I contributi dei partecipanti al gruppo “Pasolini” su Facebook, 17 settembre 2013

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Si raggruppano in questo articolo diversi post raccolti da Angela Molteni attraverso il gruppo facebook “Pier Paolo Pasolini” e pubblicati su pasolinipuntonet.blogspot.it con data 17 settembre 2013.

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Pasolini, un impossibile Paradiso?
di Daniela Tuscano, 15 settembre 2013

Quando vidi Salò la prima volta erano già trascorsi dieci anni dalla morte di Pier Paolo. Mi trovavo in un cinema d’essai, in platea undici persone. Alla fine della proiezione eravamo rimasti in sei. Ricordo il silenzio totale, fitto. Un silenzio che potevo toccare, e che tuttavia, in quella monotonia di vaporosi colori, seguitavo a percepire in tutta la sua materialità. Pasolini ci aveva condotti nel fondo dell’inferno mostrandoci il Male assoluto. Ce lo aveva presentato come il Lucifero dantesco: un mostro inerte e insensato. La mattanza finale dei ragazzi partigiani non aggiungeva nulla all’orrore dell’intera pellicola, scandita non casualmente in gironi. Ma la conclusione vera, anzi, la morale della vicenda non poteva venir siglata da un climax. Nessun altisonante Dies Irae per le anime che “avevano perso il ben dell’intelletto”. Piuttosto una coda in minore, con un altro silenzio, stavolta però in un ambiente chiuso, quella stessa villa maledetta diventata quasi intima camera. In cui i due superstiti, né buoni né pentiti, si riappropriavano però, loro malgrado, d’uno straccio di leggerezza adolescenziale nell’inspiegato disgusto, nel riprendere dialoghi semplici, quotidiani: “Hai la ragazza?”, “Sì”. “Come si chiama?”, “Margherita”.

Perché la storia umana è questa: il diavolo non ci viaggia accanto, è calato nella nostra storia. Il grande silenzio è preceduto da piccoli silenzi, omissioni, ignavie. Il nazifascismo non nasce mostruoso, s’insinua nel crinale dei secoli, nei piccoli pregiudizi, nell’accettazione d’un linguaggio sfilacciato, discriminatorio, diffidente nei confronti dell’altro. Nel momento in cui accettiamo come normale un sistema di gerarchie e chiusure, quando rifiutiamo le relazioni, il germe dell’abisso è inoculato e non tarderà a manifestarsi.
Così, i due Dante e Virgilio in versione novecentesca sono entrambi “pien di sonno”, nessuno dei due è guida all’altro ma spuntano alla fine da un immenso cumulo di macerie umane senza esser mai stati protagonisti di niente. Ambedue giovani, ma più che speranza nel futuro trasmettono inesperienza. Perché non hanno più dei. Hanno perduto, definitivamente, quel Paradiso cui Dante poteva, dopo tutto, ancora aspirare. L’hanno perduto perché alla fine del secolo scorso Dio è davvero e definitivamente morto, o meglio è morto il modo di “dire” Dio: e quindi di cercarlo e plasmarlo. I due giovani si muovono incerti e inebetiti in una plaga da ricostruire, un Antipurgatorio che però non promette alcuna meta sicura. Questo il messaggio che mi è giunto dalle ultime battute di Salò. Il film più disperato di Pier Paolo.
Ma davvero non esistevano altre soluzioni? Davvero era stata pronunciata la parola “fine”? Sappiamo che non era così. Che PPP stava lavorando a un nuovo progetto, o forse affresco, ancor più metafisico, e pertanto pienamente umano (tras-umano?): Porno-Teo-Kolossal.
Tanto Salò era un titolo “terreno”, che anzi coinvolgeva in un preciso luogo fisico tutto il dolore del mondo, quanto il progetto incompiuto si presentava stravolto già dal linguaggio, quasi post-atomico. Il passatista Pasolini, ben più ardito nel cinema che nella produzione scritta, si accingeva a rivoluzionare definitivamente la nostra comunicazione, con un’inedita koinè di stili e favelle? Trasumanar e organizzar: in questa rinnovata corsa oltre la civiltà defunta, verso un più duraturo, o almeno migliore, sogno di una cosa, Pasolini si era lanciato ancora a testa bassa, come una furia. In direzione ostinata e contraria malgrado i muri dell’incomprensione. Se esiste un ottimismo pasoliniano, sta proprio qui: nell’incompiuto e nello sperato piuttosto che nel già espresso. Pier Paolo non si accontentava dell’uomo ridotto a porne’, a mera materialità. Quello conduceva dritto a Salò, senza ritorno. Ma il poeta non riusciva ad accettarne la scintilla divina così come declinata nei millenni precedenti. Ricercava un Paradiso privo di nome. Non più il giardino incantato: all’uomo moderno mancava ormai l’alfabeto, e dunque la chiave, per potervi accedere. Non restava allora che arrestarsi al termine della notte, immerso in essa. Ma col suo sacrificio Pasolini ci ha lasciato un grande regalo, e un’enorme responsabilità: ha passato il testimone, non ha più voluto essere padre. Già aveva titolato, profeticamente, negli anni Sessanta, la risposta a un lettore di “Vie Nuove”: “La volontà di non essere padre”.
Pier Paolo ci dice, oggi: tocca a voi. Vi ho mostrato dove conduce l’uomo vecchio, la degenerazione della sua storia che, dalla voragine del nazifascismo, si è poi tramutata nel conformismo della società di massa. Il Paradiso è coraggio e adultità e dovete essere in grado di reinventarlo da soli, di e-ducarvi (venir fuori), inventando nuovi dei, trovandone in voi, trascendendo voi. È un rischio e una vertigine, ma non esistono alternative. Uscite! Non ripiegatevi sul vostro ombelico. Abbiate la forza di un nuovo “fiat”.

