Chiara Beria ricorda l’incontro mancato con PPP nel novembre 1975

Il ricordo di Chiara Beria di Argentine, giornalista e scrittrice, su un incontro mancato con Pasolini che la morte del poeta impedì di realizzare. Sullo sfondo la Roma violenta degli anni Settanta e l’Italia insanguinata degli opposti estremismi. 

Pasolini e quelle morti da non dimenticare
di Chiara Beria di Argentine

www.lastampa.it – 15 novembre 2015

Roma, Italia 40 anni fa. Era stato Gianni Borgna, il più colto, mite e non carrierista tra i capetti della Federazione giovanile comunista romana, a metterci cuore e anima per organizzare il dibattito al Pincio con Pier Paolo Pasolini, scandaloso ed eretico intellettuale per la trionfante rossa chiesa-partito (nel 1975 alle amministrative il Pci di Berlinguer conquista il maggior successo dai tempi della Liberazione, a Roma il 35% dei voti contro il 28,2% della Dc di Andreotti).
«Si applaudono soltanto i luoghi comuni, mentre sarebbe il caso di coltivare l’atrocità del dubbio», fu il monito di Pasolini alla folla attenta di ragazze e ragazzi. Era fine primavera, una notte indimenticabile di confronto e speranza in quell’anno drammatico. Ha senso parlare dell’assassinio di Pasolini, rispolverare per l’ennesima volta teorie, incubi, irrisolti interrogativi e persino polemizzare sulla sua qualità di regista senza ricordare, anzi, rimuovendo l’aria mefitica che impregnava quei giorni?
Siamo seri. Quella non era la mielosa Roma genere L’ultimo bacio (film di Gabriele Muccino del 2001, ndr.) Ed è ingiusto, anche verso lo stesso Pasolini, rivedere lo strazio solo del suo cadavere. «Beati voi che siete contenti quando potete mettere su un delitto la sua bella etichetta», disse Pasolini il pomeriggio di sabato 1 novembre a Furio Colombo che l’intervistava per “Tuttolibri” della “Stampa”. Coltivare la memoria. Il giorno prima, venerdì 31 ottobre, Pasolini mi aveva risposto subito al telefono della sua casa all’Eur. Notazione: a parte la batteria del Viminale,  all’epoca solo 12 italiani superpotenti&supericchi possedevano gli antenati dei cellulari, quei pesanti telefoni da auto, dunque non Pasolini. Nel 1975 ero una giovane cronista del settimanale “Panorama”, trasferita per ragioni sentimentali da Milano alla sede romana della Mondadori, una palazzina liberty in via Sicilia; Borgna la sera del dibattito mi aveva presentato con altre cento persone allo scrittore; lui a “Panorama” parlava di solito con Emilia Granzotto, tra le pioniere del giornalismo la più dimenticata.

Milano 14 maggio 1977. Foto di Paolo Pedrizzetti
Milano 14 maggio 1977. Foto di Paolo Pedrizzetti

Insomma, se Pasolini quella mattina accettò d’incontrami fu per quello che era successo il pomeriggio del 29 ottobre in via Gattamelata, quartiere Prenestino. Mario Zicchieri, 16 anni, soprannominato il Cremino (forse per via del suo gelato preferito), stava sorvegliando con altri ragazzi del Fronte della Gioventù l’ingresso della sede del Movimento Sociale. I killer (si disse che erano delle Br, rimarranno sconosciuti) gli spararono con un fucile a canne mozze. Cremino fu colpito a morte. Orrenda scia di sangue sull’asfalto in quell’anno già di piombo e di gioventù che massacra e va al massacro.
Rewind. Il 28 febbraio a Roma viene ucciso lo studente greco Mikis Matakis, 23 anni, militante del Fuan; a Milano il 16 e 17 aprile durante scontri di piazza tra estremisti di sinistra e neofascisti muoiono i «compagni» Claudio Varalli, 17 anni, e Giannino Zibecchi; il 29 aprile dopo una tremenda agonia spira Sergio Ramelli, 19 anni, simpatizzante di destra, massacrato a colpi di chiave inglese, i colpevoli sono del servizio d’ordine di Avanguardia operaia. Mentre a Casale Monferrato un commando di terroristi assalta il carcere e libera Renato Curcio, il capo delle Brigate Rosse a Roma, le Br di Giovanni Senzani sequestrano il giudice Di Gennaro: siamo alla vigilia dei giorni più neri della Repubblica.
Mutazione genetica, luoghi comuni, atrocità. A fine settembre 1975 la strage del Circeo piomba nelle nostre vite di giovani donne. Lo scempio di Rosaria Lopez, lo strazio di Donatella Colasanti: in quel baule insanguinato iniziarono a svanire i sogni di noi ragazze anni ‘70 con le gonne a fiori e la borsa della Tolfa.
Voleva parlare di Cremino, di Rosaria e di questi giovani, Pasolini; mi diede appuntamento in via Eufrate, la mattina di martedì  4 novembre. Resterà solo un appunto: sarà il tempo del suo funerale. Dopo Moravia fu Gianni Borgna, futuro assessore alla Cultura con i sindaci Rutelli e Veltroni, a tenere l’orazione. Donatella è morta nel 2005, l’anno scorso è scomparso Borgna, del Pd romano meglio non parlare. Ma certe morti non si devono dimenticare.

