Com’eravamo in Versilia ai tempi di PPP e dei poeti

Con un ironico e amarognolo amarcord  Aldolfo Lippi confronta la Versilia di oggi con quella di ieri, quando la costa toscana era rifugio e ritrovo di poeti, artisti, intellettuali ed editori, attirati da un paesaggio ancora intatto e profumato. Lippi ha ricordi di prima mano, anche perché fu immerso in quel clima e per un periodo del dopoguerra fu anche segretario del Premio Viareggio, fondato nel 1929 da Leonida Répaci.

La scomparsa dell’Eden
di Adolfo Lippi

http://iltirreno.gelocal.it – 15 agosto 2016

Oggi l’Eden della Versilia odora di fritto. Prima di tornare ad odori di tiglio o di oleandro bisogna risalire e assai le colline. Per il resto si divorano pastasciutte riscaldate e frittate sulle passeggiate a mare, sotto gli ombrelloni, nelle sparute pinete. È il trionfo delle cartacce per terra, delle cacche di cane, delle siringhe sui giardinetti. Eppure nemmeno cent’anni fa la riviera era un giardino incantato e nel giardino coi grilli cantavano musicisti, poeti, dipingevano artisti raffinati e gentili. Erano gli edenici e, da Thomas Mann a Pier Paolo Pasolini, centinaia di intellettuali camminavano, ispirandosi, le spiagge. D’Annunzio vi cavalcava sciamando decine di levrieri, Giacomo Puccini vi approdava dal Massaciuccoli in motoscafo per arpionare splendide muse viennesi, per non tornare indietro a Shelley che ebbe, per morte da annegato, un rogo di cremazione tra effluvi di incenso e rugiada di pino presso l’attuale belvedere di piazza Mazzini.
L’elenco sarebbe lunghissimo. Da Poveromo (Marina di Massa) alla foce del Serchio  passò un’intera generazione di artisti. Eric Maria Rilke frequentò il “De Russie” ora “Plaza”, Luigi Pirandello fece nido d’amore con Marta Abba al “Royal”, Eugenio Montale passò le estati a Forte dei Marmi, un’intera colonia di teatranti, dai fratelli De Filippo a Zacconi, da Petrolini alla Melato, affittarono case tra Viareggio e Lido di Camaiore. Totò, ancora povero, fu ospitato da un fratello massone in una “viareggina” verso piazza del mercato. Mino Maccari, l’arguto disegnatore del regime e dell’anti-regime, si costruì la villetta al Cinquale. Curzio Malaparte scorrazzò, esule d’oro, nel bagnasciuga della “Capannina”.
Si dovessero collocare targhe, l’intera striscia versiliese, dal mare alle Apuane, sarebbe un memorificio. Herry Moore, il più grande scultore del mondo, s’inerpicò sulla Tambura. D.H. Lawrence, quello che inventò il sesso esplicito tra nobildonne e boscaioli e ci donò una Lady Chatterley vitalissima e sugosa, si ispirò ai boschi del Cinquale. Oggi non saprebbe di che scrivere. Sono spargiti i boscaioli. La Lady si dovrebbe accontentare di un pizzaiolo da forno a legna.
Chi scoprì la Versilia come Eden? Umberto Sereni scrive che la prima opera d’arte dedicata a questa parte d’Italia fu di un pittore inglese, William Blake Richmond, che nel 1876 realizzò un quadro incantevole dal titolo Near Via Reggio where Shelley’s body was found. Il quadro è esposto alla Royal Academy di Londra, in Piccadilly. Vi si ammira una natura fantastica, saporita, da vero Eden. E così si accomodarono ebbri di sole i primi inglesi, i primi tedeschi, che in “gran tour” predilessero la Versilia, da Aldous Leonard Huxley (Foglie secche) al romanticissimo pittore svizzero Bocklin, il maestro dei cipressi, che chissà come avrebbe commentato la distruzione di questi alberi a Monteggiori.
Fu il “Quarto platano” al Caffè Roma del Forte a divenire dopo, nel Novecento, l’obbligato cenacolo della cultura nazionale. Era, il seggiolame sotto i platani, la versione estiva dell’Accademia. Vi confluivano Carlo Carrà, che aveva villa in “Roma Imperiale” e sfidava a bocce chiunque, Carlo Emilio Gadda (Quer pasticciaccio brutto di via Merulana) che abitava la pensione “villa Elena”, Alberto Moravia senza e con Dacia Maraini, il critico Roberto Longhi, come a dire il più illustre esperto d’arte rinascimentale e manieristica. Una volta che lo accompagnai in auto fino alla villa “Il cancelletto” e gli parlai di Lucio Fontana mi squadrò gelido e disse: «La prego, scenda di macchina!».
Eran fatti così i maestri, imponevano le loro scelte. Giuseppe Ungaretti, poeta sommo, quando tornò dall’America, dove aveva scoperto con entusiasmo la Pop-art, era in compagnia di un’avvenente ragazzina di 18 anni (poetessa in erba). Diceva: «Alla mia età che bellezza avere, anche senza farci niente, un corpo caldo nel letto». Dino Buzzati (Il deserto dei Tartari) veniva al Royal su una fiammante Roll-Royce. Si incapricciò, lui così inamidato e impassibile, d’una leggiadra treccia nera milanese e ne scrisse in Un amore. Con scandalo degli altri giurati del Viareggio che giuravano d’averla anch’essi frequentata.