© Daniela Tuscano

Teorema
di Lorenzo Trombi, 15 settembre 2013

Teorema, film girato da Pier Paolo Pasolini nel 1968 non è un semplice film, è l’affresco della società odierna e della crisi dei valori che stiamo vivendo.
Pasolini ritrae minuziosamente, come fa un pittore con un suo dipinto, una comune famiglia borghese che vive nella noia, che improvvisamente riceve un ospite misterioso che scombussolerà le loro abitudini fino a portarli ad una crisi di identità senza precedenti.
Pasolini è il più grande esempio di cinema di poesia: quando un semplice film diventa un’opera d’arte, quando poesia e cinema sono un tutt’uno.

© Lorenzo Trombi

 Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini, il Ragazzo di Vita
di Arturo Serra, 15 settembre 2013

Siamo sul litorale di Ostia, è l’alba del due novembre del 1975, sulla spiaggia deserta che viene accarezzata dalle prime luci del mattino giace un corpo senza vita, è il corpo devastato e sfigurato di colui che passerà alla storia per essere stato il poeta delle borgate: si tratta di Pier Paolo Pasolini .
Questa non è solo la morte di un uomo ma è anche l‘esecuzione organizzata e programmata di un’intera generazione e del suo mondo migliore il quale è rimasto incontaminato dalla violenza brutale e indiscriminata del neo-capitalismo e del consumismo, la cui principale e diretta conseguenza è rappresentata dall‘omologazione generalizzata ormai trasformata in legge morale.
Pier Paolo Pasolini con i due romanzi romani, Ragazzi Di Vita pubblicato nel 1955 e Una Vita Violenta pubblicato nel 1959, dà inizio alla sua spasmodica, ossessiva e continua ricerca di un mondo originario, di un paradiso perduto, di un origine della storia, caratterizzati dalla purezza e “dall‘innocenza dei corpi con la loro arcaica, fosca, vitale violenza dei loro organi sessuali “ che, come dice Pasolini nel testo intitolato Abiura dalla «Trilogia Della Vita» contenuto nelle Lettere Luterane, “è stata violata, manipolata, manomessa dal potere consumistico: ormai tale violenza sui corpi è diventata un dato macroscopico della nuova epoca umana“; per condurre questa ricerca, egli si reca dapprima a Roma ad esperire la vita e la condizione delle borgate, dove fa la scoperta di una nuova classe sociale, e cioè il sottoproletariato, vale a dire quella classe che a differenza del proletariato per garantire la propria sopravvivenza e il suo sostegno economico non si serve di un lavoro non avendo la possibilità di trovarselo poiché, nella zona in cui questa classe sociale ha sede, non vi è la presenza di alcuna attività industriale .
Infatti Pasolini individua l‘inizio del Terzo Mondo diversamente da ciò che pensa la gente comune che lo localizza in Africa e in Asia: egli, al contrario, lo pone nelle borgate romane per poi attraversare tutto il meridione; successivamente Pasolini si reca in Africa e poi in India, testimonianza di ciò è il documentario Appunti per un‘Orestiade africana che ha per contenuto il sopralluogo per un film che avrebbe dovuto vedere la luce successivamente e che doveva essere una riduzione cinematografica dell’Orestiade di Eschilo. Per quanto riguarda l‘India abbiamo il documentario Appunti per un film sull’India, ma come afferma Roberto Esposito nel suo capitolo dedicato a Pasolini contenuto nel suo testo Pensiero Vivente, in Abiura dalla «Trilogia Della Vita», ricordando il cammino percorso, dichiara la propria sconfitta storica e biografica .
Tutti gli spazi di autenticità che nel corso del tempo si è sforzato di mantenere o considerare aperti, dal villaggio friulano alle borgate romane, dal mondo medioevale ai territori incontaminati dell‘Africa e dell‘India, rivelano la propria illusorietà sotto la spinta di una irresistibile omologazione.
A venire meno prima ancora di specifici luoghi della terra o dell‘anima è la possibilità stessa della differenza in un universo integralmente omologato. Ciò che Pasolini coglie è il mutamento strategico del potere neo-capitalistico, passato dalla logica dell‘esclusione a quella dell‘inclusione o, più precisamente, della loro perfetta sovrapposizione in un dispositivo di inclusione escludente“.
Con Ragazzi di Vita prima e con Una Vita Violenta poi , Pasolini dà voce al sottoproletariato, ai ragazzi malfamati delle borgate romane; Ragazzi di Vita è un romanzo corale in cui i protagonisti sono i borgatari, le prostitute, “ i froci “, le case popolari con i loro muri scrostati, i palazzoni di nuovi appartamenti che egli chiama “grattacieli“, l‘Aniene inquinato e avvelenato a morte dagli scarichi della fabbrica di “varechina “ in cui i “pischelletti“ , inconsapevolmente e innocentemente vanno a farsi il bagno. In conclusione Ragazzi di Vita si differenzia nella letteratura neorealista del secondo dopoguerra per la sua natura di romanzo di denuncia nei confronti della violenza brutale e indiscriminata del neo-capitalismo che avanza il quale avvelena e divora l‘ambiente con gli scarichi delle sue fabbriche, con la crescente costruzione di fabbriche e “grattacieli“ che si sostituiscono alle campagne e agli orti e, infine, questa violenza si riflette in modo inquietante sui corpi dei quali, come Pasolini afferma ne I Giovani Infelici “ il loro aspetto fisico è quasi terrorizzante, è fastidiosamente infelice: orribili pelami, capigliature caricaturali, carnagioni pallide, occhi spenti sono maschere di una qualche iniziazione barbarica, squallidamente barbarica .
Oppure sono maschere di una integrazione diligente e incosciente, che non fa pietà“. La stessa violenza dei corpi moltiplicata e intensificata dovrà purtroppo provare, sulla propria pelle Pier Paolo Pasolini, il ragazzo di vita.