[info_box title=”Chiara Beria di Argentine” image=”” animate=””]nata nel maggio 1950, figlia di Adolfo, già presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati e Procuratore Generale di Milano, e di Cecilia Vallardi (famiglia per 7 generazioni di editori a Milano), nel 1973 viene assunta al news magazine “Panorama”, direttore Lamberto Sechi, editore Arnoldo Mondadori. Prima a Milano poi alla redazione di Roma lavora soprattutto per la sezione “Affari italiani” (politica, cronaca) e “Vita moderna” (società e costume). Negli anni del terrorismo segue tra gli altri il rapimento Moro, occupandosi in particolare del ruolo delle donne nella lotta armata. Nel 1979 è promossa inviato.
Chiamata da Arrigo Levi, dal 1984 è inviato speciale a “Tivù-Tivù”, settimanale d’informazione giornalistica di Canale 5. Per la rete ha firmato inchieste e alcuni “Speciali”, in particolare quello sulla nascita del movimento di Comunione e Liberazione con la testimonianza del fondatore, don Luigi Giussani, e sull’inchiesta «Pizza connection» con una delle rare interviste televisive del giudice Giovanni Falcone. In quel periodo firma anche la rubrica di costume Su e giù per “Capital”, editore Rcs, direttore P. Panerai.
Nel 1987, passa alla redazione di Milano del settimanale “L’Espresso” (direttore Giovanni Valentini) prima come inviato, poi come capo della redazione e infine – direttore Claudio Rinaldi – viene nominata vicedirettore. Con questo incarico segue dal 1992 le inchieste sulla corruzione, sulla strage di Capaci e porta in Italia l’intervista rilasciata, pochi giorni prima della morte di Falcone, a una tv francese dal giudice Paolo Borsellino. Per “Panorama” come per “L’Espresso”, intervista molti dei leader politici di quegli anni, da Giorgio Amendola a Margaret Thatcher. Nel maggio 1996 la casa della sua famiglia in Toscana viene distrutta dal fuoco; le indagini non hanno finora scoperto i colpevoli.
Nel settembre 1996 viene nominata dall’allora direttore, Carlo Rossella, capo della redazione di Milano del quotidiano “La Stampa”. Nell’ottobre 1998, Marcello Sorgi le affida la direzione del magazine del quotidiano, “Lo Specchio”. Tra le serie più note quella sui “Palazzi del potere”, a cominciare dal Quirinale, aperto ai lettori di “Specchio” con una introduzione del presidente Carlo Azeglio Ciampi e la cover story, in esclusiva, sulla scoperta del Satiro danzante di Mazara del Vallo.
Nella primavera 2003, Chiara Beria lascia – per sua richiesta- la guida del magazine per tornare alla scrittura. Vicedirettore ad personam della “Stampa”, ha mansioni di editorialista e inviato speciale. Per la direzione Sorgi cura la rubrica Io e loro sulla “Stampa”, che poi lascia dal settembre 2009.
A ottobre- direzione Mario Calabresi- inizia a firmare la rubrica «Di Profilo», che viene pubblicata ogni sabato sul quotidiano. A fine marzo 2011 per l’editore Arnoldo Mondadori pubblica Di Profilo, storie di italiani lontano dai riflettori, che raccoglie i ritratti di 61 personaggi usciti sulla “Stampa” tra ottobre 2009 e dicembre 2010. Inoltre, collabora al mensile “Prima Comunicazione”, firma in particolare l’intervista cover-story con Jacaranda Caracciolo Falck e, nel maggio 2010, cura un progetto di comunicazione- per la multinazionale statunitense Aon spa.
Per Rai Tre, ha firmato un’inchiesta in 3 puntate sulla Milano anni Ottanta; ha curato diverse trasmissioni per la radio. Per le pagine di cronaca di Milano di «Repubblica» ha curato anche una rubrica dedicata ai Dolci. Nel 1983, in piena emergenza droga, Vincenzo Muccioli, fondatore della Comunità di San Patrignano, chiede a Chiara Beria e a Gianni Farneti di far nascere un foglio che aiuti a diffondere notizie corrette su come uscire da quella dipendenza. Nasce così il “Giornale di San Patrignano”, che Beria firma ancora come direttore editoriale. Un’esperienza raccontata nel libro Gente Permale, editore Mondadori, cofirmato tra gli altri da Dominique Lapierre e Gian Antonio Stella.
Chiara Beria è stata nominata, nel 2001, Cavaliere della Repubblica dal presidente Carlo Azeglio Ciampi. Ha vinto, tra gli altri, il Premiolino nel 1979 (del quale è, dall’edizione 2014, Presidente della Giuria), il premio Carlo Casalegno (2000), il premio Arrigo Benedetti (2001), i premi Asti e Positano (2002), il premio Saint Vincent (2003).[/info_box]