Pasolini e Rèpaci all'Hotel Excelsior di Viareggio ( Archivio fotografico "l'Unità")
Pasolini e Leonida Rèpaci all’Hotel Excelsior di Viareggio ( Archivio fotografico “l’Unità”)

Al “Quarto platano” (benissimo narrato da Massimo Bertozzi per Maschietto editore) vi era davvero il Parnaso, cioè l’arengo delle muse. Si andava da Montale all’industriale Olivetti, da Carmelo Bene a Trombadori, da Natalino Sapegno a Alfonso Gatto, da Renato e Mimise Guttuso a Cesare Garboli, da Scalfari a Guido e Mini Piovene e a Italo Calvino. Per le loro biografie c’è l’enciclopedia delle glorie. Pier Paolo Pasolini venne in Versilia per documentare in un film Comizi d’amore la vacanza italiana. E così scrive: «Dalla fila dei capanni – accuratamente verniciati sotto festoni di trionfali bandierine – fino al frangente, sono piantate le tende: con eleganza quasi giapponese i quattro pali reggono la tela color opaco e sotto si stendono in delizioso disordine sdraie, panchetti, coperte di colori degni di Matisse». Un bel giorno al Viareggio Pasolini, aizzando Moravia, si scontrò a cazzottoni con Leonida Rèpaci, patron del Premio. Fu la sua ultima attività di giurato. Ma che gazzarra! Ancora ci si picchiava per un libro, adesso ci si ammazza per un parcheggio.
Pasolini giocò anche una straordinaria partita di calcio allo Stadio dei Pini tra noi giornalisti e gli attori cantanti, tra i quali Gassman e Gianni Morandi. Ciò la dice lunga. Gli intellettuali non si nascondevano. Una notte alla Capannina del Marco Polo (dov’erano state premiate Le lettere dal carcere di Gramsci) Tonino Risoli organizzò una Miss Versilia. In giuria si accomodarono Giuseppe Ungaretti e Gianni Granzotto, Rèpaci e Domenico Rea; vinse una francesina che ballava al “Gancino” di Stiava.
Ma bella è poi la storia di questo Eden, nel conflitto tra Poveromo, località ai Ronchi, e la più mondana Forte dei Marmi. Al Poveromo vivevano Alberto Savinio (fratello di De Chirico) e il “vate” Piero Calamandrei (uno dei padri delle Repubblica). Perché al Poveromo c’erano ancora, almeno fino al dopo-guerra, dune pallidissime di sabbia fine e non vi era “caciara” balneare. Il Forte, grazie agli Agnelli e alla “Capannina”, era invece sosta di chi non disdegnava la mondanità e la ristorazione dagli “Ungheresi” (che servivano goulash). Tra costoro vi erano i maestri dell’arte italiana, da Carena a Soffici, da Francesco Messina a Migneco, da Carmassi a Gianni Dova, da Dazzi a Vacchi. Sulla sera molti si riunivano a casa del critico Russoli o del poeta Raffaele Carrieri (con Fausto M. Liberatore e Lorenzo D’Andrea), su verso Casoli di Camaiore. E alle “Silerchie”, sempre di Camaiore, regnava in villa Alberto Mondadori, editore. Con a corte Guttuso e Piovene, Rèpaci e De Benedetti (che in questa villa morì).

La celebre  "Capannina" di Franceschi  a Forte dei Marmi
La celebre “Capannina” di Franceschi a Forte dei Marmi

Di oggi che dire? Un po’ di cenacolo lo fanno ancora, tra Pietrasanta e Camaiore, scultori come Finotti e Park e Ciulla. Pittori come Theimer e Tongiani e Lino Mannocci. Ma ciò che sta sotto a loro, la riviera, ormai è solo un gigantesco luna-park dove molti si industriano a spremere e spremere e nulla rimane più agli odori, ai sapori, ai “nostri volti silvani”. Ermione non si bagna più alle piogge nel pineto. Divora spaghetti allo scoglio pre-cotti e subito ritorna a casa, facendosi tre ore di ingorgo sulla “Firenze-Mare” (che fece costruire il gerarca Pavolini per raggiungere celermente l’amata Doris Durante, regina del cinema fascista).