© Arturo Serra

“Caspita, per farcelo studiare vuole dire che è stato veramente un grande scrittore!”
di Alessandro Piterà, 15 settembre 2013

Premetto da subito che lo “conobbi” Pier Paolo Pasolini a scuola in seconda media, era il 1984 e, mi ricordo che, il nostro professore ci diede da studiare dei frammenti presi dai suoi Scritti corsari, ed io rimasi subito colpito da quella dove lui affermava di sapere chi c’era dietro a numerosi fatti di cronaca nera, etc pur non avendo le prove… (Che cos’è questo Golpe?), cosi’ da appassionato di storia del secolo scorso soprattutto del dopoguerra, come detto “rimasi folgorato” e, quello che mi colpi’ di piu’ fu il fatto che ripensandoci bene… vedendo la data della scrittura, mi resi conto che, a differenza di tutti gli altri fino all’ora studiati (Pascoli, Foscolo, Verga, etc.) lui era vicinissimo ai nostri tempi… ed allora come detto dissi tra me e me: “Caspita, per farcelo studiare vuole dire che è stato veramente un grande scrittore!”. In seguito, iniziai ad avvicinarmi sempre di piu’ al suo cinema, essendo un cinefilo, per poi passare ad analisi piu’ critiche non solo dei suoi film ma pure delle sue opere letterarie, anche se, non mi vergogno a dirlo, ho sempre fatto moltissima fatica a leggerlo, nel senso che, è uno se non l’unico autore che mi risulta veramente difficile da comprendere soprattutto quando disserta su opere letterarie mentre mi è piu’ semplice seguirlo quando si occupa di cronaca oppure di aspetti della vita quotidiana; alla tv grazie al bellissimo film di M.T. Giordana, son passato poi, grazie anche ai numerosi speciali sulla sua morte, a documentarmi sui misteri legati al suo omicidio… continuando intanto a comperare libri soprattutto sulla sua vita e sul suo modo di pensare, avanti anni luce rispetto all’epoca, e pure qui si vede il genio a 360°, insomma… come avrete capito, da quel lontano giorno è nata in me una passione che, a differenza di altre, non è mai appagata, ma anzi… è sempre piu’ ansiosa di conoscere particolari inediti e, non a caso se mi dicessero di scegliere un personaggio del passato oramai scomparso e con cui poter interloquire, non avrei dubbi che sarebbe lui… un uomo con una mente, ma non solo, straordinaria che, purtroppo c’ha lasciati troppo presto perchè “scomodo” come tanti altri magari in ambienti diversi… lotta alla criminalità in primis.
Spesso in televisione mi riguardo gli speciali con sue interviste ed apparizioni televisive per cercare come detto di trovare qualcosa che magari non ho capito subito… e, mi rendo conto che, per quanto lo si possa studiare o meglio “analizzare”, non sarà mai abbastanza come del resto testimoniano ancora gli articoli che vengon fatti su di lui… non quelli spazzatura sui suoi gusti sessuali, in quanto a me non m’importano nulla, anzi… chi si ferma solo a simili idiozie, vuole dire che non è in grado di apprezzare tutto il valore culturale, artistico, etc di questo grandissimo genio che per me è e rimarrà unico. Per finire analizzerò il film che amo di piu’ e cioè Accattone, un capolavoro di neorealismo che mi colpi’ subito dal primo momento che lo vidi… ed i motivi sono tantissimi, in primis la storia di quest’uomo senza dignità che, oramai è costretto persino a rubare la catenina d’oro al figlio pur di non lavorare oppure fare lo sfruttatore per farsi mantenere, salvo poi andare a lavorare ma, per pochissimo. Un film che dipinge uno spaccato di vita “in borgata” attraverso le vicissitudini di un uomo vile (interpretato da un grandissimo Sergio Citti). La pellicola in questione mostra la periferia di Roma prossima allo sviluppo; da li a dieci anni a venire i “nuovi quartieri” della capitale spazzeranno via quei microcosmi di abitazioni posticce e baracche… quindi un film non solo di grande valore artistico, ma anche storico, di una città che non conosce ancora un termine alla sua espansione urbana; poi lo struggente e tragico finale che lui, in un certo senso, aveva quasi previsto… il tutto accompagnato da una musica sacra a cui fa da contraltare l’ambiente grezzo delle borgate… insomma, un capolavoro che non a caso è stato inserito tra i migliori cento film italiani di sempre… quelli da salvare nella “cineteca storica”.

