente tratta proprio da questa edizione, anche se battuta a macchina su un foglio volante ricavato da un quaderno a quadretti; la redazione presente alcune varianti grafiche ed errori di punteggiatura e versificazione rispetto all’originale (dovute evidentemente a trascrizione errata da parte della zia di Pasolini). Sul lato del foglio leggiamo: “CASARSA LUGLIO (1944) IL FANCIULLO è BEPPINO BASSO MORTO IN QUEI GIORNI”. [1]

Morte di un fanciullo
Dattiloscritto della poesia di P.P. Pasolini “Morte di un fanciullo”, realizzato da sua zia Giannina Colussi, 1965 circa

Qui, nella storia legata a questo coinvolgente frammento di vita casarsese, si inserisce un piccolo colpo di scena, perché il fratellino del signor Favret a cui questa poesia è dedicata, aveva il suo stesso nome, Giuseppe, ed era morto tragicamente appena sei mesi prima che lui nascesse. Affidiamo alle parole dello stesso signor Favret il racconto di questo commovente episodio:

So quello che mi ha sempre raccontato mia mamma. Mio fratello era nato nell’aprile del 1935 e morì il 25 luglio 1944 di congestione, a soli nove anni. Era un luglio molto caldo. Mio fratello aveva fatto una gran scorpacciata di fichi e, forse per il caldo e per il gran sudare o forse per chissà cos’altro, iniziò ad accusare un forte malessere, con un febbrone che salì addirittura a 40° durante la notte. Mia madre, che inizialmente aveva seguito il consiglio del medico di Casarsa che parlava di un’indigestione passeggera, mi ha raccontato di averlo portato in ospedale a San Vito al Tagliamento quando ormai era troppo tardi; il mattino dopo il bambino era morto. Per una sciocchezza che oggi non preoccuperebbe più di tanto e si risolverebbe semplicemente.

All’epoca Santa Basso, la madre di Favret, abitava in una delle case che affacciavano sul cortile dei Colussi Battiston (oggi sede del Centro Studi Pier Paolo Pasolini). In quel periodo, a causa della guerra, era ospite assieme al piccolo Giuseppe in uno degli appartamenti della famiglia Petron. Più giovane di Pier Paolo di una decina d’anni, conosceva benissimo lui e la sua famiglia, grazie ad una frequentazione quotidiana:

mia madre, poi, era esuberante – è ancora il signor Favret a parlare – una brava donna, gran lavoratrice che non ha mai fatto mancare nulla a noi figli. Con Pasolini aveva un legame affettuoso e stretto, così come con Susanna e le sue sorelle Enrichetta e Chiarina (Giannina).

Santa Basso
La signora Santa Basso

Le condizioni disperate del piccolo Beppino dovevano aver coinvolto tutto il vicinato. Assieme a tanti altri casarsesi, anche Pasolini e la sua famiglia si strinsero attorno alla signora Santa, in quel momento anche incinta di pochi mesi dell’altro suo figlio Giuseppe. Il verdetto di quelle ore terribili è un colpo difficile da sopportare e che turba profondamente l’animo di tutti coloro che avevano conosciuto il bambino. La disgrazia segnò anche Pier Paolo, che in quelle ore cariche di angoscia e disperazione usò la poesia per dare forma al suo dolore, torcendolo in endecasillabi che dedicò come un farmaco lenitivo alla madre del piccolo, e donandogliele assieme alle sue condoglianze nelle ore seguenti, tormentate ancora dai riti della sepoltura e dell’estremo saluto.

Beppino Basso
Il piccolo Giuseppe Basso il giorno della sua Prima Comunione

MORTE DI UN FANCIULLO

È breve, stelle, nel cielo infinito
il vostro viaggio intorno alla sua casa.
Eccovi a sera terse tra le nubi
e per tutta la notte ardete fitte
sopra il pozzo, i fienili e gli orticelli.
Ma questa sera la lontana luna
sbianca la dolce casa a un morticino.
Era vivo e beato, ma il silenzio
del cielo e del creato dice spenta
quella lieve esistenza di fanciullo.
Notti e giorni infiniti, voi, stelluccie,
conducevate intorno alla sua casa;
ma a lui, soltanto questa notte è eterna,
questa notte che voi senza mutare
punto la vostra luce nei lontani
cieli e le nubi, volgete ad oriente
verso la cara luce del mattino.