© Alessandro Piterà

Pasolini-Autoritratto-1965

Lo sguardo di Pier Paolo
di Giulia Moja, 15 settembre 2013

Sguardo che vede oltre,
che cerca.

Sguardo che scava,
ritaglia i contorni
di oggetti e sentimenti
che liberandosi nell’aria,
riacquistano dignità antica.

Sguardo inopportuno, scomodo,
d’intellettuale libero da falsi pregiudizi.

Sguardo che sorvola la vita, gli uomini
e abbraccia il mondo,
vedendo oltre i confini del presente,
i margini del futuro.

Sguardo scavato, sofferente,
di animale ferito,
corroso da una solitudine
vissuta con troppa intensità.

Sguardo che vive nell’eternità,
continuando a comunicare.

© Giulia Moja

Ancora una volta per parlare di lui, lascio parlare lui
Guido Mazzon, 15 settembre 2013

“Dio mio, ma allora cos’ha
lei all’attivo?…”
“Io? – [un balbettio, nefando
non ho preso l’optalidon, mi trema la voce
di bambino malato] –
Io? Una disperata vitalità.”

( Pier Paolo Pasolini, Una disperata vitalità, IX, clausola)

Pasolini è stato…
Di Nino Guevara, 15 settembre 2013

Pasolini è stato un intellettuale scomodo, che ha rotto il recinto morale ideologico in cui il potere rinchiude ogni intellettuale vivente.
Il massacro di Pier Paolo è un delitto politico pianificato, una imboscata di gruppo, giocato, e perfino giustificato, sulla sua omosessualità, colpevolizzata dalla morale dominante e dalla ipocrisia cattolica.
Un grande letterato, filosofo, regista, poeta e comunista.
Grazie di tutto compagno Pier Paolo.

© Nino Guevara

A Pa’, ce manchi tanto
di Damiano Evans, 15 settembre 2013

Cosa si può scrivere su un uomo come Pier Paolo, un grande regista, poeta, scrittore e un grande maestro di vita?
Me lo domandi vivendo in una città come Roma e soprattutto in una zona come la Via Portuense che Pier Paolo frequentava spesso (questo me lo raccontava un mio zio che era un ragazzo di vita che lo conobbe personalmente) e anche in quel poco verde che è rimasto vicino la Magliana che ci passo tutti giorni per andare al lavoro in cui il maestro girò Uccellacci Uccellini capolavoro di poesia cinematografica che tocca le corde dell’anima.
La sua arte è come una pietra che non si distruggerà mai, le sue parole non saranno mai spazzate dal vento.
La cosa che mi rammarica è quella di non averlo mai conosciuto di persona ma mi rimarrà nel cuore la sua poesia.

A Pà ce manchi tanto
sto paese s’è distrutto
i grandi valori si sono trasformati in polvere
la mentalità
di oggi
è solo stupidità e mediocrità.

© Damiano Evans