Nella camera antica con le travi
del soffitto lontano, l’ombra è triste
e sa di dolci notti, non remote,
ma sperdute con favole leggere
nel passato del bimbo. Lo sapevo,
io, quel passato, ma ora solo duole
che un solo istante sotto l’immutata
luce degli astri e il canto della notte,
l’ha travolto dai vivi in un silenzio
inumano, sperduto, sterminato.
E queste vecchie intorno alla tua muta
madre non sanno che gridare a Dio:
«Ah, meraviglia». Ed anche tu nel letto
dove ora soletto e bianco geli.
«Ah, meraviglia, muoio» mormoravi
perdendoti, tra i vivi, nella morte.
Ed ora dove sei che tutto è pace
nel tuo chiaro visuccio e, se qui intorno
si parla e piange e fuori brilla il cielo
con le piccole stelle, tu raccolto
con le mani nel seno sei silenzio?

«O cara e silenziosa e triste luce
della mattina che si scioglie lenta
dai fianchi delicati delle nubi,
che colori, che fumi e che freschezza
spazii nel cielo sopra i dolci tetti!
Io sono morto, perso nel passato,
con tutte le mattine che ritornano
sul lettuccio del bimbo appena sveglio;
ed io così, per nove anni, lieto,
pregavo Iddio con l’orecchio attento
ai suoni familiari del mattino.» [2]

Versi limpidi che cercano di riempire quel «silenzio / inumano, sperduto, sterminato» in cui solo la voce meravigliata del bimbo morto riesce a scorgere la luce del nuovo giorno, rivivendo il rito quotidiano del risveglio che ora, però, diventa risveglio all’Altra Vita, quella per la quale aveva devotamente pregato Dio durante i suoi brevi giorni sulla terra.
Versi che testimoniano ancora una volta l’intimità e la partecipazione viscerale di Pasolini alla vita casarsese [3]; una partecipazione che, come le parole del fanciullo della poesia, è carica di meraviglia per ciò che accade attorno, in questa realtà carica di Essere. Anche questa poesia, nella sua spontaneità, è un tassello dell’indagine del sacro e del suo farne esperienza che anima il Pasolini con le radici affondate nel Friuli “terra della madre”. Un Friuli marginale, semplice e naturale, ma proprio per questo luogo in cui il sacro è, agli occhi del poeta, una contingenza della vita che infonde significato ad ogni aspetto della realtà, anche ad una morte così inammissibile.

***

[1] Le scritte a mano sulla pagina sono alcuni appunti presi dal corniciaio a cui si è rivolto il signor Giuseppe Favret alcuni anni addietro per realizzare una cornice nella quale conservare la poesia così fortemente legata alle vicende della sua famiglia.

[2] P.P. Pasolini, Tutte le poesie, a cura di W. Siti, Mondadori, Milano 2003, pp. 632 – 633. In Note e notizie ai testi il curatore riporta: «Nelle note dello “Scartafaccio Ottobre 1944” (…) si legge la data “25-26 luglio 1944″», cfr. p. 1630.

[3] Come ricorda Pia Paron, nel libro di Giuseppe Mariuz La meglio gioventù di Pasolini: «(…) C’è anche la storia di un giovane morto, era un fantàt dei Venturùs, detti “i Luncs”, coloni di Zuccheri, che abitavano dove ora c’è la Coop. Pier Paolo è stato colpito da quel funerale, ha descritto la loro casa, il cortile, tutta la gente ai funerali, sembra proprio di essere lì dai Luncs.» in G. Mariuz, La meglio gioventù di Pasolini, Campanotto Editore, Udine 2015 (II edizione riveduta e aggiornata nel mese di settembre 2015), p. 95.